Attualità

I diversi orizzonti economici di Stati Uniti ed Unione Europea

Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

L’inevitabile diverso destino economico e di sviluppo di Stati Uniti ed Unione Europea raggiunge una ulteriore conferma con i primi effetti della politica espressa dalla nuova amministrazione statunitense. Va infatti ricordato come ogni strategia economica governativa dovrebbe individuare come obiettivo quello di assicurare le migliori condizioni per lo sviluppo delle imprese, soprattutto nel settore industriale. Solo in questo modo si potrà accrescere l’occupazione di livello e ben retribuita e così offrire uno scenario futuro di crescita ai lavoratori e al proprio paese, solo così in definitiva si assicurano gli strumenti di progettualità alle famiglie e alle imprese.

Una politica industriale, ancora oggi sconosciuta a tutti i governi che si sono succeduti alla guida del Paese negli ultimi trent’anni, compreso quello in carica, rappresenta la sintesi di una complessa strategia energetica attraverso la quale si dovrebbero assicurare costi ragionevoli nell’approvvigionamento energetico non solo alle famiglie ma anche alle imprese come fattore di competitività.

Mai come ora, invece, sia a livello nazionale che europeo le istituzioni governative si sono rivelate sorde ad ogni richiesta da parte delle stesse organizzazioni di categoria.

Tuttavia, da gennaio, il torpore politico ed istituzionale esercitato come forma di mantenimento di un potere assolutamente conservativo da parte del governo nazionale quanto della Commissione Europea trovano un nuovo riferimento istituzionale che li ridicolizza mettendo in dubbio la loro stessa natura democratica in materia di libertà di informazione.

Mentre l’Europa si interroga sui toni espressi dalla nuova amministrazione statunitense, Stellantis proprio grazie alla nuova politica industriale del presidente Trump, ha riportato dal Canada negli Stati Uniti la produzione di un Suv, per il quale è prevista l’assunzione è di circa 1500 nuovi lavoratori.

Viceversa in Italia il gruppo Radici ha legittimamente ceduto i propri asset chimici per un miliardo ad un fondo americano ed ha mantenuto la proprietà del solo dipartimento tessile.

Tornando, invece, al di là dell’Oceano Atlantico, Apple ha reso noto di voler investire più di 500 Mld di dollari negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni con la conseguente assicurazione di circa 20mila nuove assunzioni in una nuova fabbrica in Texas, un’accademia di produzione in Michigan e investimenti accelerati in AI e in ingegneria del silicio.

Come inevitabile conseguenza di queste diverse strategie aziendali, le quali sono fortemente influenzate dalle diverse politiche economiche messe in campo dalle istituzioni governative, gli orizzonti che si intravedono per gli Stati Uniti e l’Europa risultano assolutamente sfavorevoli a quest’ultima sia in termini economici ma soprattutto occupazionali. Ancora oggi, infatti, l’Unione Europea non perde l’occasione per riconfermare il delirio ideologico legato al Green Deal, la vera causa della crisi europea, perseverando su di una impossibile decarbonizzazione della economia continentale.

La grande differenza tra la politica economica statunitense e quella europea si può individuare nel fatto che la prima abbia scelto come principale obiettivo lo sviluppo dell’occupazione individuandolo come principale fattore di crescita del paese e, di conseguenza, le politiche tendono favorirlo, a cominciare da una seria politica energetica.

Viceversa in Europa si predilige l’applicazione di un quadro ideologico all’economia reale, dimostrando come la realizzazione di visioni etico politiche ricevano una maggiore considerazione della crescita degli occupati.

Il fattore occupazionale viene così considerato addirittura un elemento dispersivo e nemico rispetto al conseguimento di un traguardo ideologico e puramente infantile come transizione ecologica ed energetica.

Mai come ora il destino economico europeo rispetto a quello statunitense risulta diverso e diretta conseguenza di una sostanziale inadeguatezza complessiva della UE come dei governi nazionali europei.

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