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Il coronavirus innova le modalità di consumo e l’e-commerce fa il botto

L’e-commerce è esploso durante il lockdown ma il settore dei corrieri è in affanno e si prepara a un anno difficile. Per alcune aziende, specialmente le più piccole, specializzate nel B2B (business to business), ovvero nelle consegne a imprese e negozi, la perdita di fatturato è arrivata al 70% solo nel primo mese di lockdown, secondo le stime di Confetra, la confederazione dei trasporti e della logistica. La consegna a domicilio al consumatore finale, l’e-commerce B2C (business to consumer), il vero ‘vincitore’ nella pandemia, ha corretto in minima parte un mercato che le associazioni di categoria come la Fedit definiscono “in grande crisi” e che in Italia vale circa 6,6 miliardi con poco più di 700 imprese attive, secondo i dati dell’ultimo censimento (2017) dell’Osservatorio Contract logistics del Politecnico di Milano.

Il balzo dell’e-commerce è stato importante – e inevitabile – nei due mesi di picco dell’emergenza sanitaria. L’Istat ne ha rilevato una crescita del 20,7% nel mese di marzo; nel trimestre, Poste ha consegnato il 15% in più di pacchi e secondo Nielsen, per la Gdo e i prodotti di largo consumo il trend è stato +144% da inizio emergenza.

L’eCommerce Netcomm Forum parla di due milioni di nuovi consumatori online in Italia da inizio anno. I volumi, spiega all’Adnkronos Ivano Russo, dg di Confetra, sono stati “prenatalizi”, ma il grosso di questo business è in mano alle multinazionali che consegnano a domicilio, come Tnt, Ups o Dhl. I piccoli corrieri italiani, che lavorano per lo più per il commercio al dettaglio, sono rimasti a secco.

Il boom degli acquisti online, in realtà, ha fatto fare grandi affari a poche realtà iper-specializzate. “Oggi aziende che facciano esclusivamente B2B o B2C non esistono, almeno per quanto riguarda le grandi. Fanno entrambe le cose. E il comparto dei corrieri ha perso valore, mediamente in entrambi i casi”, spiega Enzo Solaro, segretario generale di Fedit. “C’è stato un aumento dei pacchi da consegnare, certo, ma questo non sempre ha corrisposto a un andamento positivo del conto economico”. Le consegne business, argomenta, “sono un mercato pregiato, più profittevole, perché la merce ha un volume e un peso diverso, e da questo dipende la tariffa di spedizione”.

Il problema del distanziamento, poi, ha comportato che l’organizzazione del lavoro diventasse “più complessa e decisamente meno performante, con meno persone nei magazzini”. Le caratteristiche dell’e-commerce di consumo, “piccoli pacchi da consegnare in luoghi diversi con valore aggiunto molto basso, non sempre fanno corrispondere a molto lavoro una marginalità elevata, anzi è stato esattamente il contrario”. Senza contare che in molte regioni i prodotti ritenuti non essenziali sono rimasti in magazzino. Per la filiera, quindi, “sono stati due mesi complicati da gestire perché alla quantità di lavoro cresciuta ha fatto da contraltare un fatturato non corrispondente in modo proporzionale”. I corrieri che lavorano prevalentemente con le aziende “hanno perso parecchio, chi consegna principalmente ai privati forse è riuscito a galleggiare”. L’aspetto più positivo della faccenda è che con la Fase 2 e poche riaperture graduali, l’e-commerce potrebbe fare nel 2020 i passi avanti attesi da almeno un decennio. La sua quota di mercato rispetto al volume delle vendite totali in Italia è ancora molto bassa. Secondo l’ultimo report dell’Eurostat sull’argomento, nel 2019 si attesta al 12%, in aumento rispetto agli anni passati ma ancora tra le più basse dell’Unione europea. Peggio di noi fanno solo Bulgaria, Cipro, Grecia e Romania.

“Per capire la quota di mercato aumenterà significativamente – sottolinea Solaro – bisognerà aspettare maggio e giugno, con la riapertura dei negozi, vedere quanto si tornerà nei luoghi fisici o meno. Se dovessi fare una previsione sull’anno, penso che nel 2020 quel 12% sarà superato”. Lo scorso anno, c’erano già stati dei passi avanti: gli acquisti di prodotti, secondo i dati del Politecnico, erano aumentati del 21% nell’eCommerce di consumo rispetto al 2018, l’acquisto di servizi, invece, era cresciuto del 9%.

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