
Il grano canadese porta gli agricoltori italiani a ridurre i prezzi
L’arrivo di grano canadese è aumentato del 68% e di conseguenza i prezzi praticati dagli agricoltori italiani sono calati, anche se un’annata in diminuzione del 20% del raccolto, mentre diminuiscono le scorte nella Ue. A segnalarlo è la Coldiretti sulla base di un’analisi su dati Dg Agri relativi alla campagna commerciale 2024/2025 (da luglio a dicembre 2024).
Dal Paese dell’acero sono arrivate 392mila tonnellate di grano duro, con un incremento del 68% rispetto allo stesso periodo della campagna 2023/2024 e stime di un ulteriore incremento ad inizio anno. La Coldiretti denuncia che quel grano viene trattato in pre raccolta con il glifosato, cioè con una modalità vietata nel nostro Paese (Coldiretti sottolinea poi di essere favorevole agli scambi commerciali ma chiede un’armonizzazione delle regole basate sul principio di reciprocità e di trasparenza).
Secondo un rapporto della Commissione per lo Sviluppo del Grano del Saskatchewan la guerra commerciale tra Usa e Canada potrebbe inoltre far calare gli acquisti di cereali canadesi negli States spingendo di fatto a indirizzarli verso altri mercati se non andranno ad incrementare le scorte. Il boom di arrivi conferma un trend – rileva Coldiretti – che negli ultimi anni ha visto una serie di Paesi, dal Canada alla Turchia, fino alla Russia, alternarsi di fatto nell’inondare il mercato italiano di prodotto, spesso in coincidenza con il periodo di raccolta, con il risultato di far crollare le quotazioni del grano nazionale che nella prima settimana di marzo hanno visto un calo del 12% dei prezzi pagati agli agricoltori, con 327,50 euro a tonnellate contro i 372,50 dello scorso anno, secondo un’analisi Coldiretti su dati della borsa merci di Bologna.
La concorrenza di prodotto straniero sta avendo un effetto negativo anche sulle semine. Secondo le prime stime il quadro tendenziale è quello di un calo significativo delle superfici a grano duro in media del 6-7% con punte del 10% fra la Puglia e la Sicilia dove di fatto di concentra la produzione nazionale.
Le aziende agricole italiane devono anche fronteggiare l’aumento dei costi di produzione legato alla difficile situazione internazionale e quelli dei cambiamenti climatici, con la siccità che lo scorso anno ha tagliato la produzione nazionale di un quinto. Non è un caso che a livello globale le stime per l’annata agraria 2024-25 prevedono una riduzione dal 6% al 4% per le scorte complessive di grano nell’Unione Europea, mentre la quota delle scorte per gli Stati Uniti e la Cina è prevista in aumento, rispettivamente all’8% e al 53%.
La minor disponibilità di prodotto non ha però effetto sui prezzi pagati agli agricoltori, proprio a causa delle importazioni di cereali coltivati anche usando prodotti da anni vietati in Europa. Nella coltivazione del grano turco vengono usate, ad esempio, sostanze da anni vietate in Europa, dal Carbendazim, un fungicida sospettato di avere effetti cancerogeni, al Malathion un altro fungicida tossico per le api, dal Cyflutrin, insetticida anch’esso cancerogeno, al Glifosato, l’essiccante vietato in Italia in pre raccolta e usato anche sul grano canadese e su quello russo, che viene prodotto utilizzando un’altra sostanza non permessa nella Ue, l’erbicida Fenoxaprop P ethyl.
Il grano ucraino viene, invece prodotto usando il Chlorothalonil, un fungicida sospetto cancerogeno. Per questo Coldiretti si è mobilitata nei porti per verificare gli arrivi di grano straniero per chiedere più controlli alle frontiere sulla qualità e sulla salubrità delle merci importate e il rispetto del principio di reciprocità, così da garantire che tutti i prodotti agroalimentari che entrano nel nostro Paese rispettino gli stessi standard a livello ambientale, di sicurezza e di rispetto dei diritti dei lavoratori, che sono garantiti dagli agricoltori italiani.