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Italia: nuove emergenze e vecchie strategie

Il nostro Paese all’interno della seconda ondata della pandemia da covid-19 si è trovato sostanzialmente impreparato in considerazione degli “investimenti strategici” (leggi  banchi a rotelle e monopattini elettrici) i quali ovviamente non hanno alcun effetto nel contenimento della pandemia.

In questo momento di profonda incertezza, al quale si aggiunge la possibilità che si verifichi una terza ondata nel mese di febbraio/marzo, stupiscono e sorprendono le anticipazioni della prossima manovra finanziaria per il 2021. Va considerato, infatti, come alla fine di questo periodo emergenziale le negative ripercussioni per il tessuto economico nazionale ed internazionale si manterranno per un medio – lungo termine. Questo per ricordare come le manovre finanziarie, tanto per l’Unione  Europea quanto nel nostro Paese, dovranno avere un respiro molto più ampio in senso temporale rispetto alla fine della pandemia sanitaria. In questo senso quindi la politica economica del governo dovrà, o meglio dovrebbe, da una parte dimostrare di sostenere la ripresa dell’economia italiana dall’altra incentivare investimenti dall’estero.

In questo contesto doppiamente emergenziale sotto il profilo sanitario ed economico l’ultima trovata del governo Conte 2, in piena pandemia, è sostanzialmente rappresentata dalla sciagurata reintroduzione della Sugar e della Plastic tax (https://www.ilpattosociale.it/attualita/lepidemia-economica-sugar-free/).

Innanzitutto credere di modificare i comportamenti  di consumo  delle persone attraverso la legislazione fiscale rappresenta l’aberrazione dello Stato etico i cui effetti contro  la lotta al fumo risultano  assolutamente risibili.  Inoltre la Sugar tax sostanzialmente colpisce le bibite gassate ed ovviamente i redditi più bassi essendo piatta (flat): un effetto evidentemente sconosciuto a chi si erge a favore delle fasce più deboli della popolazione. La Plastic Tax, invece, riuscirà a mettere in forte difficoltà il settore leader della plastica italiano il quale, durante la pandemia, ha fornito sistemi sanitari monouso fondamentali per il contenimento della pandemia stessa.

Il settore della plastica italiana detiene in Europa una posizione leader assoluta la cui competitività verrà minata da un’ulteriore imposizione fiscale specifica oltre a quella ordinaria già di per sé insostenibile.

La risultante di questa strategia delinea in modo ancora una volta cristallino come la classe politica e governativa sia convinta di attivare la ripresa economica attraverso un ulteriore incremento della pressione fiscale generale e specifica. Una scelta ideologica espressione dell’incapacità di comprendere i flussi economici e gli effetti di queste scelte strategiche soprattutto in  prospettiva della attrattività del nostro Paese per eventuali investimenti esteri. Il solo aver annunciato queste due nuove forme di tassazione ha escluso il nostro Paese da qualsiasi manifestazione di interesse per investimenti futuri relativi a questi due settori.

Una scelta politica e strategica che di fatto uccide la speranza residuale di diventare finalmente un paese che attrae investimenti. Il nostro Paese, quindi, rappresenta un unicum all’interno dell’Unione Europea ma probabilmente anche nel mondo.

Paradossale, poi , se si considera come tutte le nazioni egualmente colpite da questa pandemia intendano attraverso la fiscalità di vantaggio reimportare le produzioni una volta delocalizzate (reshoring produttivo).

Viceversa l’Italia, anche attraverso il solo annuncio di questa nuova tassazione alla fine dello scorso anno,  ha già determinato la delocalizzazione in Albania dello stabilimento Coca-Cola di Catania con la perdita di 350 posti di lavoro. In questo modo, in piena pandemia, le possibilità di sviluppo e ripresa economica vengono minate ancora una volta dalla solita politica fiscale la quale determina una sempre maggiore pressione fiscale.

La miopia di questa classe politica impedisce persino di copiare modelli virtuosi come la Germania la quale,  fin dal primo lockdown, ha  abbassato l’IVA riducendo anche i prezzi dei carburanti, mentre la Francia, con le risorse da Recovery Fund, diminuirà la tassazione per gli edifici  strumentali (la nostra IMU) di circa 20 miliardi.

Caso unico al mondo invece l’Italia, per uscire da questa terribile pandemia e dalla devastante crisi economica, intende aumentare la pressione fiscale ed in questo modo favorire la delocalizzazione produttiva.

A questo punto non c’entra neanche più l’impostazione ideologica nel determinare le scelte di politica economica e fiscale in quanto basterebbe copiare chi da sempre presenta un quadro economico e finanziario nazionale  sicuramente  migliore del nostro: ma anche per copiare è necessaria un’intelligenza media unita alla capacità di riconoscere modelli superiori.

La perseveranza in un ulteriore aumento della pressione fiscale è la semplice ed evidente manifestazione di una congenita e pericolosissima stupidità e di un massimalismo ideologici uniti alla elementare incapacità di comprendere l’eccezionalità degli effetti di questo periodo nel medio-lungo termine.

In ultima ed amara analisi l’Italia è l’unico paese al mondo che intende uscire dalla crisi pandemica attraverso un aumento della pressione fiscale. Una forma di miopia che il nostro Paese non si può più permettere.

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