Attualità

L’appropriazione indebita del termine “liberali”

Se sicuramente un mercato liberalizzato, quindi sottoposto al principio della concorrenza, è in grado di offrire un bene o un servizio ad un prezzo inferiore o con un contenuto qualitativo superiore a tutto vantaggio della clientela dei consumatori, allora, per sua stessa definizione, un mercato liberalizzato deve assicurare le medesime condizioni normative, economiche e fiscali a tutti i soggetti imprenditoriali impegnati.

Solo così si può concentrare sul singolo prodotto o servizio la massima espressione del migliore know how professionale ed industriale incalzato dal principio di concorrenza.

Durante questo terribile periodo di pandemia, ed ora di guerra, si è finalmente compreso quanto le delocalizzazioni produttive abbiano rappresentato la semplice adozione del parametro speculativo di genesi finanziaria, applicato al sistema industriale e finalizzato alla ricerca del minore costo del lavoro possibile all’interno del perimetro del mercato globale.

Da anni le nuove compagini che si definiscono “liberali” individuano nelle semplici liberalizzazioni dei servizi, quindi anche dei taxi e delle concessioni balneari, il mantra assoluto finalizzato alla crescita del  nostro Paese all’interno per un mercato globale che assicuri competizione e  competitività.

Sfugge, però, come Uber altro non sia che una app quotata al mercato azionario olandese con un capitale di 70.000 euro e in più si avvantaggi di un regime fiscale favorevole (olandese) rispetto a quello italiano.

In altre parole, il principio della delocalizzazione produttiva, che ha disintegrato il sistema industriale italiano, viene applicato ora al contrario nella erogazione di servizi all’interno del nostro Paese attraverso l’importazione di sistemi informativi e digitali che abbassano per uno solo dei concorrenti la  concentrazione di capitale per l’erogazione del medesimo servizio.

In modo surrettizio, all’interno di questa visione distorta che si definisce “liberale”, si pongono in concorrenza un sistema di servizi complesso come quello dei taxi italiani, il quale sicuramente  necessita di un adeguamento digitale ed un miglioramento complessivo del servizio, con una applicazione la quale si avvantaggia anche di un sistema fiscale assolutamente vantaggioso.

Un sistema concorrenziale relativo ad un servizio oppure ad un prodotto dovrebbe svolgersi all’interno di condizioni economiche, fiscali e normative simili, ed invece si riduce al vantaggio di sistema legato a regimi fiscali che distorcono le stesse regole del mercato esattamente come le delocalizzazioni produttive.

Questa impostazione politica che si definisce “liberale” si dimostra incompetente nella stessa analisi economica. Inoltre, sempre facendo riferimento a questa corrente politica, non viene dedicata una parola a favore della tutela della produzione italiana e degli stessi servizi italiani (05.03.2020 https://www.ilpattosociale.it/attualita/made-in-italy-valore-economico-etico-e-politico/) sui quali grava un sistema fiscale iniquo ed invasivo .

In altre parole, non viene definita una strategia per la crescita del Pil ma semplicemente per l’abbassamento del costo dei servizi classica  all’interno di una visione economica pre-rivoluzione industriale ed espressione di un neo latifondismo digitale.

Mai come ora, anche coloro che si considerano i portatori illuminati del pensiero liberale e di novità intellettuali e strategiche, si dimostrano, invece. semplicemente come una banale espressione del  solito approccio parziale, il cui pensiero caratterizzante si dimostra finalizzato semplicemente all’abbassamento della soglia economica di accesso ad un  servizio.

Contemporaneamente questo nuovo pensiero liberale si dimostra ancora una volta incapace di elaborare una strategia  per uno sviluppo economico, soprattutto industriale, del nostro Paese.

L’unica crescita, va ricordato per l’ennesima volta, che possa assicurare un aumento dell’occupazione e del benessere diffuso.

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