Attualità

Le contraddizioni per l’interesse di Stato

La promessa, e ormai la quasi certezza, dopo l’approvazione parlamentare del PNRR, di una disponibilità finanziaria garantita dal Recovery Fund ha dato vita ad una imbarazzante esplosione di voli pindarici applicati al mondo dell’economia dalla politica senza precedenti.

Uno degli aspetti più preoccupanti della gestione pandemica, da febbraio 2020 ad oggi, è evidentemente l’incapacità di comprendere le conseguenze di questo shock sanitario e delle devastanti conseguenze economiche e occupazionali.

In questo contesto di confusione la scelta del termine ‘Resilienza’ dovrebbe indicare la volontà di riportare il nostro Paese alle condizioni precedenti la pandemia da covid-19, in quanto la resilienza è la capacità di un filato di tornare alla sua forma originale dopo essere stato sottoposto ad una pressione. Il concetto di ‘Rivoluzione’ utilizzato dagli esponenti dei partiti di maggioranza risulterebbe sicuramente distonico col titolo stesso del Piano finanziario e quindi con gli obiettivi indicati.

Al di là, tuttavia, delle contraddizioni scaturite persino nel titolo adottato, esponenti del governo e i maggiori leader dei partiti di questa ma anche delle precedenti maggioranze hanno abbracciato, vinti dall’euforia finanziaria (buona parte a debito per altro), questi temi a forte impatto mediatico senza comprenderne la loro trasposizione all’interno della realtà economica quotidiana. Tra questi sicuramente quelli più gettonati possono venire individuati nella digitalizzazione della pubblica amministrazione unita alla transizione ecologica la quale ha raggiunto addirittura i connotati di una dottrina “religiosa”.

In particolar modo, per quanto riguarda l’ultimo argomento, nessuno ha intenzione di negare l’importanza, all’interno di un sistema economico evoluto, di indicare in modo chiaro un valore economico in relazione ad un minore impatto ambientale da poter inserire nelle caselle degli stessi bilanci. Un valore, quindi, che deve essere documentabile perché altrimenti rimarrebbe semplicemente un’espressione di un contenuto etico difficilmente trasportabile all’interno dell’agone economico.

Contemporaneamente si avverte sempre più nitida la sensazione di come a questi postulati con connotati ancora troppo ideologici non corrispondano comportamenti adeguati e consoni, espressione della fedeltà a questi principi nella vita quotidiana e soprattutto nelle strategie economiche e nelle conseguenti politiche normative e fiscali.

La transizione ecologica, una volta individuato il valore economico da inserire in bilancio, dovrebbe rappresentare la direzione verso la quale muoversi attraverso delle politiche fiscali incentivanti, l’accorciamento delle filiere e la tutela del made in Italy (https://www.ilpattosociale.it/attualita/made-in-italy-valore-economico-etico-e-politico/ 5/3/2020).

Contemporaneamente una attenta politica fiscale innovativa con l’applicazione di una Border carbon tax fornirebbe l’opportunità di riproporre la concorrenza su basi normative e di impatto ambientale condivise (https://www.ilpattosociale.it/attualita/sostenibilita-e-competitivita/ 22.02.2021).

Inoltre, per la prima volta, l’imposizione di una tassa sui prodotti provenienti dalle economie con standard ambientali decisamente inferiori rispetto a quanto richiesto alle nostre produzioni avrebbe il merito di innescare una positiva rincorsa decisamente concorrenziale verso l’evoluzione dei sistemi produttivi a sempre minore impatto ambientale proprio per evitare questo tipo di tassazione.

Questi due semplici ma reali obiettivi rappresenterebbero la direzione verso la quale l’azione del governo in carica e il parlamento dovrebbero dirigere la propria attenzione, consapevoli dell’importanza di trovare un equilibrio sostenibile tra innovazione e ed economia reale.

In questo contesto come logica conseguenza sarebbe fortemente auspicabile un comportamento coerente di tutti i manager operanti all’interno delle società a partecipazione statale nominati dal governo attuale e da quelli precedenti.

All’interno delle aziende con lo Stato stesso come azionista l’azione di moral suasion del governo stesso dovrebbe trovare espressione nelle strategie economiche come primo atto di una presa di coscienza di una rinnovata attenzione all’impatto ambientale nella gestione aziendale. Non va dimenticato, infatti, come lo Stato, in quanto azionista di maggioranza, attraverso il proprio management, determini l’attività economica all’interno dei mercati concorrenziali. Dovrebbe risultare facilmente riscontrabile perciò la coerenza tra l’azione dei manager nominati dallo Stato e dal governo e i principi scelti ed adottati dal medesimo governo e quindi imposti a tutti gli altri attori del palcoscenico economico.

Poste Italiane S.p.A è controllata al 29,3% dal Mise e al 35% da cassa depositi e prestiti, il management di conseguenza risulta di nitida espressione governativa. Questa azienda ha assegnato ad una società francese la fornitura delle buste le quali verranno prodotte in Romania per rendere economicamente sostenibile la riduzione del 8% del prezzo indicato da Poste Italiane. In questo senso, quindi, il management, disattendendo quanto indicato dallo stesso governo, continua nel perseguire una strategia economica finalizzata solo a privilegiare il minor costo indipendentemente dal conseguente maggior impatto ambientale, espressione di una produzione delocalizzata lontana dal mercato di utilizzo che inevitabilmente comporta.

In più, disattendendo clamorosamente all’innovazione governativa di una attenzione alla transazione ecologica, contemporaneamente si penalizza il sistema industriale italiano, espressione già da anni di standard di minor impatto ambientale tra i migliori in Europa (https://www.ilpattosociale.it/2018/12/10/sostenibilita-efficienza-energetica-e-sistemi-industriali/ 10.12.2018).

Questa vergognosa strategia seguita da un’azienda partecipata dal Mise e da CdP dimostra, ancora una volta, come i principi di attenzione all’ambiente, che si trasformeranno probabilmente in nuovi vincoli per gli operatori economici, non saranno validi per le aziende che operano in nome del governo.

Questo doppiopesismo esclusivamente a favore delle società a partecipazione statale risulta ormai intollerabile ed insopportabile. Viene dimostrato, ancora una volta, come una disciplina normativa possa venire tranquillamente disattesa da chi opera in virtù di un mandato governativo a tutela di interessi statali “superiori”.

In questo senso sempre più ci si avvicina ad una economia socialista e contemporaneamente ci si allontana da una liberale e democratica.

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