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L’Europa stenta a colmare il gap rispetto agli Usa nei vettori spaziali

Il 30 marzo 2025, il primo lancio orbitale di un razzo privato europeo, lo Spectrum di Isar Aerospace, si è concluso con un fallimento spettacolare: pochi secondi dopo il decollo dalla base norvegese di Andoya, il vettore ha perso il controllo, si è ribaltato e si è schiantato in mare, generando una grande esplosione. Nessun carico era a bordo e la piattaforma di lancio è rimasta intatta, ma l’episodio ha rappresentato un duro colpo simbolico per le ambizioni spaziali europee, sottolineando quanto sia complesso e rischioso il percorso verso l’autonomia nei lanci orbitali. Questo incidente, avvenuto durante il primo tentativo di una startup europea di raggiungere l’orbita dal suolo continentale, è emblematico delle difficoltà che l’Europa affronta nel settore dei lanciatori.

Mentre SpaceX negli Stati Uniti continua a stabilire record di affidabilità e frequenza, l’Europa si trova costretta a confrontarsi con i limiti tecnologici, organizzativi e finanziari. L’Europa si trova oggi in una situazione di crescente dipendenza dai servizi di lancio spaziale di SpaceX, una condizione che solleva interrogativi cruciali sulla sovranità tecnologica e sulla necessità di sviluppare alternative continentali. Nel 2023, la disparità tra la capacità di lancio europea e quella statunitense è diventata evidente: mentre SpaceX ha stabilito nuovi record di lanci, l’Europa ha registrato un numero limitato di missioni orbitali di successo. Questa differenza si traduce in una capacità di SpaceX di effettuare in poche settimane tanti lanci quanti l’Europa riesce a realizzare in un anno intero.

L’Agenzia spaziale europea (Esa) si è vista costretta a ricorrere a SpaceX per missioni fondamentali, come il lancio dei satelliti Galileo, del telescopio spaziale Euclid e del satellite EarthCARE. Questa situazione ha alimentato un acceso dibattito tra gli addetti ai lavori, preoccupati per la perdita di autonomia e per i rischi strategici legati all’affidamento di servizi essenziali a un attore esterno all’Unione Europea. La dipendenza da SpaceX comporta infatti una delega di funzioni critiche a una società statunitense, con operazioni spesso condotte da suolo americano, rafforzando così la dipendenza dall’alleato transatlantico e mettendo a rischio l’autonomia del programma spaziale europeo, come dimostrato dalle recenti tensioni geopolitiche e dalle preoccupazioni sull’accesso a servizi come Starlink. Nonostante queste criticità, l’Europa sta lavorando per sviluppare alternative.

Il razzo Ariane 6 è finalmente operativo, ma la sua mancata riutilizzabilità lo rende meno competitivo rispetto a SpaceX dal punto di vista dei costi. Il Vega-C, dopo un periodo di inattività dovuto a un incidente nel 2022, è tornato operativo a dicembre 2024. Parallelamente, diverse startup europee stanno cercando di colmare il divario tecnologico: Orbex nel Regno Unito sta sviluppando il razzo Prime, presentato come il più ecologico al mondo; Skyrora, con sede a Edimburgo, è impegnata nello sviluppo del razzo Skyrora XL, ancora in fase di test; Rocket Factory Augsburg prevede i primi tentativi di lancio nel 2025. Tuttavia, il recente insuccesso del primo lancio orbitale dal suolo europeo ha evidenziato le difficoltà tecnologiche e organizzative che il continente deve ancora superare per raggiungere una vera autonomia.

A medio termine, l’Europa sta esplorando diverse strategie per rafforzare la propria posizione. Si discute della possibilità di una joint venture tra grandi gruppi come Airbus, Thales e Leonardo per creare un campione industriale in grado di competere con SpaceX. L’Esa ha lanciato l’European Launcher Challenge, che prevede l’assegnazione di contratti per lo sviluppo di nuovi vettori di lancio, e sta investendo nel progetto Themis per la realizzazione di tecnologie di riutilizzo dei razzi, elemento chiave per abbattere i costi. La startup franco-tedesca The Exploration Company, insieme a Thales Alenia Space, è stata selezionata per sviluppare servizi commerciali di trasporto merci verso la Stazione spaziale internazionale. L’Unione europea ha inoltre proposto la costellazione Iris2 per la connettività globale, alternativa a Starlink, anche se il budget del progetto è stato ridotto.

Nonostante le difficoltà, l’Europa può contare su alcuni vantaggi competitivi: la posizione geografica favorevole per i lanci verso orbite polari, la prossimità ai clienti europei e una solida competenza nel settore dei sistemi satellitari, dove il continente mantiene una posizione di leadership. SpaceX continua a detenere un vantaggio significativo in termini di capacità e costi di lancio, ma l’Europa sta compiendo passi avanti verso una maggiore autonomia. Nel breve periodo, la dipendenza da SpaceX rimarrà una realtà, ma i progressi di Ariane 6, Vega-C e delle startup europee rappresentano segnali incoraggianti.

Nel medio termine, iniziative come l’European Launcher Challenge, il progetto Themis e la possibile joint venture tra i grandi gruppi industriali potrebbero ridurre la dipendenza, anche se una vera alternativa riutilizzabile per lanci pesanti non sarà disponibile prima degli anni 2030. La sfida per l’Europa è complessa e multidimensionale: richiede innovazione tecnologica, coraggio politico e investimenti finanziari significativi. Gli insuccessi recenti dimostrano quanto sia difficile raggiungere l’autonomia spaziale, ma anche quanto sia necessario perseguirla per garantire la sovranità e la competitività del continente nello scenario globale.

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