Costume e Società

Una giornata così bella e soleggiata

Il mio nome è Sophie, non dimenticatelo!

Sophie Magdalena Scholl nasce a Forchtenberg il 9 maggio 1921. È la quarta di sei fratelli: Inge, Hans, Elisabeth, Sophie, Werner e Thilde e non ha ancora dodici anni quando, nonostante il disaccordo del padre Robert (un convinto pacifista), si iscrive alla Gioventù Hitleriana con i suoi tre fratelli più grandi; illusi anche loro dalla imperante propaganda nazista.

Tuttavia, l’educazione altruista ricevuta in famiglia, non tardò a germogliare nei loro cuori e nelle loro menti. Pochi anni dopo, infatti, ritornarono tutti e quattro sui loro passi. Per questo, nel marzo del 1941 Sophie fu inviata in un campo di lavoro per giovani donne, tra i 18 e i 25 anni, dove dovevano indossare l’uniforme e dove venivano indottrinate con violenza da insegnanti fanatiche. In una lettera ad un’amica Sophie scrive: «Viviamo come prigioniere, non solo il lavoro ma anche le pause di piacere sono doveri. Qualche volta vorrei urlare: il mio nome è Sophie Scholl. Non dimenticatelo!».

Terminata questa esperienza mortificante, nel maggio del 1942 raggiunge Hans a Monaco di Baviera per iscriversi all’università. Qui scopre che il fratello, insieme ad alcuni amici, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf, tutti poco più che ventenni, hanno fondato la Rosa Bianca (Weiße Rose), un movimento di opposizione non violenta al regime nazista. Senza indugi si unisce a loro, partecipando attivamente ad ogni loro attività come scrivere, stampare e distribuire volantini per informare un pubblico selezionato di studenti, professionisti e intellettuali del male che li circondava, profetizzando che Hitler avrebbe perso la guerra.

Alcuni di questi volantini arrivano anche alla Gestapo. La caccia ai loro anonimi autori aveva inizio. Siamo nel giugno del 1942.

Alla fine dell’estate, mentre suo fratello e gli altri erano stati chiamati come soldati in Russia, Sophie rientra a casa dove la attendevano due mesi di lavoro in una fabbrica di armamenti. Poco dopo il suo arrivo, suo padre viene condannato a quattro mesi di reclusione per aver inveito pubblicamente, in uno scatto d’ira, contro il Führer. Sophie, quando poteva, dopo il lavoro, si recava sotto le finestre del carcere per suonare con il suo flauto una canzone cara al padre, nella speranza di alleviarne il dolore.

Rientrati in ottobre dalla Russia, i membri della Rosa Bianca iniziano a collaborare con il movimento di resistenza nazionale. Nel giro di pochi mesi i loro volantini vengono diffusi in quasi tutta la Germania. Ne scrissero molti e ne spedirono a migliaia. Il 18 febbraio del 1943, poco dopo aver distribuito nuovi volantini all’Università, Hans e Sophie vengono scoperti e arrestati senza opporre alcuna resistenza. Ammanettati e condotti al quartier generale, vengono interrogati (e quasi sicuramente torturati) di continuo per molte ore. Nessuno dei due accetta di ritrattare quanto scritto sugli opuscoli, né di denunciare gli altri membri del gruppo. I fratelli Scholl, dopo un processo farsa durato solo cinque ore, vengono condannati a morte e portati alla prigione di Stadelheim. Lo stesso giorno, alle ore 17 iniziano le esecuzioni con ghigliottina. Sophie è la prima. “Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’è quasi nessuno disposto a dare se stesso individualmente per una giusta causa? È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?”. Queste le sue ultime parole. Nei giorni seguenti, nonostante il loro sacrificio, vengono ghigliottinati molti altri ragazzi, sebbene nessuno di loro abbia mai compiuto attentati o sabotaggi.

 

«Per un popolo civile non vi è nulla di più vergognoso che lasciarsi governare da una cricca di capi privi di scrupoli e dominati da torbidi istinti senza opporre resistenza…»

(da uno dei volantini della Rosa Bianca)

 

 

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