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La balbuziente “parola dell’Europa”

Esiste un commissario europeo responsabile del Meccanismo di Protezione Civile Europea. In un’Europa normale, il suo nome dovrebbe essere sulla bocca di tutti. Le sue parole dovrebbero scandire quotidianamente il senso di un’Europa che s’impegna a fondo nel rassicurare una società spaventata e nel bisogno di riferimenti autorevoli. Il suo servizio è stato creato con una specifica base giuridica dal Trattato di Lisbona e già attivato oltre trecento volte negli ultimi dieci anni. Nel 2019 è stato rafforzato, nello strumento “rescEU”.

Ancora a marzo il Meccanismo è stato utilizzato per aiutare la Grecia nell’assistenza all’ondata di profughi in arrivo dalla Turchia, sulla crisi da Covid era intervenuto marginalmente già a febbraio, organizzando alcuni voli di rimpatrio di cittadini europei rimasti bloccati in Cina; poi, il 19 marzo, rescEU ha lanciato un’operazione di acquisto e stoccaggio di materiale sanitario da distribuire ove necessario, con uno stanziamento di 50 milioni. Dove sia stato immagazzinato questo materiale a chi sia stato consegnato, non è un’informazione ancora disponibile.

Ad aprile inoltrato, con un’escalation drammatica giorno per giorno, il sito istituzionale del Meccanismo si limita a riportare questi due interventi, e un aggiornamento al 23 marzo… Un ruolo talmente defilato e al rallentatore in termini di immagine che sarebbe perfino meglio non esistesse. Sul sito, non si riporta nessuna significativa presa di posizione del commissario delegato.

Ha invece parlato la Presidente della Commissione. In un recente articolo sulla stampa italiana, dedicato soprattutto al Green Deal, è riuscita a non scrivere mai le parole virus, Corona, Covid – come se vivesse in un altro pianeta. Più apprezzato è stato il suo intervento, un po’ tardivo ma chiaro, del 13 marzo: “Aiuteremo l’Italia con ogni mezzo”. Esattamente una settimana dopo, riferendosi ai Corona Bond, ha però corretto il tiro: “Non li faremo”. E ha aggiunto, schierandosi in una questione ancora di pertinenza del Consiglio: “Capisco la Germania”. Poi, il 2 aprile, ha scritto una lettera all’Italia con altre parole: “Scusateci, ma ora l’Unione Europea è con voi”.

Quanto alla Presidente della BCE, la sua battuta «Non siamo qui per chiudere gli spread» ha fatto perdere poche ore dopo alla borsa di Milano il 16%, bruciando 84 miliardi. Ha dovuto rettificare poco dopo, rassicurando che la BCE applicherà “tutta la flessibilità”.

Siamo lontani dalla tecnica basata sulla certezza sfoderata dalle venti parole di Mario Draghi nel luglio del 2012 per sostenere l’euro: The ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough”. Corto, empatico, con una convinzione personale: e quella frase funzionò, altroché, per prevenire altri attacchi speculativi contro l’euro. Possibile che la devastazione del Covid non abbia potuto ispirare una simile determinazione nei giusti?

Il Presidente del Consiglio è stato più cauto, ha evitato l’eccesso di dichiarazioni, al punto di passare quasi sotto silenzio. Anche lui ha scritto una lettera, in questo caso rivolta agli spagnoli, ricordando che “Le immagini alla televisione e sui giornali mostrano un popolo che si batte con valore eccetera”.

Le “immagini alla televisione” – appunto: perché se la Protezione Civile Europea non è stata capace di inviare in Italia, e poco dopo in Spagna, un solo anestesista o un ospedale da campo di terapia intensiva, nessun esponente delle istituzioni europee ha pensato di accompagnare un convoglio umanitario anche per una visita lampo e simbolica, ma che permettesse, soprattutto nelle primissime fasi, di vedere e sentire di persona, e per veicolare l’immagine di un’Europa presente negli epicentri. A volte non occorrono nemmeno grandi iniziative, come ha dimostrato il segretario generale del Parlamento Europeo: con un gesto semplice e concreto, ha messo a disposizione delle autorità belghe auto, autisti e locali dell’istituzione. Sono risorse in larghissima parte non utilizzate in queste settimane di quarantena e potranno servire per trasporto di materiale medico o aiuti e per ospitare malati o materiale in caso di bisogno. È stata un’offerta apprezzata.

È risaputo che in ogni guerra la comunicazione, compresa la sua variante “propaganda”, svolge un ruolo essenziale. Ma l’Europa ne ha ignorato l’importanza capitale, incapace fin qui di usare in tempo di crisi l’arte della parola giusta al momento giusto, della continuità della posizione corretta, della costruzione di un ruolo di rassicurazione – per il tessuto sociale o per i mercati.

Si è proceduto in ordine sparso, con una comunicazione nel complesso disastrosa,  di basso profilo in molte occasioni, sbagliata e con effetti devastanti in altri, perfino a tratti incredibilmente contraddittoria. Nei migliori dei casi è stata una comunicazione difensiva, reattiva, quasi mai “pro-Europa”, capace di anticipare con una dimensione costruttiva l’ansietà dell’opinione pubblica e affrontarla in modo sistematico.

Forse non tutti si sono resi conto degli effetti nefasti di questi errori, in un’epoca nella quale la maggior parte dei cittadini decide cosa votare attraverso un approccio emotivo – speranze, orgoglio, rabbia, paura, vergogna, senso di appartenenza. A spiegarsi male una persona paga un prezzo alto, può compromettere la propria credibilità. Ma se questa incompetenza è propria di una comunità di nazioni, il prezzo da scontare travalica il caso contingente e sarà la sua storia. Che è poi la nostra storia.

*Presidente di Liberi Cittadini (www.libericittadini.it)

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