Europa

L’Ue accelera sulla difesa comune

La Nato appare meno interessata all’Europa e quindi sulla formazione di una difesa comune dell’Unione bisogna andare avanti e fare presto. Nel castello di Brdo, in una piovosissima serata slovena, l’Ue ha fatto un altro passo avanti verso un traguardo che, fino a poco tempo fa, sembrava un’utopia. Nella cena informale dei leader la difesa comune e l’autonomia strategica sono stati, assieme al dossier energetico, il piatto forte. Il percorso resta però in salita e il rapporto con l’Alleanza Atlantica è ancora tutto da delineare.

Dalla Slovenia, infatti, non è emersa alcuna decisione ma un calendario che, nel marzo del 2022, potrebbe portare all’approvazione di un piano ad hoc per la difesa comune. “Ci sono scenari in cui non vediamo la Nato” e “potrebbe essere necessario che l’Ue sia in grado di agire”, sono state le parole della presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

A Brdo, sul fronte della difesa comune (e non solo), è tornato a riproporsi anche l’asse tra Mario Draghi e Emmanuel Macron. Il premier e il presidente si sono visti in un bilaterale a margine in cui hanno ribadito piena comunione d’intenti nei principali dossier internazionali. Preparandosi, di fatto, a vivere da protagonisti i mesi del post-Angela Merkel. Senza la cancelleria e in attesa del nuovo esecutivo tedesco, sono Draghi e Macron gli uomini forte dell’europeismo.

Già nel corso della cena il premier italiano aveva avvertito i suoi colleghi che, sulla difesa comune, “non c’è più tempo”. Ma proprio mentre i leader Ue erano seduti a tavola, da Washington giungevano i primi, chiari malumori dei vertici Nato. “Un’organizzazione di difesa reciproca esclusivamente europea rischia di dividere e indebolire l’Alleanza atlantica”, ha avvertito il segretario generale Jens Stoltenberg. Parole che, alla Casa Bianca, poche ore dopo hanno accolto con favore. “Una migliore capacità di difesa europea è nell’interesse degli Usa ma dovrebbe essere complementare alla Nato”, è la linea del segretario di Stato Anthony Blinken, che a Parigi ha visto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio con il quale ha parlato dei tanti temi cruciali su cui c’è sinergia tra Roma e Washington, ma non del dossier della difesa Ue.

Il rapporto con la Nato resta insomma il primo grande ostacolo per una difesa comune europea. I Paesi baltici, per i quali tradizionalmente l’Alleanza è una sorta di ombrello anti-russo, non a caso sono tra i più scettici. Mentre la Germania paga la debolezza di un governo limitato di fatto agli affari correnti. Tanto che, nel corso della conferenza stampa a Brdo, il primo ministro Janez Jansa ha ammesso come un accordo unanime ancora non ci sia. Ma la crisi afghana e il patto Aukus sembrano portare l’Europa su una strada dalla quale non si potrà tornare indietro. Entro dicembre l’Ue è chiamata ad elaborare lo Strategic Compass, il piano che sarà la base regolamentare e politica della difesa comune. E che il Consiglio Ue, secondo il cronoprogramma di Bruxelles, dovrebbe approvare nel marzo 2022.

Certo, non c’è solo il nodo del rapporto con la Nato a minacciare continui rallentamenti. “Se l’Europa non ha una politica estera comune è molto difficile che possa avere una difesa comune”, ha spiegato ad esempio Draghi sottolineando come all’unione militare ci si possa arrivare all’interno dell’Europa o con alleanze inter-governative tra i Paesi membri. “Il primo modo è di gran lunga il preferibile, perché manterremmo uno schema sovranazionale”, ha rimarcato il premier italiano annunciando che chiederà alla commissione un’analisi ad hoc sulle opzioni in campo. Mentre sul nodo della relazione con la Nato Draghi è stato netto: “Non credo che qualunque cosa nasca fuori dalla Nato indebolisca la Nato e indebolisca l’Europa”, ha sottolineato sulla stessa linea anche von der Leyen. Ma Draghi è andato oltre, lamentando una certa marginalità dei Paesi Ue nell’ambito dell’Alleanza e auspicando un maggior coordinamento intra-europeo per incidere di più.

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