
I pm belgi vogliono processare un ex diplomatico per l’omicidio di Lumumba nel 1961
I procuratori belgi hanno dichiarato di voler processare un ex diplomatico di 92 anni, Etienne Davignon, per il suo presunto ruolo nell’omicidio dell’eroe dell’indipendenza congolese Patrice Lumumba, avvenuto nel 1961. Davignon è accusato di essere coinvolto nella “detenzione e trasferimento illegali” di Lumumba al momento della sua cattura e del suo “trattamento umiliante e degradante”, ha dichiarato la procura in una nota. L’udienza del processo è stata fissata al prossimo gennaio. La figlia di Lumumba, Juliana, ha accolto con favore la notizia, dichiarando all’emittente belga “Rtbf”: “Ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Quello che cerchiamo è, prima di tutto, la verità”. Davignon è l’unico sopravvissuto tra i dieci cittadini belgi accusati di complicità nell’omicidio di Lumumba. All’epoca dell’assassinio era un diplomatico tirocinante e negli anni ’80 fu vicepresidente della Commissione europea. Un magistrato deciderà se processarlo o meno.
Nel 2011 i figli di Lumumba hanno sporto denuncia in Belgio per chiedere giustizia dopo l’omicidio del padre, avvenuto all’età di 35 anni. Fu fucilato da un plotone di esecuzione con il tacito appoggio del Belgio, ex potenza coloniale del vasto Stato africano ricco di risorse minerarie, oggi noto come Repubblica democratica del Congo (Rdc). Il suo corpo fu sciolto nell’acido, ma rimase un dente con una corona d’oro che le autorità belghe hanno consegnato alla famiglia di Lumumba nel 2022. Nel 2001 una commissione parlamentare d’inchiesta belga concluse che il Belgio aveva la “responsabilità morale” dell’assassinio e un anno dopo il governo presentò delle scuse alla famiglia di Lumumba e alla nazione congolese. Lumumba divenne primo ministro quando il Congo ottenne l’indipendenza nel 1960, ma la nazione sprofondò nel caos poco dopo. In seguito venne rimosso dall’incarico e giustiziato da un plotone di esecuzione. Sia il Belgio sia gli Stati Uniti furono accusati di essere complici del suo omicidio. Il suo corpo venne poi seppellito in una fossa poco profonda, riesumato, trasportato per 200 chilometri, seppellito di nuovo, riesumato e poi fatto a pezzi e infine sciolto nell’acido.
Il percorso di Lumumba da primo ministro a vittima di assassinio durò meno di sette mesi. Poco dopo l’indipendenza, il Congo fu colpito da una crisi secessionista quando la provincia sud-orientale del Katanga, ricca di minerali, dichiarò che si sarebbe staccata dal resto del Paese. Nel caos politico che seguì, le truppe belghe furono inviate con il pretesto di proteggere i cittadini belgi, ma in realtà contribuirono anche a sostenere l’amministrazione del Katanga, considerata più accondiscendente all’influenza belga. Il capo di Stato maggiore dell’esercito, il colonnello Joseph Mobutu, prese il potere poco più di una settimana dopo che il presidente Joseph Kasa-Vubu aveva destituito Lumumba dall’incarico di primo ministro. Lumumba venne quindi posto agli arresti domiciliari, evase e venne nuovamente arrestato nel dicembre 1960, prima di essere detenuto nella parte occidentale del Paese. La sua presenza lì fu vista come una possibile fonte di instabilità e il governo belga ne incoraggiò il trasferimento nel Katanga. Durante il volo del 16 gennaio 1961 fu aggredito e picchiato al suo arrivo, mentre i leader del Katanga riflettevano su cosa farne. Alla fine si decise di farlo processare da un plotone di esecuzione e il 17 gennaio fu fucilato insieme a due alleati.