Il braccio di ferro tra Cina e Usa si estende alle Olimpiadi invernali del 2022
A meno di un anno dall’accensione del tripode olimpico, gli Stati Uniti non hanno ancora deciso se partecipare ai Giochi invernali di Pechino 2022. Uno scenario che, oltre a scontare la variabile del Covid-19, contribuisce ad agitare gli spettri del nuovo braccio di ferro tra le due super potenze mondiali e del boicottaggio. Alimentato anche dalla chiamata internazionale in crescita per le accuse alla Cina sulla violazione dei diritti umani tra Xinjiang e Tibet, e la stretta su Hong Kong.
“La politicizzazione dello sport internazionale va contro lo spirito olimpico e danneggia gli interessi degli atleti di tutti i Paesi”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, commentando le parole espresse giovedì sul tema dalla portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, secondo cui manca una “decisione finale” sulla partecipazione e gli Usa seguiranno le direttive della commissione olimpica.
“Tutti nella comunità internazionale, compreso il Comitato olimpico Usa, si oppongono a questo tipo di boicottaggio o alla chiamata di cambio della sede dei Giochi”, ha proseguito Wang, per il quale “i fatti sconfiggeranno le menzogne. Crediamo con forza che attraverso gli sforzi congiunti di tutte le parti, le Olimpiadi invernali di Pechino 2022 diventeranno sicuramente uno straordinario evento olimpico”.
Ai siti di Yanqing, alle porte di Pechino, i lavori vanno avanti: ospiteranno le gare di sci alpino, mentre la pista di bob e slittino, la prima mai realizzata in Cina, è la più lunga al mondo con i suoi quasi 2 km di tracciato ed è coperta da un tetto in legno in stile tradizionale. Xu Zhijun, vicesegretario generale del comitato organizzatore, aveva promesso Olimpiadi sicure dicendo che la costruzione dei luoghi delle competizioni è stata di fatto completata entro il 2020. E a dispetto della pandemia, aveva aggiunto Xu, incontrando i media internazionali in visita ai siti a inizio mese.
All’inizio della settimana, tuttavia, la Camera dei Comuni canadese ha approvato la mozione che definisce “genocidio” le politiche di Pechino nello Xinjiang a danno della minoranza uigura di fede musulmana, insieme alla richiesta di ritiro dei Giochi olimpici invernali a Pechino 2022, in linea con la richiesta lanciata da una coalizione di 180 gruppi che si battono per i diritti. E voci simili si sono sollevate altrove, come al Congresso Usa e al parlamento britannico.
La Cina risponderà al boicottaggio “con pesanti sanzioni verso i Paesi che vi aderiranno”, ha assicurato Hu Xijin, direttore del Global Times, il tabloid del Quotidiano del Popolo che di solito tradisce l’umore della leadership comunista. “Boicottare i giochi invernali è un’idea impopolare che non avrà un ampio supporto”, ha scritto Hu su Twitter.
Il Cio ha in gran parte ignorato gli appelli e il suo presidente Thomas Bach ha definito i preparativi per i Giochi “quasi un miracolo”, malgrado le sfide della pandemia. La posizione finale della Casa Bianca potrebbe però generare clamorosi scossoni. I media statali cinesi, non a caso, hanno intensificano i segnali di irritazione sulle prospettive di ripristino delle relazioni tra Pechino e Washington, notando che la politica messa in campo dal presidente Joe Biden “sa di trumpismo”. L’approccio iniziale, ha scritto il China Daily in un editoriale, “offre poco ottimismo”.