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Il Covid ha portato al più grande calo dell’aspettativa di vita dal ’45

Non solo in Italia, anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, l’effetto Covid è stato dirompente come una guerra e ha tagliato l’aspettativa di vita delle persone. La pandemia, infatti, certifica l’Università di Oxford, ha ridotto la speranza di vita alla nascita in una misura che non si vedeva dalla seconda guerra mondiale in Europa occidentale e “in modo tale da spazzare via anni di progressi sulla mortalità”.

I ricercatori del Centro di Leverhulme per la scienza demografica hanno assemblato un set di dati relativo a 29 paesi per i quali erano state pubblicate i dati ufficiali dei decessi per il 2020 e che abbracciano la maggior parte dell’Europa, oltre a Stati Uniti e Cile. I dati, pubblicati sulla rivista scientifica International Journal of Epidemiology, hanno dimostrato che 27 dei 29 Paesi hanno visto riduzioni dell’aspettativa di vita nell’annus horribils della pandemia. Nel 2020 le donne in 15 Paesi e gli uomini in 10 paesi, avevano un’aspettativa di vita alla nascita inferiore anche rispetto al 2015, anno che era già stato penalizzato da una stagione influenzale molto severa. “Per i Paesi come Spagna, Inghilterra e Galles, Italia, Belgio, l’ultima volta che sono stati osservati cali così grandi dell’aspettativa di vita alla nascita in un solo anno è stato durante la seconda guerra mondiale”, ha detto il co-autore dello studio, José Manuel Aburto. La diminuzione maggiore è stata osservata tra gli uomini negli Stati Uniti, con 2,2 anni rispetto ai livelli del 2019, seguiti dagli uomini in Lituania (1,7 anni). A confermare, per l’Italia, una riduzione di 1,2 anni di vita nel 2020 a causa della pandemia, è stata pochi giorni fa anche l’Istat: fino al 2019 questo indicatore era stato sempre in crescita e ora si attesta a 82 anni.

I dati ufficiali parlano di circa 4,7 milioni di persone nel mondo fino ad oggi decedute per Covid ma, sottolinea il coautore principale dello studio Ridhi Kashyap, “ci sono diversi problemi legati al conteggio dei decessi e il fatto che i nostri risultati evidenzino un impatto così grande attribuibile alla pandemia, mostra come questa sia stata uno shock devastante per molti Paesi”. I ricercatori chiedono quindi “con urgenza” la pubblicazione “di più dati disaggregati, anche da Paesi a basso e medio reddito, per comprendere meglio gli impatti della pandemia a livello globale”.

Intanto, l’obiettivo è far restare bassi i contagi nonostante la ripresa delle attività e delle scuole. Per farlo, gli studi continuano a confermare la necessità di far indossare la mascherina a scuola anche ai più piccoli. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) statunitensi hanno esaminato i dati delle contee degli Stati Uniti, scoprendo che, in media, i casi pediatrici sono aumentati dopo la riapertura delle scuole. Ma le contee senza requisiti di mascherina hanno visto gli aumenti maggiori: circa 18 casi ogni 100.000 in più. Inoltre, nelle contee in cui non c’è obbligo, le scuole avevano circa tre volte più probabilità di avere un focolaio rispetto alle altre.

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