
La Cina si trincera dietro le terre rare per resistere a chi la sfida
Quando ad aprile il presidente statunitense Donald Trump ha preso di mira la Cina con dazi altissimi, gli Stati Uniti hanno registrato un calo delle importazioni, divenute più costose e la Cina si è ritrovata con fabbriche inattive e carenza di dollari. La Cina, tuttavia, ha un asso nella manica: il monopolio su una serie di terre rare, minerali fondamentali per le principali industrie americane, tra cui quelle del settore della difesa, che ha bisogno di questi materiali per produrre caccia all’avanguardia come l’F-35.
Nell’attuale guerra commerciale, la Cina ha vietato del tutto l’esportazione di terre rare, ma ha introdotto un regime di licenze che sta già provocando interruzioni nella catena di approvvigionamento. Normalmente, le aziende statunitensi si rivolgerebbero a fornitori di altri Paesi, ma l’attuale sistema di produzione delle terre rare è quasi interamente concentrato in Cina, responsabile di oltre il 90% di questi minerali chiave.
Secondo un recente rapporto del Center for Strategic and International Studies, il Dipartimento della Difesa americano si è mosso per costruire una catena di approvvigionamento nazionale di terre rare – anche attraverso la concessione di sovvenzioni ad aziende in California e Texas – ma questi impianti devono ancora diventare pienamente operativi. Nel frattempo, anche Paesi come il Giappone e l’Australia stanno cercando di espandere la produzione di terre rare ma, per ora, non sono neanche lontanamente in grado di compensare il monopolio di fatto della Cina. “Lo sviluppo di capacità estrattive e di lavorazione richiede uno sforzo a lungo termine, il che significa che gli Stati Uniti saranno in svantaggio nel prossimo futuro”, si legge nel rapporto del CSIS.
Il problema peraltro non riguarda soltanto la difesa e preoccupa anche l’Europa. Molti esportatori in tutto il mondo hanno già previsto ritardi a causa dei nuovi requisiti di esportazione introdotti dalla Cina e Tesla è stata una delle prime aziende ad aver dichiarato pubblicamente l’impatto dei divieti di esportazione della Cina sui suoi piani e sulla sua produzione.