
Mentre si continua a litigare sul Ponte sullo Stretto, il Sud resta a secco d’acqua
Il progetto del Ponte sullo Stretto da 3,3 km, con un impalcato di 3,6 km e con un traffico stimato in 6mila veicoli all’ora e 200 treni al giorno è passato da un costo stimato di quasi 5 miliardi del 2001 (delibera Cipe 121/2001) ai 6,3 miliardi stimati dalla Corte dei conti nel 2011 fino agli 8,5 miliardi dell’anno seguente per arrivare da ultimo a 13,6 miliardi. Matteo Salvini in qualità di ministro delle Infrastrutture e la Lega in Parlamento si sono adoperati per garantire copertura finanziaria al progetto, ma quest’ultimo incorre in contestazioni crescenti da parte degli ambientalisti, l’ultima delle quali è arrivata a inizio marzo 2025.
Francesco Ramella dell’Università di Torino, riprendendo la valutazione prodotta dalla società Stretto di Messina ha sottolineato come “i vantaggi economici che si otterrebbero con la costruzione del ponte siano molto discutibili e in tutti i casi inferiori ai costi da sopportare. Per arrivare a un risultato positivo vengono fortemente sovrastimati benefici per il clima, privi di ogni scientificità”. Filippo Cucinotta, docente all’Università di Messina, ha criticato il valore ambientale dell’opera: “Viene detto che il ponte farà risparmiare tutte le emissioni delle navi, azzerando traghetti e aliscafi, cosa assolutamente non vera. L’analisi costi-benefici del progetto è basata su stime abnormi rispetto ai dati effettivi e facilmente reperibili. Inoltre, non sono state considerate adeguatamente le emissioni dovute al ponte, sia in fase di cantiere che in fase di esercizio. Il risultato è che viene sopravvalutato il beneficio ambientale e sottovalutato il danno globale del ponte». Gaetano Benedetto, dell’ufficio studi del Wwf, ha evidenziato che il progetto “ha ricevuto dalla Commissione VIA un puntuale parere negativo sulla Valutazione di Incidenza Ambientale, visto il danno potenziale su habitat e specie prioritarie di rilievo comunitario. E, dunque, necessario attivare un’altra specifica procedura, cosiddetta ‘di III livello’, in base alle Direttive e alle linee-guida dell’Europa”.
Mentre Ramella chiede “se sia giusto sprecare tante risorse e non utilizzarle invece in maniera davvero utile per il Sud”, il Sud patisce in effetti gravi carenze idriche.
La Basilica, che detiene il 25% delle risorse idriche del Sud, registra circa il 70% di perdite idriche nella rete infrastrutturale, causate da decenni di abbandono. Secondo i dati di Acque del Sud Spa, la società creata dal governo Meloni per gestire le risorse idriche, l’invaso Basento-Camastra conteneva 9 milioni di metri cubi d’acqua a marzo 2024 e soli 1,8 milioni 9 mesi più tardi. Il governo ha nominato commissario straordinario per la gestione della crisi il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi (Forza Italia), recentemente rinviato a giudizio nell’ambito di un’inchiesta sulla sanità lucana e gli ha assegnato un finanziamento di 2,5 milioni di euro per interventi urgenti. Il 28 novembre scorso però, la Procura della Repubblica di Potenza ha avviato un’inchiesta acquisendo documenti presso Acquedotto Lucano Spa, Arpab, Autorità di Bacino e Acque del Sud Spa, per verificare la fondatezza dei timori espressi da parte della cittadinanza riguardo alla salubrità delle acque. Acque del Sud peraltro ha ereditato il controllo delle risorse idriche anche di altre Regioni, precedentemente gestite dall’ente pubblico commissariato Eipli (Ente irrigazione Puglia, Lucania e Irpinia di Bari).