Non solo auto, gli italiani ormai scelgono il Made in China anche per gli elettrodomestici
Non ci sono solo la sciagurata idea ambientalista o l’infatuazione per una teen ager col curriculum proprio di una teen ager quale Greta Thumberg che ha portato l’Europa a indirizzarsi verso auto elettriche consentendo alla Cina di sbaragliare l’automotive del vecchio continente. Il Dragone sta erodendo l’industria europea anche sul versante degli elettrodomestici. I player europei (dalla ex Whirlpool oggi Beko, a Electrolux e Bosch) nel primo semestre di quest’anno hanno perso l’1,4% di affari mentre le case asiatiche (in particolare, le cinesi Haier, Midea, Hisense) si hanno incrementato la loro quota di mercato dell’1,3%.
Un rapporto sulle esportazioni cinesi di elettrodomestici bianchi nel primo semestre del 2025, pubblicato recentemente dalla China Chamber of Commerce for Import and Export of Machinery and Electronic Products (CCCME), evidenzia come le esportazioni cinesi globali di elettrodomestici abbiano raggiunto i 68,78 miliardi di dollari nel primo semestre, con una crescita del 6,2% su base annua. L’Italia emerge come nono mercato di destinazione globale per le esportazioni cinesi di elettrodomestici bianchi e secondo mercato europeo dopo la Germania. Il rapporto CCCME documenta come il valore delle esportazioni cinesi di elettrodomestici bianchi verso l’Italia abbia superato gli 1,74 miliardi di dollari nel primo semestre, segnando un incremento del 9,8% su base annua e posizionando il tasso di crescita al terzo posto tra i primi dieci mercati mondiali. I recenti dati ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), confermano che da gennaio ad aprile del 2025 la Cina si è affermata come il principale paese di origine per le importazioni italiane di elettrodomestici, con un valore diretto superiore a 590 milioni di euro.
Nell’insieme le vendite di lavatrici, asciugatrici, forni, cappe, frigoriferi, freeze, microonde sono aumentate dell’1,8% ma i ricavi sono cresciuti solo dello 0,3% e questo testimonia che i competitors dei brand europei fanno leva anzitutto sul prezzo, vendendo al ribasso. Per le asciugatrici il prezzo medio per unità è sceso del 13%, per le cappe dell’11%, per i microonde dell’8,5%, per le lavastoviglie del 6,6%.
In Italia ha chiuso i battenti la Candy, peraltro già posseduta dalla cinese Haier, ed il sindacato, ma non solo il sindacato, chiede «politiche industriali». Il governo ha stabilito un contributo fino al 30% del costo di un elettrodomestico, ma il problema investe non solo la domanda a valle, ma anche a monte i costi di produzione degli elettrodomestici. Produrre in Italia ha costi più alti non solo per i maggiori costi della manodopera ma anche perché costa maggiormente l’approvvigionamento energetico delle industrie (problema che riguarda tutti i settori, non solo le fabbriche di elettrodomestici). E introdurre dazi verso gli elettrodomestici in arrivo dall’Asia sarebbe una politica inefficace, perché a quel punto i brand extraeuropei delocalizzerebbero la produzione all’interno della stessa Ue (scegliendo verosimilmente Paesi nei quali il costo dell’energia per far funzionare gli stabilimenti è più basso che in Italia).




