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Ora la Cina punta sui consumi domestici

La visione strategica del nuovo piano quinquennale (2021-25) punta a fare della Cina una potenza economica centrata sui consumi interni e autosufficiente per la tecnologia, al riparo dalle turbolenze esterne come lo scontro con gli Usa. E’ il quattordicesimo piano a partire dal 1953, un record visto che l’Urss si dissolse all’inizio del tredicesimo.

Al 2035, invece, l’obiettivo ambizioso è la creazione di “una grande nazione socialista e moderna”, un leader dell’innovazione e con un reddito pro capite da “Paesi moderatamente sviluppati”: di fatto, vuol dire triplicare i 10.262 dollari del 2019 per arrivare a nazioni come Corea del Sud e Spagna, accorciando i tempi che nel 1987 il leader Deng Xiaoping ipotizzò come target raggiungibili entro il 2050.

Il quinto plenum del Comitato centrale del Partito comunista, riunitosi sotto la guida del suo segretario generale Xi Jinping, presidente della Repubblica popolare, ha tracciato il futuro del Paese nei quattro giorni di conclave della sua leadership. La proposta approvata, secondo il comunicato finale, ha evitato numeri precisi, ma ha definito le priorità come “l’alta qualità dello sviluppo”, anticipando che il Pil del 2020 si sta avviando, malgrado il Covid-19, a superare per la prima volta i 100.000 miliardi di yuan: ai valori attuali sono 15.000 miliardi di dollari circa, contro i 14.342,90 miliardi del 2019 stimati dalla Banca Mondiale. L’autosufficienza su scienza e tecnologia è un’area di interesse menzionata 11 volte nel comunicato, rispetto alle quattro di quello precedente.

Il Partito comunista ha assicurato “uno sviluppo economico sostenibile e sano” al 2025 in parte grazie ai consumi interni, con l’impegno a far aumentare il reddito delle famiglie rimasto indietro rispetto alla crescita del Pil nominale senza cadere nella trappola del reddito medio, impegnandosi ad approfondire il tema dell’attrazione degli investimenti esteri e accelerando uno sviluppo più rispettoso dell’ambiente.

Il testo completo del prossimo piano quinquennale e del piano al 2035, che dovrebbe avere obiettivi economici e sociali più definiti, acquisterà consistenza alla riunione annuale di marzo del parlamento. Ma la strategia, anticipata a maggio da Xi, è quella della ‘doppia circolazione’, usata nel 2008 durante la crisi finanziaria. La Cina vuole essere autosufficiente con la circolazione interna: i cicli di produzione, distribuzione e consumi potranno contare sull’enorme bacino di 1,4 miliardi di abitanti riducendo la dipendenza dall’export.

L’ultimo sondaggio, diffuso dai media ufficiali, ha stimato nel 66% la quota dei consumatori cinesi pronti a comprare brand locali nella festa dei Singoli dell’11 novembre, mentre il 57% è pronto a spendere meno per i prodotti Usa e il 39% meno di quelli europei, secondo la rilevazione di AlixPartners.

L’altro pilastro è l’export-import, destinato a divenire nel tempo un supporto. “I mercati nazionali ed esteri possono potenziarsi a vicenda, con il mercato interno come pilastro”, ha scritto il Quotidiano del Popolo.

“Il problema – ha osservato Michael Pettis, professore di Finanza alla Peking University – è che la componente della ‘circolazione internazionale’ della Cina è dipesa da una competitività internazionale”, guidata principalmente da bassi salari rispetto alla produttività. “Ma sono questi bassi salari rispetto alla produttività che guidano anche la bassissima ‘circolazione interna’ della Cina, che Pechino promette di rafforzare”. In altri termini, l’una non può rilanciare l’altra.

Con una mossa irrituale, a conferma dell’importanza della ‘svolta’, il Comitato centrale ha indetto per il 30 ottobre la sua prima conferenza stampa per illustrare i risultati del plenum.

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