
Putin si fa la base navale in Sudan
Il Sudan e la Russia hanno raggiunto un accordo definitivo sulla creazione di una base navale russa sulla costa sudanese del Mar Rosso. Ad annunciarlo è stato il ministro degli Esteri sudanese Ali Youssif, nel corso di una visita ufficiale a Mosca. “Sudan e Russia hanno raggiunto un’intesa sull’accordo riguardante la base navale russa”, ha detto Youssif in una conferenza stampa congiunta con l’omologo russo Sergej Lavrov. “Siamo in completo accordo su questa questione e non ci sono ostacoli. Abbiamo raggiunto un’intesa reciproca sul tema. Pertanto, la questione è molto semplice. Siamo d’accordo su tutto”, ha aggiunto, senza tuttavia fornire ulteriori dettagli. Il progetto per la costruzione di una base navale russa sulla costa sudanese del Mar Rosso è in cantiere da diversi anni e sembrava sul punto di essere finalizzato alla fine del 2020, tuttavia il colpo di Stato militare in Sudan dell’ottobre 2021 e il conflitto scoppiato nell’aprile 2023 hanno finito per congelarlo.
Un primo accordo per la creazione di un punto di supporto logistico (Lsp) per la Marina russa era stato concluso nel 2017. Successivamente, nel novembre 2020, i due governi avevano firmato un accordo preliminare – della durata di 25 anni – per stabilire quello che è stato descritto come un polo logistico navale russo in Sudan, che dovrebbe arrivare ad ospitare un massimo di 300 militari e fino a quattro navi da guerra, comprese imbarcazioni a propulsione nucleare. Tuttavia, a causa dell’inerzia burocratica e dei cambiamenti nel panorama politico sudanese – culminati prima con il rovesciamento del presidente di lunga data Omar al Bashir e con il colpo di Stato militare dell’ottobre 2021, poi con lo scoppio del conflitto civile nell’aprile 2023 – il progetto è rimasto congelato e non è mai stato ratificato dal parlamento sudanese, che nel frattempo è stato sciolto.
Il Mar Rosso, del resto, costituisce una rotta strategica di vitale importanza per il commercio globale, nonché un punto caldo dal punto di vista geopolitico. Per Mosca, in particolare, disporre di una propria presenza in quell’area sarebbe d’importanza prioritaria, a maggior ragione dopo aver perso – in seguito al rovesciamento del regime siriano di Bashar al Assad – la sua base militare di Tartus, che per anni ha costituito il suo avamposto nel Mediterraneo. È con questo obiettivo che, stando a fonti citate da alcuni media internazionali, negli ultimi mesi funzionari russi avrebbero visitato la città di Port Sudan, divenuta di fatto la capitale del Sudan dall’inizio della guerra, nel tentativo di stringere legami con entrambe le parti in conflitto. Se infatti all’inizio delle ostilità il Cremlino ha sostenuto le Forze di supporto rapido (Rsf) del generale Mohamed Hamdan Dagalo, con il quale ha per anni coltivato stretti legami nello sfruttamento delle miniere d’oro del Darfur, negli ultimi mesi la posizione di Mosca – mai resa ufficiale – sembrerebbe essere mutata, visti anche gli sviluppi della guerra che sembrano nel frattempo pendere a favore delle Forze armate sudanesi (Saf).
Secondo l’Istituto per lo studio della guerra (Isw), con sede a Washington, in cambio del permesso di mantenere una presenza navale in Sudan, la Russia si sarebbe impegnata a fornire supporto militare alle Saf. Un cambio di rotta reso palese dalla visita a Port Sudan effettuata nell’aprile scorso dal vice ministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov, che in quel frangente ha auspicato una maggiore cooperazione con il Sudan e ha espresso sostegno alla “legittimità esistente nel Paese rappresentata dal Consiglio sovrano”, il massimo organo di governo cui è a capo il generale Abdel Fattah al Burhan. In quella stessa occasione Bogdanov avrebbe anche promesso all’esercito sudanese aiuti militari “senza restrizioni”. Da allora, inoltre, Mosca avrebbe avviato le esportazioni di gasolio verso il Sudan, nel tentativo di cercare nuovi sbocchi dopo le sanzioni internazionali imposte in seguito all’invasione dell’Ucraina.
Secondo gli analisti, la realizzazione di una base navale russa sul Mar Rosso sarebbe una logica continuazione delle azioni militari della Russia nel continente africano. Negli ultimi mesi, specie dopo la “cacciata” dalla Siria, Mosca ha ampliato la sua presenza in Libia, rafforzando le operazioni nelle sue quattro principali basi aeree: la base di Al Khadim, nell’est del Paese; la base di Al Jufra, nel centro; la base di Al Brak al Shati, a sud-ovest di Sebha, capoluogo della regione di Fezzan; e la base di Al Qurdabiya, a Sirte, nella zona centro-settentrionale. Queste basi ospitano una varietà di attrezzature militari, tra cui difese aeree, caccia MiG-29 e droni, e sono gestite da una contingente misto di militari russi e mercenari del gruppo Wagner, lontano dalla supervisione delle autorità libiche. Secondo fonti libiche consultate da “Agenzia Nova”, inoltre, Mosca ha recentemente ampliato la sua presenza con una nuova base militare, quella di Maaten al Sarra, al confine con il Ciad e il Sudan. Le immagini satellitari ad alta risoluzione pubblicate da Maxar Technologies a dicembre mostrano chiaramente l’estensione della pista e la costruzione di edifici che sembrano essere alloggi, confermando le informazioni in possesso di “Nova”.