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Sempre più debiti intorno alla Via della Seta

La via della seta, “il progetto del secolo” secondo Xi Jinping, si regge su prestiti d’emergenza concessi dalla Cina pari a 240 miliardi di dollari nei soli anni più recenti. Dal 2019 al 2021, la Cina ha dato quasi la metà del Fondo monetario internazionale, ma a tassi del 5% quando contro il 2% del Fai, in modo da far crescere il peso del renminbi come alternativa al dollaro. “In ultima analisi, Pechino sta cercando di salvare le proprie banche. Ecco perché è entrata nel business rischioso dei prestiti di ultima istanza», ha spiegato a La Stampa Carmen Reinhart, professoressa della Harvard Kennedy School ed ex capo economista della Banca Mondiale.

I prestiti di salvataggio hanno toccato 22 Stati, tra cui Argentina, Bielorussia, Ecuador, Egitto, Laos, Mongolia, Pakistan, Suriname, Sri Lanka, Turchia, Ucraina e Venezuela. Ma alcuni progetti sono diventati casi di scuola di tutto ciò che non va fatto quando si concedono prestiti. In Montenegro, c’è la “strada verso il nulla”, 1 miliardo di dollari polverizzati in corruzione, problemi ambientali e ritardi; in Ecuador, più di 7mila crepe sono state trovate in una diga ecuadoregna costruita nei pressi di un vulcano attivo.

La “Belt and road initiative”, in italiano Le vie della seta, ha totalizzato 838 miliardi di dollari dal 2013 al 2021, e nei piani di Xi Jinping dovrebbe contribuire all’ascesa globale della Cina, scalfendo l’egemonia americana. La Cina ha però cominciato a ridurre l’impegno in costose infrastrutture e a orientarsi su progetti più mirati, accordi per l’accesso a risorse strategiche, petrolio e gas in Medio Oriente, Africa e America Latina, e i metalli necessari all’energia pulita. Il ruolo di prestatore di ultima istanza di Pechino serve invece a proteggere da perdite le banche statali cinesi, tenendo a galla i Paesi in difficoltà in modo che continuino a pagare i debiti.

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