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Sofferenze bancaria a quota 385 miliardi nel 2021

Una nuova ondata di crediti deteriorati è in arrivo nel 2021 per effetto del Covid, ma non sarà una tempesta come nella crisi dei mutui subprime del 2011. Dai 338 miliardi previsti per l”anno in corso si salirà del 5% a quota 385 miliardi secondo l’amministratore delegato di Banca Ifis Luciano Colombini, che ha fatto il punto al tradizionale convegno d’autunno sul settore, che si è tenuto quest’anno nell’incantevole cornice di Villa Erba a Cernobbio (Como).

Una previsione confermata dalla stessa Abi, il cui direttore generale Giovanni Sabatini non ha negato l’incremento in arrivo dovuto agli effetti della “grave crisi economica, conseguenza della pandemia, i cui effetti sono da determinare”. Una scure che si abbatte nonostante lo “sforzo enorme per ridurre l’accumulo dei crediti deteriorati che si erano determinati negli anni della grande crisi finanziaria”.  Sforzo che Bankitalia ha quantificato oggi in 170 miliardi di euro dal 2016 a fine anno, prevedendo anche per il 2020 cessioni per circa 20 miliardi.

Quanto alle stime di Banca Ifis, il tasso di deterioramento dei crediti salirà dall’1,3% del 2020 al 2,8% del 2021, mentre il rapporto tra Npe (l’insieme dei crediti deteriorati, che comprende le sofferenze, gli incagli e i crediti scaduti) e il totale dei crediti erogati salirà dall’attuale 6,2% al 7,3% del 2021.

Per Colombini “l’onda si sta gonfiando, ma Venezia non è ancora allagata”. “L’acqua alta – ha detto il banchiere – arriverà l’anno prossimo, quando il default rate sarà raddoppiato”. Una situazione comunque migliore rispetto alla crisi del 2011. Secondo l’Ad di Banca Ifis “i risultati negativi di questa crisi sono inferiori alla crisi precedente, quando il default rate fu al 4,5%”. “In questa crisi – ha sottolineato – ci sono stati interventi importanti da parte dei Governi e delle Banche centrali”. Non tutto funziona come dovrebbe però. L’incaglio in questo caso si chiama Amco, il gestore pubblico dei crediti deteriorati. “La vediamo bene – ha puntualizzato Colombini – ma con una condizione imprescindibile, che sia un operatore di mercato e dai primi segnali che abbiamo non sembrerebbe che sia proprio così”. “L’industria degli Npl servicer, che ha superato gli 8mila dipendenti con operazioni effettuate per diversi miliardi di euro va tutelata”, ha precisato sottolineando che Amco dovrebbe intervenire nei salvataggi, mentre, se opera sul mercato “i miliardi di intervento pubblico avrebbero un effetto distorsivo e graverebbero sulle spalle del contribuente”.

Gli ha replicato Giuseppe De Martino, consulente del Mes, socio unico di Amco. A suo avviso i timori espressi a Cernobbio dagli operatori privati del settore “non hanno forti ragioni di esistere”. “Il punto di forza di Amco – ha sottolineato – è avere un azionista paziente che non vuole ritorni a doppia cifra sul breve periodo”, cosa che “consente di conciliare obiettivi di profitto nell’ambito di logiche di mercato con profili di interesse pubblico”.

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