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Alleanze, irresponsabilità e ipocrisia in sostegno dei dittatori

I dittatori cavalcano avanti e indietro su tigri da cui non

possano scendere. E le tigri diventano sempre più affamate.

Wiston Churchill

I dittatori non smentiscono mai se stessi. Quanto è accaduto otto giorni fa in Bielorussia ne è un’ulteriore e grave conferma. Era la mattina del 23 maggio scorso quando il pilota del volo Ryanair FR 4978, decollato da Atene e diretto a Vilnius, ha ricevuto un messaggio con il quale le autorità aeroportuali bielorusse notificavano una “potenziale minaccia alla sicurezza a bordo”. La “minaccia” sarebbe stata la presenza, a bordo dell’aereo, di una bomba. Subito dopo, l’aereo civile di linea è stato intercettato da un aereo dell’aeronautica militare bielorussa e costretto ad un atterraggio forzato all’aeroporto di Minsk. Quanto è accaduto dopo e reso pubblicamente noto ha dimostrato e testimoniato la falsità di tutta quella messinscena del regime bielorusso. Una messinscena solo per permettere alle autorità di attuare quanto era stato programmato con cura anticipatamente. Sì, perché si doveva arrestare un oppositore del regime e lo hanno fatto. Le autorità bielorusse, eseguendo gli ordini partiti da lì dove si decide tutto, hanno arrestato Roman Protasevich, un giornalista ventiseienne bielorusso e la sua compagna russa. Proprio così, un giornalista. Perché per i regimi e i dittatori i giornalisti che si oppongono a loro e li denunciano diventano fastidiosi, diventano pericolosi, perciò, diventano nemici da combattere e annientare. Così hanno fatto anche con Roman Protasevich. Lui da tempo è stato costretto a vivere in Polonia, essendo stato co-fondatore ed ex direttore del canale Telegram Nexta, con base in Polonia e colui che attualmente dirige un nuovo media, La Bielorussia del mal di testa, molto seguita dagli oppositori del regime bielorusso di Lukashenko. La misera messinscena del 23 maggio scorso all’aeroporto di Minsk non poteva non essere accompagnata da un “piccolo giallo”. Sì, perché dai 126 passeggeri partiti da Atene, a Vilnius sono arrivati soltanto 121. Cioè, oltre al giornalista e la sua compagna arrestati, mancavano all’appello altri tre, tutti “svaniti”, “evaporati” nell’aeroporto di Minsk. Le cattive lingue hanno parlato subito di agenti dei servizi segreti. Immediatamente dopo l’arresto del giornalista dissidente, la dirigente dell’opposizione bielorussa, costretta, purtroppo, anche lei all’esilio dopo le elezioni del 9 agosto 2020 e le proteste successive in Bielorussia, ha dichiarato che lui “rischia la pena di morte in Bielorussia”. Questo perché, secondo lei, Lukashenko sta trasformando la Bielorussia “…nella Corea del Nord d’Europa; non trasparente, imprevedibile e pericolosa”.

Nel frattempo sono state immediate le reazioni delle cancellerie occidentali, di quella statunitense e delle istituzioni internazionali, Unione europea e NATO comprese. Lo scandalo del dirottamento forzato dell’aereo è stato considerato un “atto di pirateria” ed un “dirottamento di Stato”. Tutti, oltre a chiedere l’immediata liberazione del giornalista dissidente e della sua compagna, hanno proposto ed attuato anche delle sanzioni contro la Bielorussia e il regime di Aleksander Lukashenko. In attesa del prossimo vertice del Consiglio europeo, per decidere sulle sanzioni nei confronti della Bielorussia, ci sono le reazioni di tutti i massimi rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea. Subito dopo lo scandalo dell’atterraggio forzato dell’aereo e il successivo arresto del giornalista dissidente ha reagito la presidente della Commissione europea. Lei ha dichiarato che “…Serve una risposta molto forte contro questo dirottamento completamente inaccettabile. Lukashenko deve capire che questo atto non può essere senza conseguenze!”. Per poi ribadire che“…il pacchetto economico da 3 miliardi di investimenti pronto ad andare dall’Unione europea in Bielorussia resta congelato finché la Bielorussia non diventerà democratica”. Affermando anche che si stanno discutendo sanzioni dirette contro individui ed entità economiche che finanziano il regime. Mentre il presidente degli Stati Uniti d’America ha condannato duramente l’atterraggio forzato dell’aereo e l’arresto del giornalista dissidente, oppositore del regime di Lukashenko. In più lui ha appoggiato la richiesta di sanzioni economiche dell’Unione europea ad ha affermato di aver chiesto al suo team di studiare opzioni adeguate per i responsabili. Nel frattempo i Paesi membri dell’Unione europea hanno deciso di boicottare gli spazi aerei della Bielorussia. Mentre la compagnia di bandiera francese Air France ha annunciato che non volerà per il momento sulla Bielorussia. La stessa misura ha preso anche la compagnia tedesca Lufthansa, con la sospensione delle proprie attività nello spazio aereo bielorusso. La Russia invece si è schierata contro le cancellerie occidentali e le istituzioni internazionali. Il presidente russo e/o chi per lui ha pubblicamente dichiarato il suo appoggio al presidente Lukashenko, perché gli alleati non si abbandonano in simili difficili momenti, anzi!

Nel frattempo che tutti i Paesi membri dell’Unione europea hanno adoperato misure su voli e/o divieti di spazi aerei, “stranamente” però, un volo proveniente dalla Bielorussia, è atterrato all’aeroporto internazionale di Tirana nel pomeriggio del 26 maggio scorso. E cioè tre giorni dopo lo scandalo dell’atterraggio forzato e l’arresto del giornalista dissidente nell’aeroporto di Minsk. Un tempo più che sufficiente, quello, per il primo ministro albanese e i suoi “consiglieri’ per decidere da che parte stare. E la scelta è stata fatta! I simili scelgono i propri simili ci insegna la saggezza popolare. Perché chi si somiglia si piglia recita il proverbio. Anche perché lui, il primo ministro albanese, e il presidente bielorusso Lukashenko ne hanno di cose in comune. L’autore di queste righe ha trattato per il nostro lettore questo argomento (Un bue che dovrebbe dire cornuto ad un altro bue, 7 settembre 2020; Inquietanti dimostrazioni dittatoriali, 28 settembre 2020; Un inganno tira l’altro, 5 ottobre 2020). Così come ha trattato anche la “vittoria” elettorale del primo ministro albanese il 25 aprile scorso, molto simile alla “vittoria” elettorale di Lukashenko il 9 agosto 2020. Una “vittoria” quella del primo ministro albanese, che gli ha confermato il suo tanto ambito terzo mandato, mentre Lukashenko, con la “vittoria” elettorale del 9 agosto 2020, vinceva il suo sesto mandato. Chissà se questo potrà essere, però, un obiettivo raggiungibile per il suo “simile”, il primo ministro albanese?! Il quale, nel frattempo si sa, anzi è pubblicamente noto, che ha avuto un altro, forte, concreto e molto importante sostegno elettorale da parte di un altro loro “simile”.  Il primo ministro albanese ha avuto il pieno e dichiarato appoggio del presidente turco Erdogan. Sempre i simili cercano e sostengono i propri simili!

Il 27 maggio scorso il ministro aggiunto per l’Europa presso il ministero degli Affari esteri in Germania è stato in Albania per una visita ufficiale. Dopo l’incontro ufficiale con il primo ministro albanese tutti e due hanno partecipato ad una conferenza con i rappresentanti dei media. Nessuno aveva dubbi sui contenuti delle dichiarazioni del primo ministro albanese. Soprattutto adesso, dopo la “vittoria” del suo terzo mandato. Ma anche il ministro [tedesco] aggiunto per l’Europa, con le sue dichiarazioni, non ha smentito le aspettative. E neanche se stesso. Si perché, lui è stato sempre “ottimista” per i risultati raggiunti dal governo albanese e convinto dei continui progressi fatti dall’Albania nel suo percorso europeo. Nonostante la realtà vissuta in Albania è stata da anni ben diversa da quella alla quale si riferiva il 27 maggio scorso il ministro tedesco e molto, ma molto preoccupante. Tanto preoccupante che ha costretto lo stesso Bundestag tedesco ad elencare nove condizioni e poi approvare quelle condizioni a fine settembre 2019. Si tratta di condizioni che dovevano essere tutte osservate e rispettate dal governo albanese prima che il rappresentante tedesco al Consiglio europeo, e cioè la cancelliera Merkel, potesse votare a favore della convocazione della prima conferenza intergovernativa tra l’Albania e l’Unione europea, che sarebbe il primo passo, per poi proseguire con tutte le altre procedure previste fino all’adesione definitiva all’Unione europea. A quelle nove condizioni tedesche, sono state aggiunte anche altre sei da altri Paesi membri dell’Unione europea, per diventare così quindici condizioni per l’Albania. A fine giugno 2020 il Parlamento europeo ha approvato quelle quindici condizioni con una risoluzione che ha avuto un largo e trasversale sostegno con 532 voti favorevoli, 70 voti contrari e 63 astensioni. Anche queste verità le dovrebbe aver saputo benissimo il ministro aggiunto per l’Europa presso il ministero degli Affari esteri in Germania, mentre faceva le sue dichiarazioni a fianco del primo ministro albanese e davanti i giornalisti il 27 maggio scorso. Ma le sue dichiarazioni erano “stranamente” tutto rose e fiori. Chissà perché?! Ma nessuno che conosce la realtà vissuta e sofferta in Albania può credere alle affermazioni del ministro tedesco. Perché è impossibile credere che “L’Albania ha esaudito tutte le condizioni per fare un passo avanti nel processo dell’integrazione europea”! Basterebbe prendere quelle quindici condizioni e verificarle una ad una se siano state esaudite veramente o meno! Molto semplice, ma chissà perché il ministro tedesco non lo ha fatto! E chissà perché anche sulle “ragioni” di alcune decisioni prese dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America sull’Albania in questi ultimi mesi. Il nostro lettore è stato informato anche la scorsa settimana su queste “strane” decisioni (Eclatanti e preoccupanti incoerenze istituzionali; 24 maggio 2021).

Chi scrive queste righe valuta come molto irresponsabile e pericoloso “fermare gli occhi, le orecchie ed il cervello” di fronte a delle eclatanti realtà che testimoniano il consolidamento di un regime in Albania. Come quello di Lukashenko in Bielorussia. Oppure come quello di Erdogan in Turchia. Ma mentre per quei regimi, almeno formalmente, ci sono delle prese di posizione e di sanzioni da parte delle cancellerie occidentali e quella statunitense, nel caso dell’Albania, stranamente, c’è un sostegno al primo ministro. Lui che è, almeno, il rappresentante istituzionale di una nuova dittatura, espressione di una altrettanto pericolosa alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali. Chi scrive queste righe non si stancherà mai di ripeterlo. Con simili ipocrisie delle cancellerie occidentali si aggravano e si appesantiscono ulteriormente le sofferenze degli albanesi. Sì, perché anche quelle ipocrisie servono da sostegno ai dittatori. Proprio quelli che cavalcano avanti e indietro su tigri da cui non possano scendere. Perché, secondo Wiston Churchill, quelle tigri diventano sempre più affamate.

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