
Continua da più un anno la protesta in difesa del Teatro nazionale di Tirana
Peccare di silenzio, quando bisognerebbe protestare, fa di un uomo un codardo.
Ella Wheeler Wilcox
È passato ormai un anno dall’inizio della più lunga protesta quotidiana, tuttora in corso, svolta in Albania. E forse rappresenta un caso più unico che raro anche in altre parti del mondo. Una protesta pacifica che ogni sera si svolge nel pieno centro di Tirana. È la protesta alla difesa del Teatro Nazionale.
Nei primi giorni del febbraio 2018 il primo ministro albanese ha fatto sapere la sua intenzione di demolire il Teatro Nazionale per costruire alcune torri in cemento armato. Il che ha suscitato subito la reazione degli artisti e dei cittadini che cominciarono a protestare. Si tratta di un vero e proprio affare corruttivo, clientelistico, di abuso del potere, di speculazione edilizia e ormai, dati e fatti alla mano, sembrerebbe che si tratti anche di riciclaggio di denaro sporco. In tutto ciò il primo ministro, recidivo, non ha fatto altro che ritentare con arroganza e aggressività, da una posizione di forte potere [abusivo] istituzionale, quello che non era riuscito a fare anni fa. Aveva sempre fallito in una simile impresa, grazie alla resistenza e alle proteste degli artisti e dei cittadini, prima come ministro della cultura e poi come sindaco di Tirana agli inizi degli anni 2000. Da un anno ormai lui sta riprovando con tutti i modi di averla vinta. Ragion per cui dal 15 giugno 2018 ad oggi, nella piazzetta del Teatro Nazionale, in pieno centro di Tirana, ogni sera si protesta pacificamente contro questo diabolico, corruttivo, criminale e personale progetto del primo ministro.
L’edificio del Teatro Nazionale, progettato da un noto architetto italiano in stile razionalista e costruito nel 1938, ha un indiscusso valore storico e culturale. Bisogna sottolinea che l’Albania, fino al 1912, era un territorio lasciato al controllo dei feudatari locali, alle periferie dell’impero ottomano. Tirana invece veniva proclamata capitale nel 1920. Fino ad allora era una città di alcune migliaia di abitanti. Dalle testimonianze storiche risultava una città con delle abitazioni basse, costruite soprattutto con mattoni di terra battuta e circondate da alberi. L’urbanizzazione della capitale e le prime costruzioni degli edifici amministrativi e pubblici sono cominciate negli anni ’30 del secolo passato, per opera di noti urbanisti e architetti italiani,tra cui anche l’edificio che diventò, nel 1947, il Teatro Popolare, per poi divenire il Teatro Nazionale dopo il crollo della dittatura comunista.
L’autore di queste righe scriveva un anno fa che “…Il Teatro Nazionale non è semplicemente un edificio e basta. Il Teatro Nazionale rappresenta la storia della nascita e dell’evoluzione di tutte le arti sceniche in Albania. Quell’edificio, progettato da noti architetti italiani a fine anni ’30 del secolo passato, dal 1945 in poi è stata la culla di tutte le scuole artistiche albanesi. Lì hanno debuttato l’orchestra filarmonica, il circo e il teatrino delle marionette. Il Teatro rappresenta, però, anche un importante aspetto umano, spirituale ed emozionale, non solo per gli attori e altri che hanno lavorato lì, ma per tante altre persone di diverse generazioni. Il Teatro è parte integrante della storia della capitale, dichiarata come tale soltanto nel 1920. Perciò abbattendo quell’edificio, si abbattono, si distruggono e si perdono per sempre tutti questi valori. Semplicemente per far guadagnare miliardi ad alcuni farabutti…. ” (Patto Sociale n.316).
Nonostante tutto, un anno fa il primo ministro, per riuscire nel suo progetto, è andato oltre ogni limite. Ha portato in parlamento una legge speciale per approvare la demolizione del Teatro Nazionale. Una legge assurda da ogni punto di vista, in palese violazione con quanto prevede la Costituzione e le leggi in vigore. Una legge che urtava anche con quanto prevedono le normative europee, essendo l’Albania un paese che mira all’adesione nell’Unione europea. Una legge che, essendo “speciale” però, cercava di “scavalcare” le procedure normali e farsi approvare in fretta. E così è stato. In piena estate dell’anno scorso, con soltanto i voti della maggioranza governativa, è stata approvata la legge “speciale”, fortemente voluta dal primo ministro. Il presidente della Repubblica però, a fine luglio 2018, non decretò la legge “speciale” per la demolizione del Teatro Nazionale. In più il presidente, con un lungo documento e in un modo del tutto esauriente, ha reso note tutte le spiegazioni e le argomentazioni legali che lo hanno portato ad una simile decisione.
Le pressioni sul primo ministro per desistere da un simile progetto aumentavano. Pressioni che arrivavano anche dalle strutture dell’Unione europea, da noti media internazionali, nonché da gruppi e/o singoli artisti e specialisti europei. Ha reagito anche la nota organizzazione Europa Nostra, collaboratrice ufficiale dell’UNESCO e di altre istituzioni europee, che rappresenta una ben strutturata e folta rete di altre organizzazioni che si occupano del patrimonio culturale in Europa. La sua reazione si riferiva alle assurde, ridicole e del tutto infondate pretese del primo ministro, dei suoi ubbidienti luogotenenti e della propaganda governativa. Pretese che negavano del tutto il valore storico, culturale, architettonico e spirituale dell’edificio del Teatro Nazionale. In una sua lettera, il 19 giugno 2018, indirizzata al primo ministro, il presidente esecutivo di Europa Nostra considerava “allarmante la decisione di demolire il Teatro Nazionale”. Egli evidenziava anche che quell’edificio ha un “importante valore culturale e architettonico in Europa”. Gli unici che non hanno detto niente contro questo abusivo e osceno progetto del primo ministro albanese sono stati, come sempre, i soliti “rappresentanti internazionali”. Come sempre, loro non vedono, non sentono e non capiscono niente in casi simili, in cui si coinvolgono il primo ministro, le istituzioni governative e/o chi per lui. Chissà perché?!
In seguito, durante l’autunno 2018, con dei palesi trucchi e inganni legali, i deputati della maggioranza approvarono in modo definitivo la legge “speciale” per la demolizione del Teatro Nazionale. Nel frattempo, la protesta quotidiana cominciata il 15 giugno 2018 è continuata ad oltranza e pacificamente e così sarà finché non ci sarà garantita definitivamente la sua incolumità. E mentre continua, questa protesta è stata ed è una sfida e una prova anche per i diretti interessati. E cioè per gli artisti e altri del mondo del teatro. Durante quest’anno di protesta molti di loro hanno venduto l’anima per dei piccoli e meschini interessi del giorno. Perché il primo ministro e i suoi, per annientare la protesta, hanno messo in gioco molti mezzi, milioni compresi. Questa protesta ha mostrato anche degli interessi perfidi, di non pochi rappresentanti e attivisti della castrata “società civile”. Quei mercenari, avidi del microfono e della pubblicità, hanno seguito soltanto i loro interessi personali e non della società!
Chi scrive queste righe è convinto che la protesta per la difesa del Teatro Nazionale deve tanto alle anime nobili dei semplici cittadini e di alcuni artisti e registi. Egli pensa che quanto accade ogni sera sulla piazzetta del Teatro è la metafora di quello che accade quotidianamente in Albania. Egli è inoltre speranzoso perché, invece di peccare in silenzio, da più di un anno semplici cittadini responsabili, non essendo codardi come altri, protestano per una causa giusta. Potrebbe essere un buon inizio di un lungo e indispensabile cammino democratico contro la restaurazione della dittatura.