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Ignavi per viltà, oppure volutamente parte del Male?

Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.

Dante Alighieri; Divina Comendia, Inferno; Canto III/58-60

 “…Lasciate ogni speranza o voi che entrate!” (nel testo originale: “…Lascite ogne speranza, voi’ch’intrate”; Inferno, Canto III/9). Così si legge alla fine di un breve testo che precede il terzo canto dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. Tutto si svolge nell’Antinferno, ovvero nell’oltretomba. Un luogo quello dove si trovano le anime degli ignavi, persone senza volontà ed energia morale, ai quali Dante ha dedicato il suo terzo canto dell’Inferno. Sono tutti quelli che durante la propria vita “…non operarono né il bene né il male, per loro scelta di vigliaccheria”. Il Sommo Poeta scriveva anche “…che questa era la setta d’i cattivi, a Dio spiacenti e a’nemici sui – che questa era la schiera dei vili, che spiacquero tanto a Dio, quanto ai suoi nemici” (Inferno III/61-63). Egli era convinto, riferendosi agli ignavi, che erano come “…questi sciaurati che mai non fur vivi – questi sciagurati che non vissero mai veramente” (Inferno; III/64). La loro condanna, nell’oltretomba, era quella di essere “…punti e tormentati da vespe e mosconi, che gli fanno colare il sangue dal volto, il quale cade a terra mischiato alle loro lacrime e viene raccolto da vermi ripugnanti.” (Inferno; III/65-69). E proprio lì, oltre l’ingresso dell’oltretomba, a Dante sembrò di aver visto e riconosciuto “…l’ombra di colui che per viltà fece il grande rifiuto” (Inferno; III/59-60). Sono in tanti gli studiosi di Dante, i quali credono che, con questi versi, egli si riferiva a Pietro Angelerio del Morrone, un monaco eremita, che, nel luglio 1294, dopo ventisette mesi di difficili e inconcludenti sedute del Conclave, diventò papa con il nome di Celestino V. Ma il suo pontificato durò soltanto pochi mesi, perché nel dicembre 1294 Papa Celestino V diede le sue dimissioni. Ma quei versi di Dante, che si riferiscono a “colui che per viltà fece il grande rifiuto”, possono benissimo riferirsi a tante altre persone, in tutti i tempi e in diversi Paesi del mondo. Persone che, con il loro comportamento non operano, oppure “…non operarono né il bene né il male, per loro scelta di vigliaccheria”, come scriveva Dante. Il che genera situazioni tali che possano creare gravi danni, non solo a poche persone, ma ad una intera popolazione.

Il 25 marzo scorso in Italia è stato celebrato il Dantedì, proclamata nel 2020 come la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri (1265-1321). Una scelta non casuale della data visto che molti studiosi del Sommo Poeta riconoscono in quella data l’ingresso nell’oltretomba di Dante e del suo maestro, Virgilio, l’autore dell’Eneide. Un ingresso maestosamente descritto dal poeta nel terzo canto dell’Inferno. In più, quest’anno ricorreva anche il settimo centenario della morte di Dante Alighieri, riconosciuto ormai anche come il padre della lingua italiana.

Ma il 25 marzo scorso ricorreva anche un’altro importante avvenimento; il 64o anniversario della firma dei Trattati di Roma. Era proprio il 25 marzo 1957, quando in Campidoglio a Roma, nella sala degli Orazi e Curiazi, sono stati firmati due importanti documenti. Si trattava di quegli atti che hanno sancito la costituzione di quella che ormai è diventata l’Unione europea. Il primo atto riguardava l’istituzione della Comunità economica europea (CEE), mentre il secondo atto la fondazione della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA), conosciuta come l’Euratom. I Trattati sono stati firmati dai rappresentanti dei sei paesi fondatori (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Olanda). Con la sottoscrizione di quei due importanti documenti prese vita quel visionario progetto ideato da più di dieci anni prima, in piena seconda guerra mondiale. Il Manifesto di Ventotene, scritto nel 1941, ne è una testimonianza. In seguito, nel 1951 prese vita la Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Sessantaquattro anni dopo la firma dei Trattati di Roma, l’Unione europea, composta da ventisette Stati europei membri e altri che ne hanno presentato la domanda di adesione, è diventata una funzionante realtà. Tutto ciò è dovuto anche alla lungimiranza e alla determinazione dei Padri Fondatori della Europa unita. L’autore di queste righe scriveva proprio quattro anni fa che “…La grande idea dei Padri Fondatori per un’Europa Unita si potrebbe sintetizzare, tra l’altro, nelle parole di Altiero Spinelli”. Spinelli, il quale era convinto della necessità di “…creare una sorta di Stati Uniti d’Europa”, perché, come scriveva lui, “…Solo in questo modo centinaia di milioni di esseri umani avranno la possibilità di godere di quelle semplici gioie e di quelle speranze che fanno sì che la vita valga la pena di essere vissuta”. (Doverose riflessioni; 27 marzo 2017).

Ma, purtroppo, non sempre le cose funzionano come avevano previsto e voluto i Padri Fondatori. Per vari e ben diversi motivi. Basta pensare all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Un processo quello, noto anche come Brexit, che si ufficializzò dal referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea, svoltosi il 23 giugno 2016. Dopo circa quattro anni di trattative sulle modalità, finalmente il 31 dicembre 2020 il Regno Unito non è più ufficialmente uno Stato membro dell’Unione europea. Bisogna però, anzi è doveroso, ammettere anche che nell’arco di questi ormai sessantaquattro anni, non sempre i massimi rappresentanti delle varie istituzioni di quella che attualmente è l’Unione europea hanno rispettato, come previsto, i loro obblighi istituzionali. Non sempre essi hanno preso le decisioni giuste e non sempre hanno agito nell’interesse dell’Unione, vista come un insieme di Paesi membri, nonostante abbiano ceduto parte della loro sovranità, ma bensì, hanno deliberato nell’interesse di parte. Quanto è accaduto e sta accadendo durante questo difficile periodo di pandemia ne è una dimostrazione. Non sempre i massimi rappresentanti e gli alti funzionari delle istituzioni dell’Unione europea, soprattutto quelli della Commissione, sono stati oggettivi e “non influenzati” nelle loro decisioni prese e nelle loro dichiarazioni ufficiali pronunciate pubblicamente. E questo non solo nell’ambito dei diritti e i doveri comunitari dei Paesi membri. Ma anche e soprattutto, nell’ambito dei processi di allargamento dell’Unione ad altri Paesi.

Una dimostrazione di ciò ne è il caso dell’Albania. L’autore di queste righe, da anni ormai, sta evidenziando sia le ingiustificabili preferenze dei massimi rappresentanti della Commissione europea, dal 2014 ad oggi, espresse anche, ma non solo, nei rapporti annuali di progresso, redatti dalla Commissione e indirizzati alle altre istituzioni dell’Unione europea, per essere pressi in considerazione durante i rispettivi processi decisionali. Egli, altresì, considera il comportamento “ambiguo” degli alti rappresentanti europei, soprattutto quelli della Commissione, come molto preoccupante e dannoso. Sia per gli effetti diretti causati, che per le derivate conseguenze. Da anni ormai l’autore di queste righe ha trattato spesso, per il nostro lettore, il comportamento da “ignavi” e le preoccupanti conseguenze, per gli albanesi e per l’Albania, dell’operato non solo dei massimi rappresentanti e i funzionari di vari livelli delle istituzioni dell’Unione europea. Ma anche di quelli che egli solitamente chiama come i “rappresentanti internazionali”. Tutti quelli, nonostante cambiano nome, rimangono simili nell’atteggiamento e nelle loro “preferenze” di parte. Sia quelli in Albania che gli altri, nelle sedi delle istituzioni dell’Unione europea ed oltreoceano. E guarda caso, sempre la parte da loro scelta è quella rappresentata dal primo ministro albanese. Da colui che, da anni ormai, ha volutamente ignorato le sue responsabilità e i suoi obblighi istituzionali, scegliendo determinato la connivenza con la criminalità organizzata, locale ed internazionale, e con certi raggruppamenti occulti, anche quelli locali ed internazionali. (Anime in vendita anche a Bruxelles, 24 settembre 2018; Di male in peggio, 21 ottobre 2019 ecc.). Lo stesso atteggiamento, i rappresentanti della Commissione europea e quelli in Albania lo stanno dimostrando con quanto stanno facendo anche adesso, durante queste ultime settimane prima delle elezioni del 25 aprile prossimo in Albania. Loro “non vedono, non sentono e non capiscono niente” della realtà vissuta e sofferta dai cittadini, mentre parlano e si riferiscono ad una realtà immaginaria. Proprio quella realtà “fabbricata’ negli uffici del primo ministro e della sua ben potente propaganda. A scapito, però, dei cittadini albanesi.

Chi scrive queste righe, riferendosi agli alti rappresentanti della Commissione europea e/o ai soliti “rappresentanti internazionali” in Albania, è convinto che abbiano agito e stanno tuttora agendo per “viltade”, rifiutando di rispettare i loro obblighi istituzionali. Egli è convinto che tutti loro, per viltà, oppure per ben altre “ragioni”, sono schierati consapevolmente dalla parte del Male. Cosi facendo però, hanno scelto il “Grande Rifiuto”, quello di non rispettare i loro obblighi istituzionali e di non schierarsi dalla parte del Bene e degli interessi degli albanesi onesti. Chi scrive queste righe non sa con certezza, però, se loro siano degli ignavi per viltà, oppure sono diventati volutamente parte del Male. A loro la risposta. Ma anche se siano soltanto degli ignavi per viltà, le loro anime soffriranno lo stesso nell’oltretomba, “…punti e tormentati da vespe e mosconi, che gli fanno colare il sangue dal volto…”. Come lo descriveva Dante, nel suo terzo canto dell’Inferno.

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