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Indispensabile cambiamento, ma come e da chi

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa; “Il gattopardo”

Così disse Tancredi allo zio, il principe Fabrizio Salina, che ancora non aveva deciso quello che si doveva fare, mentre Garibaldi e i suoi stavano avanzando sul territorio dell’isola. Quanto accadeva in Sicilia nel 1860 è stato maestosamente raccontato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo famoso romanzo “Il gattopardo”. Era un periodo di grandi trasformazioni in tutto il paese. Si stava andando verso l’Unità d’Italia, lasciando dietro il passato legato ai Borboni. Era il tempo in cui Garibaldi, partito dalla Sardegna all’inizio di maggio del 1860 con la sua spedizione dei Mille, era già sbarcato a Marsala, in Sicilia, e stava conquistando l’isola.Tancredi, un giovane avvenente, chiaro nelle sue idee e aspettative, aveva deciso di unirsi al movimento di Garibaldi, convinto dell’inevitabilità della caduta dei Borboni e dei sicuri vantaggi che le nuove classi emergenti avrebbero avuto appoggiando i nuovi venuti. Le cose stavano cambiando e a questi cambiamenti si dovevano adattare anche i nobili siciliani. Compreso il principe Fabrizio Salina.

Dopo quasi un secolo e mezzo anche l’Albania ha vitale bisogno di un indispensabile, vero e duraturo cambiamento. Ma la domanda che viene naturale è: chi lo farà questo cambiamento in Albania? Di certo non lo possono fare quelli che governano adesso, i figli e i nipoti dei dirigenti della dittatura comunista. Non lo possono fare neanche gli arrivisti e i “parvenu” che si aggrappano al potere politico a tutti i costi e senza moralità alcuna. Non lo possono fare i castrati rappresentanti della società civile a servizio del potere politico, che traggono ingenti finanziamenti e altri vantaggi per gli ordinati servizi resi. E neanche altri “attivisti” che si spacciano come contrari alle ingiustizie di ogni genere. Quelli che l’unica capacità che hanno è quella di “annusare l’evento propizio” e di essere presenti, inghiottendo i microfoni e urlando a squarciagola per “rendersi visibili ed importanti” e alzare il prezzo. L’indispensabile cambiamento in Albania non lo possono fare neanche certi rappresentanti non convincenti dell’attuale opposizione politica, i quali, da alcuni anni a questa parte, hanno costantemente dimostrato di non essere in grado di suscitare la fiducia dei cittadini, causando, invece, la delusione, l’indifferenza, l’apatia e tanto altro. Perché le promesse fatte e mai mantenute portano a tutto ciò. No! Nessuno di loro lo può fare. Perché il vero cambiamento in Albania potrebbe venire soltanto da persone responsabili, oneste e con integrità.

Chiunque conosca la storia e la realtà albanese, leggendo “Il gattopardo” trova, inevitabilmente, delle similitudini caratteriali tra i siciliani e gli albanesi. Nel bene e nel male. Dovuto al loro passato, sia quello sotto l’impero ottomano durato cinque secoli, che quello sotto la dittatura comunista, gli albanesi non hanno sviluppato la loro coscienza civile e la loro sensibilità riguardo ai propri diritti e doveri di liberi cittadini. Perciò anche adesso non riescono a rendersi conto e non reagiscono per i loro diritti calpestati e/o negati. Ovviamente non tutti gli albanesi sono indifferenti e apatici riguardo alle loro sorti. Ma non sono pochi neanche gli altri che, per vari motivi, non riescono a ragionare e/o reagire. Forse la mentalità ereditata di obbedire e servire il “potente di turno”, invece di reagire da persone libere, fa la sua parte. E finché gli albanesi non conosceranno i propri diritti, partendo da quelli innati, come il diritto della vita e della libertà, essi non riusciranno mai neanche ad essere e agire da persone libere. E perciò, continueranno a subire.

Come accadeva nella Sicilia raccontata da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, dove i siciliani, subendo diverse occupazioni e domini, erano diventati indifferenti, adattandosi alla situazione, senza agire. Era convinto di tutto ciò il principe Fabrizio Salina. Era convinto che i siciliani non potevano cambiare perché, secondo lui, i siciliani si erano adattati agli invasori. Il che aveva annientato la loro voglia di fare e di agire, procurando soltanto indifferenza, apatia e ozio. E quella convinzione il principe gliela disse a modo suo, pacatamente ma chiaramente, anche al rappresentante della corona Sabauda, venuto appositamente per proporgli di essere senatore del Regno. Proposta che il principe rifiutò con garbo, perché era convinto che quello che stava accadendo non era altro che la ripetizione di quanto era accaduto nell’isola più volte nel corso della sua storia. Senza cambiare niente e nessuno.

Come niente realmente sta cambiando in Albania. Perché ormai l’Albania si trova di nuovo sotto una nuova dittatura. Una dittatura che si nasconde dietro una subdola e ingannevole parvenza di democrazia. Il che la rende alquanto pericolosa, anche perché si basa sulla connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e con alcuni clan occulti di una certa oligarchia.

In Albania ormai, dopo quasi trent’anni dalla caduta dell’atroce regime comunista, si stanno distruggendo e stanno cadendo, uno dopo l’altro, i pilastri della democrazia. Quei pilastri dei quali parlavano ed insistevano tanto Platone e Aristotele già più di duemila anni fa. Pilastri che aveva ben definito quasi tre secoli fa Montesquieu, il quale era convinto dell’imperativo “Il potere arresti il potere”. E si riferiva ai tre poteri, i veri pilastri della democrazia: il potere legislativo, quello esecutivo e il potere giudiziario. In Albania ormai sono caduti due dei pilastri. Dopo che il primo ministro, fatti alla mano, ha messo sotto controllo il Parlamento, cioè il potere legislativo, facendolo diventare un suo notaio, adesso lui controlla anche quello giudiziario. Soltanto quanto sta accadendo durante questi ultimi mesi prova senza ambiguità alcuna che il primo ministro controlla personalmente tutte le procure, partendo dalla Procura Generale e la Procura per i Crimini Gravi. Perciò la Riforma della Giustizia, che doveva cambiare sostanzialmente e significativamente il sistema, rappresenta ormai un eloquente ed inequivocabile esempio di come hanno volutamente ed intenzionalmente cambiato tutto per non cambiare niente.

Chi scrive queste righe ricorda quanto diceva il principe Fabrizio Salina, personaggio principale de “Il gattopardo”. E cioè che “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra”. Il simbolismo è molto significativo e vale non solo per la Sicilia e i siciliani nel periodo dell’Unità d’Italia. Chi scrive queste righe pensa che la convinzione del principe Fabrizio “Il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di “fare”. […] Il sonno è ciò che i siciliani vogliono”, possa servire, nei nostri giorni e per altre popolazioni, come cosa da non fare assolutamente. Guai ad un popolo che non fa niente e dorme! Ammonimento che vale anche e soprattutto per gli albanesi, costretti di rivivere un nuovo periodo di dittatura. Chi scrive queste righe è convinto che quanto diceva Tancredi allo zio, il principe Fabrizio Salina, debba essere un chiaro messaggio che devono tenere presente tutti gli albanesi responsabili e consapevoli. Adesso e nei giorni a venire. E cioè che bisogna impedire, costi quel che costi, a tutti quei farabutti politici che stanno cercando di fare lo stesso: cambiare tutto per non cambiare niente.

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