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La storia insegna ma…

…Non è la stessa cosa essere peccatori ed essere corrotti, è ben diverso.

Papa Francesco

Così ha detto ieri (8 dicembre n.d.r.) il Santo Padre, durante la sua preghiera nel corso dell’Atto di venerazione dell’Immacolata a Piazza di Spagna a Roma. Ieri è stato celebrato il 165o anniversario della proclamazione del dogma della Chiesa cattolica, quello dell’Immacolata Concezione. Un dogma proclamato l’8 dicembre 1854 da papa Pio IX con la bolla “Ineffabilis Deus”. Ieri, rivolgendosi a Maria Immacolata, Papa Francesco ha detto: “E così tu ci rammenti che non è la stessa cosa essere peccatori ed essere corrotti: è ben diverso. Una cosa è cadere, ma poi, pentiti, rialzarsi con l’aiuto della misericordia di Dio. Altra cosa è la connivenza ipocrita col male, la corruzione del cuore, che fuori si mostra impeccabile, ma dentro è pieno di cattive intenzioni ed egoismi meschini”. Sottolineando così la differenza tra i peccatori e i corrotti, additando quest’ultimi.

L’8 dicembre segna una ricorrenza anche nella storia dell’Albania. Proclamata la “Festa della Gioventù” dal Parlamento nel 2009, è una ricorrenza che ricorda l’avvio della prima protesta degli studenti dell’Università di Tirana contro il regime comunista. Era l’8 dicembre del 1990, proprio 29 anni fa. Quel giorno un gruppo di studenti e di docenti dell’università, con la loro protesta, hanno segnato una data molto importante e significativa nella storia recente albanese. Si tratta della prima protesta pacifica, chiamata “Il Movimento studentesco”, che ha dato inizio ad un processo inarrestabile, culminato poi con il crollo di una delle dittature comuniste più feroci conosciute dalla storia dell’umanità. Quella dell’8 dicembre 1990 era una vera e propria protesta contro il sistema. Allora gli albanesi indignati e arrabbiati si sono ribellati contro il regime e hanno vinto. Da allora sono passati 29 lunghi anni. Sono successe tante, tantissime cose, belle e meno belle. Ma sono state fatte anche molte, moltissime cose sbagliate, le cui conseguenze pesano tanto anche adesso, condizionando e ostacolando il normale processo democratico dell’Albania, avviato simbolicamente quell’8 dicembre 1990.

L’autore di queste righe, riferendosi a quei memorabili avvenimenti, scriveva il 9 dicembre 2015, per il nostro lettore, che quella era una data con un particolare significato simbolico. “…Era proprio l’8 dicembre 1990 quando cominciò il crollo della dittatura comunista in Albania. Erano gli studenti dell’Università di Tirana che diedero il segnale, ribellandosi contro il giogo comunista. Entro pochi giorni gli studenti furono affiancati da decine di migliaia di cittadini. Così cominciò e si attuò la fine di un regime sanguinario 25 anni fa”.

In seguito, 28 anni dopo quel dicembre 1990, nel dicembre 2018 gli studenti delle università di Tirana sono scesi di nuovo in piazza. Protestavano contro il governo e le istituzioni responsabili, chiedendo agevolazioni economiche e trattamenti finanziari ragionevoli per loro. Riferendosi a quelle proteste, l’autore di queste righe scriveva il 10 dicembre 2018 “…Tornando alla protesta degli studenti di questi ultimi giorni, tuttora in pieno svolgimento, non si può non ricordare la protesta dell’8 dicembre 1990. Si tratta della protesta per eccellenza, della protesta che ha messo in ginocchio la dittatura comunista in Albania. L’8 dicembre 1990 rappresenta il giorno che diede inizio alla caduta del più sanguinoso e intollerante regime comunista in Europa. E anche quella protesta cominciò con delle richieste “economiche”, per poi passare a delle richieste politiche, come la richiesta non negoziabile del pluralismo politico e del pluripartitismo”.

Di nuovo dicembre. Adesso, 29 anni dopo la ribellione degli studenti e dei cittadini albanesi, i quali con le loro proteste hanno scosso e rovesciato la dittatura comunista in Albania, la storia si ripete. Purtroppo adesso, 29 anni dopo, in Albania si sta restaurando una nuova, subdola, ma non per questo meno pericolosa dittatura. Una dittatura che si sta camuffando dietro un pluralismo di facciata, ideata e attuata dal primo ministro e/o da chi per lui. Adesso in Albania governano i diretti discendenti dei dirigenti e degli alti funzionari della dittatura comunista, crollata dopo le massicce proteste di 29 anni fa. Ma a differenza dei genitori e dei parenti stretti, adesso i loro rampolli governano in connivenza con la criminalità organizzata e certi clan occulti. Ragion per cui l’attuale regime che si sta restaurando ogni giorno che passa è più pericoloso di quello costituito in Albania nel 1945 e durato per 46 lunghi e soffertissimi anni. La storia insegna sempre. Ma purtroppo ci sono coloro che sfruttano gli insegnamenti da essa tratti per far rivivere quello che è stato di negativo, dannoso e che ha causato tante sofferenze. Come il primo ministro albanese e i suoi sostenitori, che con la mentalità e i metodi della dittatura, stanno orientando nuovamente il percorso del paese verso il passato. Superando così anche i loro insegnanti e inventando nuove, pericolose e allarmanti connivenze. Ma, purtroppo, dalla storia recente non sono riusciti a trarre insegnamento neanche coloro che, con la loro indifferenza e la loro apatia stanno permettendo che tutto ciò possa accadere: i cittadini albanesi.

Adesso, fatti alla mano, una persona sola controlla quasi tutte le istituzioni dello Stato. E sempre fatti alla mano, quella persona ha dimostrato da sempre, almeno da quanto è stato “inserito” nella politica attiva in Albania, le peggiori qualità che dovrebbe avere colui che dirige un governo e gestisce la cosa pubblica. Quella persona, fatti alla mano, sembrerebbe stia beneficiando anche di certi “sotterranei sostegni internazionali”, sia istituzionali che altri. E grazie anche a quei sostegni, ultimamente lui è riuscito a mettere sotto il suo personale controllo il “riformato” sistema della giustizia. Tutto ciò, dopo aver avuto il pieno e incondizionato controllo del Parlamento, dal febbraio di quest’anno, dopo che i deputati dell’opposizione hanno rassegnato il loro mandato parlamentare. E dopo aver fatto lo stesso con la maggior parte dei media, quelli più diffusi, pubblici e privati. E se questa non è una dittatura, allora cos’è?!

Il nostro lettore è stato informato la scorsa settimana del devastante terremoto che ha colpito il territorio albanese il 26 novembre scorso. Purtroppo, oltre alle 52 vittime e i tanti e ingenti danni materiali, il terremoto ha messo a nudo anche la quasi totale mancanza dello Stato. Il terremoto ha evidenziato, senza mezzi termini, la falsità della propaganda governativa, personalmente diretta dal primo ministro, che con delle continue bugie e falsità aveva “dipinto” una realtà immaginaria, che niente aveva e ha a che fare con la vera, vissuta e sofferta realtà albanese. Il terremoto però ha “impedito” anche ai massimi rappresentanti dell’opposizione di ricordare e  celebrare l’8 dicembre. Come hanno fatto ogni anno. Chissà perché questa “dimenticanza”?! Il terremoto non poteva essere una scusa. Così come neanche alcune “apparizioni mediatiche” tra i terremotati, potevano sostituire una dovuta e dignitosa cerimonia per celebrare la ricorrenza dell’8 dicembre 1990.

Chi scrive queste righe pensa che adesso, come 29 anni fa, il popolo sovrano dovrà di nuovo ribellarsi e scendere in piazza. Perché la storia insegna che questo è l’unico modo per combattere contro la dittatura. Cambiando anche il ben noto slogan di allora “Vogliamo l’Albania come tutta l’Europa”. Ormai è tempo che i cittadini capiscano la differenza tra dire e fare e l’importanza del fare. Perciò i cittadini devono gridare convinti “Facciamo l’Albania come tutta l’Europa!”. E bisogna che essi capiscano anche che non è la stessa cosa essere peccatori ed essere corrotti. Peccatore potrebbe essere ognuno di loro, che si possa poi pentire. Ma corrotti sono pochi. Sono coloro che purtroppo gestiscono attualmente la cosa pubblica.

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