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Messinscena ingannatrice con una conferenza anticorruzione

Era come un gallo che pensava che il sole sorgesse per ascoltarlo cantare

George Eliot

La parabola dei vignaioli malvagi è una tra le tante altre che Gesù raccontava ai suoi discepoli. Una parabola che si trova nei Vangeli di Matteo, Marco e Luca. Gesù racconta di un uomo che aveva piantato una vigna nel suo terreno. Un giorno il proprietario della vigna decise di partire per un viaggio. Diede perciò la vigna in affitto a dei contadini vignaioli. Il che significava che al tempo della raccolta dell’uva loro dovevano tenere una parte della produzione per se e tutto il resto lo dovevano consegnare al proprietario. Ma i perfidi contadini decisero di tenere tutto per se e non dare niente ai servi mandati dal proprietario della vigna. E così fecero. L’evangelista Matteo ci racconta che “…i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono.” (Mt. 21; 35). La stessa sorte subirono anche altri servi mandati dal proprietario della vigna. Poi lui mandò suo figlio per prendere la sua parte della raccolta. “Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.” (Mt.21; 38–39). Poi l’evangelista ci racconta che Gesù domandò ai suoi discepoli: “Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?”. Ed essi risposero: “Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo.” (Mt.21; 38–39). Gesù capì da quella risposta che i discepoli non avevano letto le Scritture e spiegò loro il vero significato della parabola. Facendo riferimento al simbolismo della “pietra” scartata dai costruttori che era diventata una pietra portante, una “pietra d’angolo”, Gesù disse ai discepoli: “…. a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato” (Mt. 21; 43–44). Ma in realtà Gesù voleva dare un chiaro e perentorio messaggio ai veri peccatori e malvagi; i capi sacerdoti e i farisei. Loro capirono benissimo a chi si rivolgevano quelle parole della parabola. Ce lo racconta l’evangelista. “Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta” (Mt. 21; 45–46).

Neanche tre mesi dalla sua elezione, Papa Francesco, durante l’omelia nella cappella di Santa Marta in Vaticano, il 3 giungo 2013, si riferì proprio alla parabola dei vignaioli malvagi. L’obiettivo era quello di mettere in evidenza la differenza tra i peccatori, i santi e i corrotti. Un obiettivo che, visto quanto accade nel mondo in cui viviamo, va ben oltre i cristiani della Chiesa, ai quali si rivolgeva il Pontefice. L’obiettivo comprende anche tanti altri e soprattutto quelli che hanno ed esercitano delle responsabilità istituzionali e politiche. Perché dal loro modo di comportarsi quotidianamente con quelle responsabilità si potrebbero fare delle cose buone ed utili. Ma si potrebbero generare tante sofferenze umane, tante ingiustizie e tanti abusi con la cosa pubblica. Durante l’omelia nella cappella di Santa Marta in Vaticano, il 3 giungo 2013, Papa Francesco ha fatto riferimento ed ha commentato proprio la parabola dei vignaioli malvagi. Il Pontefice ha detto che “La parabola, però, ci parla di un’altra figura, di quelli che vogliono impadronirsi della vigna e hanno perso il rapporto con il padrone della vigna”. Che è il Signore. E poi ha sottolineato che “Queste persone si son sentite forti, si sono sentite autonome da Dio. Questi, pian pianino, sono scivolati su quella autonomia, l’autonomia nel rapporto con Dio: ‘Noi non abbiamo bisogno di quel Padrone, che non venga a disturbarci!’”. Papa Francesco era convinto ed ha ribadito perentorio e senza nessun equivoco, che “Questi sono i corrotti!”. Si, sono proprio i corrotti che, per il Santo Padre, “erano dei peccatoti come tutti noi, ma hanno fatto un passo avanti, come se fossero proprio consolidati nel peccato: non hanno bisogno di Dio!”. La ragione, secondo il Papa, è “…perché nel loro codice genetico c’è questo rapporto con Dio. E siccome questo non possono negarlo, fanno un dio speciale: loro stessi sono dio”. Sono proprio quelli, “sono i corrotti”. E poi ha aggiunto che “…Nelle ‘comunità cristiane’ i corrotti pensano solo al proprio gruppo”. E, riferendosi alle Sacre Scritture, il Pontefice ha fatto riferimento ad uno dei “corrotti per eccellenza”, Giuda Iscariota. Secondo il Pontefice Giuda “… da peccatore avaro è finito nella corruzione”. Non solo ma “…i corrotti diventano adoratori di se stessi. Quanto male fanno i corrotti nelle comunità cristiane! Che il Signore ci liberi dallo scivolare su questa strada della corruzione!”. Era convinto Papa Francesco, pronunciando queste parole durante l’omelia nella cappella di Santa Marta, il 3 giungo 2013.

La corruzione è stata ed è tuttora una piaga sociale puzzolente ed infettiva in diversi Paesi del mondo. Anche in Albania dove, in questi ultimi anni, sta divorando tutto. Purtroppo si tratta di una vera, vissuta, sofferta e molto preoccupante realtà. Da alcuni anni ormai l’autore si queste righe, dati e fatti accaduti, pubblicamente noti e ufficialmente denunciati alla mano, ha informato il nostro lettore di una simile realtà. E, siccome si tratta di una realtà che riguarda chi esercita poteri politici ed istituzionali, partendo dai più alti livelli, tutto diventa molto allarmante. Una realtà quella legata alla galoppante corruzione in Albania, che sta mettendo sempre più in grosse difficoltà il primo ministro, che è anche la persona di massima responsabilità, almeno istituzionale, e la sua potente propaganda governativa. Una realtà che mette in difficoltà anche i soliti “rappresentanti internazionali” in Albania, che purtroppo da anni hanno chiuso “occhi, orecchie e cervello” di fronte ad una simile, soffocante e paralizzante realtà, che si sta pericolosamente evolvendo ogni giorno che passa. Bisogna, a tutti i costi, offuscare la realtà e, se possibile, annientare questa percezione pubblica di una simile realtà. Ragion per cui hanno ideato ed attuato l’ennesima buffonata propagandistica. La hanno denominata la Conferenza nazionale anticorruzione ed è stata la solita messinscena ingannatrice, alla quale hanno partecipato tutti, il primo ministro, i suoi “ubbidienti ministri” ed altri dirigenti istituzionali. Ovviamente non potevano mancare neanche i soliti “rappresentanti internazionali”. Tutto si svolse il 13 giugno scorso, in una grande sala, riempita da “desiderosi partecipanti” dell’amministrazione pubblica, che hanno svuotato tutti gli uffici per essere presenti alla prima Conferenza nazionale anticorruzione!

Il primo ministro albanese, intervenendo in quella conferenza, ha cercato di ingannare, come sempre e come suo solito, quando si trova in difficoltà. E trattandosi di una realtà ben nota a tutti, anche a quelli che parlano e scrivono in lingue diverse da quella albanese, perciò che non si può nascondere, il primo ministro e/o chi per lui, hanno scelto una ben studiata “strategia d’approccio”. Strategia che trattava la corruzione come un fenomeno a livello mondiale. Ma soprattutto che in Albania la corruzione si presenta come “un sistema dei rapporti del cittadino con lo Stato”! Lo ha detto il primo ministro, durante il suo discorso all’apertura di quella messinscena ingannatrice denominata come la prima Conferenza nazionale anticorruzione. Si proprio così! Mentre in Albania, ma non solo, si sa bene che la corruzione è un cancro che sta divorando tutto il tessuto sociale. In Albania la corruzione realmente, datti e fatti accaduti e che stanno accadendo, fatti documentati, pubblicati e ufficialmente denunciati alla mano, si presenta come consapevole comportamento di colui che ha, esercita ed fa uso abusivo di un potere politico e/o istituzionale della cosa pubblica. In più, e non poteva essere altrimenti, il primo ministro, durante tutto il suo discorso nell’ambito della buffonata propagandistica denominata la prima Conferenza nazionale anticorruzione, ha fatto quello che gli riesce fare senza nessuna difficoltà. E cioè mentire ed ingannare come se niente fosse. Senza batter ciglio, ha parlato di “vistosi successi nella lotta contro la corruzione” (Sic!). E siccome di solito, quando lui si trova in difficoltà, e questo sta accadendo sempre più spesso, lui non riesce a controllare il suo subconscio, anche durante il suo discorso ha parlato del sistema “riformato” della giustizia. La saggezza umana ci insegna che la lingua batte dove il dente duole. E si sa che in Albania il sistema “riformato” della giustizia è ormai controllato personalmente dal primo ministro e/o da chi per lui. Questo è un dato di fatto, pubblicamente noto e che quanto è accaduto e/o sta accadendo anche in questi ultimi giorni, testimonia proprio questa realtà. “Chi lo avrebbe pensato pochi anni fa che la giustizia in questo Paese avrebbe punito delle persone di alto rango?” (Sic!). Così ha detto “orgoglioso” il primo ministro durante il suo intervento. Mentre si sa benissimo che il sistema “riformato” della giustizia tutto potrà fare tranne che punire delle “persone di alto rango”. Non sarà questo forse un “incoraggiamento” che il primo ministro fa a se stesso, visto che nel suo subconscio sono accumulati e stivati tanti incubi dovuti ad altrettante malefatte ed abusi del potere conferito? Anche perché il primo ministro, di fronte ad un sistema di giustizia indipendente, con dei procuratori e giudici veramente professionisti, avrebbe avuto delle grossissime difficoltà, se non impossibile, giustificare tutta la sua ricchezza, almeno quella pubblicamente nota.

Ma durante quella messinscena ingannatrice denominata proprio come la prima Conferenza nazionale anticorruzione, di successi nella lotta contro la corruzione non ha parlato solo il primo ministro albanese. A lui e alle sue dichiarazioni ha fatto eco anche quanto ha detto l’ambasciatrice statunitense. Ma anche questo ormai non stupisce, nonostante si tratti della corruzione in Albania. Proprio di quella corruzione che nel rapporto ufficiale, per il 2021 sull’Albania, del Dipartimento di Stato statunitense, il diretto datore di lavoro dell’ambascitrice, pubblicato il 12 aprile scorso si affermava che “il governo non ha applicato in maniera effettiva la legislazione che prevede condanne penali per corruzione agli ufficiali pubblici”. Nel sopracitato rapporto sull’Albania per il 2021, si afferma che “…La corruzione è stata diffusa in tutti i settori del governo e gli ufficiali [pubblici] spesso sono stati coinvolti in pratiche corruttive senza essere stati puniti”! In più veniva affermato che “Il livello delle indagini penali per gli ufficiali [pubblici] di alto rango è rimasto basso”. Questo e molto altro ancora è stato evidenziato nel rapporto ufficiale del Dipartimento di Stato statunitense sull’Albania, per il 2021. Mentre l’ambasciatrice statunitense in Albania durante la prima Conferenza nazionale anticorruzione ha detto che “…il governo ha aumentato la sua dedizione nella lotta contro la corruzione” (Sic!). Anzi lo ha considerata come una “stragrande dedizione”! Poi si è messa a pronunciare dei complimenti esagerati e del tutto fuori realtà, anzi, come se fossero pronunciati da qualche “leccapiede” del primo ministro. Come se niente fosse, l’ambasciatrice statunitense ha detto che “…al primo ministro albanese viene richiesto di parlare dell’Ucraina, oppure di altre questioni, perché l’Albania ha un peso”. Si ha un “peso”, ma come un Paese dove la corruzione la fa da padrona. Mentre per l’ambasciatrice la sala riempita, come di solito accade in tutte le dittature e i regimi totalitari, significa che “il governo albanese si è molto dedicato contro la corruzione, in una maniera che sorpassa la precedente dedizione.” (Sic!). A questo punto viene naturale la domanda: chi ha ragione e chi mente ufficialmente, il Dipartimento di Stato o l’ambasciatrice statunitense?! Perché non possono essere vere, allo stesso tempo, tutte è due le valutazioni fatte e pubblicamente espresse.

Chi scrive queste righe avrebbe avuto molti altri argomenti da trattare con la dovuta oggettività e spiegare che la “dedizione del governo nella lotta contro la corruzione in Albania” fa ridere anche i polli. Invece la prima Conferenza nazionale Anticorruzione svoltasi il 13 giugno scorso in Albania era semplicemente una messinscena ingannatrice. Mentre, anche in questa occasione, il primo ministro sembrava come un gallo che pensava che il sole sorgesse per ascoltarlo cantare.

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