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Predicano i principi della democrazia ma poi…

Prima di parlare domandati se ciò che dirai corrisponde a verità, se non provoca male
a qualcuno, se è utile, ed infine se vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire.

Buddha

La settimana appena passata è stata carica di caldo afoso in tutta l’area mediterranea e nei Balcani. La settimana appena passata è stata carica anche di riunioni del Consiglio europeo. Il 22 giugno scorso a Lussemburgo si è riunito il Consiglio degli Affari generali, una struttura del Consiglio europeo, sancita dai trattati dell’Unione e composta dai ministri degli Esteri e Affari europei degli Stati membri. Tra i compiti del Consiglio vi è anche quello di orientare le decisioni sull’allargamento dell’Unione che dovrà prendere in seguito il Consiglio europeo. Ragion per cui uno dei temi trattati dal Consiglio degli Affari generali il 22 giungo scorso è stato proprio l’allargamento dell’Unione europea con i Paesi dei Balcani occidentali. Alla fine della riunione, il Consiglio ha deciso di rinviare la convocazione della prima conferenza intergovernativa sia per l’Albania che per la Macedonia del Nord. Lo ha dichiarato la Segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei e presidente del Consiglio Affari generali, avendo il Portogallo la Presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Lei ha ribadito che “…Nonostante tutti gli sforzi [fatti], non è stato possibile mettersi d’accodo per avere una data, per la Macedonia [del Nord] e per l’Albania, per aprire i negoziati”. La decisione del 22 giungo scorso è stata condizionata dal veto posto dalla Bulgaria alla Macedonia del Nord. Un veto condizionato da alcune richieste ufficializzate e fatte presenti da alcuni anni. Richieste che hanno a che fare con le appartenenze nazionali, con le lingue e con la storia. Si tratta, infatti, di due popolazioni che hanno molto in comune. Sono popolazioni che, fino a diventare parte dell’Impero ottomano, facevano parte dell’Impero bulgaro, costituito nel settimo secolo dai proto-bulgari e da alcune altre popolazioni slavo-meridionali. La Bulgaria e la Macedonia sono state divise solo alla fine della seconda guerra balcanica (giugno – luglio 1913; n.d.a.). Dopo la sconfitta del regno della Bulgaria da parte del regno della Serbia quest’ultimo, in seguito al Trattato di Bucarest (agosto 1913; n.d.a.), si impadronì di quasi tutti i territori che attualmente costituiscono la Macedonia del Nord. La Bulgaria è convinta però della nazionalità bulgara dei macedoni. Tra i due Paesi c’è anche il contenzioso che riguarda alcuni eroi storici della guerra contro l’Impero ottomano. In più la Bulgaria ha ufficialmente chiesto alla Macedonia del Nord di non fare riferimento alla “lingua macedone” ma alla “lingua ufficiale della Repubblica della Macedonia del Nord”. Un’altra richiesta è quella di ottenere garanzie che la Macedonia del Nord non rivendichi più delle proprie minoranze sul territorio bulgaro. Sono queste le condizioni poste dalla Bulgaria alla Macedonia del Nord. Soltanto dopo l’adempimento di tutte queste richieste la Bulgaria toglierà il veto che blocca il percorso europeo della Macedonia del Nord.

Per la prima volta il veto bulgaro ha condizionato anche il percorso europeo dell’Albania. E per la prima volta i ruoli si sono convertiti. Sì, perché durante questi ultimi anni era l’Albania che, non avendo regolarmente esaudito le condizioni poste dal Consiglio europeo, bloccava anche il percorso europeo della Macedonia del Nord. Questo in base ad una decisione presa e confermata anche un anno fa dai capi di Stato e di governo dei Paesi membri del Unione europea. Decisione quella che sancisce la non divisione del percorso europeo dei due Paesi balcanici. Però adesso, “stranamente” e per la prima volta, da quando è diventato un Paese candidato all’adesione nell’Unione europea, l’Albania risulta abbia effettuato l’adempimento di tutte le quindici condizioni sine qua non poste dal Consiglio europeo il 25 marzo 2020! Veramente strano, anzi, troppo bello per essere vero, visto che la vera realtà, quella vissuta e sofferta quotidianamente in Albania, dimostra proprio il contrario. Lo dimostra e lo testimonia senza ombra di dubbio quanto è accaduto dal 25 marzo 2020 ad oggi in Albania. La situazione è stata cambiata sì, ma è ulteriormente peggiorata. Dalle quindici condizioni sine qua non poste il 25 marzo 2020 dal Consiglio europeo all’Albania, solo una è stata parzialmente esaudita. Quella della ricostituzione, dopo circa tre anni e con tutte le gravi conseguenze, della Corte Costituzionale. Corte che ancora oggi non ha il pieno numero dei giudici costituzionali, come previsto dalla stessa Costituzione albanese. Mentre tutte le altre quattordici condizioni sine qua non rimangono come erano a fine marzo 2020. E nonostante ciò, “stranamente”, per i massimi rappresentanti dell’Unione europea e dei singoli Stati membri, il governo albanese ha fatto dei “miracoli”. Ragion per cui tutti i ministri, membri del Consiglio degli Affari generali, il 22 giugno scorso non hanno presentato obiezioni, anzi, hanno espresso la loro opinione positiva sull’Albania. Secondo loro “…l’Albania ha soddisfatto tutti i criteri per [aprire] i negoziati”! Una simile ed entusiastica opinione l’aveva espressa alcuni giorni prima anche uno dei due relatori del Parlamento europeo sull’Albania, un’eurodeputata portoghese del Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo. Lo stesso Gruppo al quale aderisce anche il partito socialista albanese, capeggiato dall’attuale primo ministro. Secondo la relatrice, la decisione che doveva prendere il Consiglio europeo sull’Albania doveva rispecchiare tutti “…i progressi fatti dal Paese”. E poi lei esprimeva la sua ferma convinzione che per l’Albania “…Il Consiglio degli Affari generali deve pianificare la prima conferenza intergovernativa”. Perché, sempre secondo lei “…la buona volontà del popolo albanese nei confronti dell’Unione europea merita, lo stesso, questo sviluppo”! Chissà però a quale “sviluppo” si riferiva la relatrice sull’Albania del Parlamento europeo?! Anche il Commissario per l’Allargamento e la Politica di vicinato della Commissione europea, subito dopo la decisione presa dal Consiglio degli Affari generali, il 22 giugno scorso, ha dichiarato che “…quando si parla dell’Albania e della Macedonia del Nord, si è fatto molto durante i mesi passati, arrivando ad un evidente progresso”! Chissà però cosa considera progresso il Commissario per l’allargamento nel caso dell’Albania?! Ma lui, almeno, non poteva non riconfermare una “situazione tutta rose e fiori”, una “situazione di continui progressi”, come ripetutamente è stata definita negli annuali Rapporti di progresso della Commissione europea la situazione albanese dal 2016 fino al 2021. Anzi, lo aveva dichiarato lui stesso, il Commissario europeo per l’Allargamento il 1o giugno 2021, a nome della Commissione europea. Secondo lui “…l’Albania ha adempiuto tutte le [quindici] condizioni poste dal Consiglio [europeo] nelle sue conclusioni del 25 marzo 2020 per la convocazione della prima conferenza intergovernativa…”.

Il radicale ed inatteso cambiamento dell’opinione sull’Albania, sia dei massimi rappresentanti dell’Unione europea, sia di quelli dei singoli Stati membri, è stato spiegato il 10 maggio scorso, a Bruxelles, dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza. Lui ha dichiarato, convinto, che i Balcani occidentali rappresentano “…una regione chiave con importanza geostrategica in Europa e per l’Europa”. Ragion per cui, secondo lui “…non aspetteremmo più due anni, ma neanche due mesi, finché facciamo rientrare i Balcani occidentali nell’agenda dell’Unione europea”. Più chiaro di così! Il che spiegherebbe anche il radicale ed inatteso cambiamento dell’opinione, per delle ragioni di “importanza geostrategica”, dei massimi rappresentanti dell’Unione europea e dei singoli Stati membri sull’Albania. Anche la decisione del parlamento olandese, il 16 giugno scorso, è stato un “chiaro segnale” di questo totale/radicale ed infondato cambiamento d’opinione. L’autore di queste righe ha trattato questo argomento la scorsa settimana (Una decisione che contrasta pienamente con la realtà; 21 giugno 2021). Egli ha trattato per il nostro lettore, non di rado, anche l’argomento delle “ragioni geostrategiche”. In un articolo egli scriveva che “…Sono proprio quei rappresentanti internazionali che fanno finta di niente anche per quanto riguarda il percorso europeo dell’Albania. Mettendo così a repentaglio la sensibilità e la fiducia degli albanesi nei confronti dell’Unione europea” (Stabilocrazia e democratura; 25 febbraio 2019).

Chi scrive queste righe pensa che è importante parlare e predicare la sacralità dei principi della democrazia, ma soprattutto è importante permettere che siano attuati quei principi. Ovunque! Principi sui quali sono fondati tutti i Paesi evoluti del pianeta. Ma è disonesto però e del tutto non convincente predicare i principi della democrazia e poi, in realtà, calpestare proprio quei principi, per delle ragioni di “importanza geostrategica”. Significa semplicemente predicare bene e razzolare male. Come stanno cercando di fare adesso i massimi rappresentanti dell’Unione europea e dei singoli Stati membri nei Balcani occidentali. Trascurando i criteri di Copenaghen ed altri criteri posti ai singoli Stati candidati, si trascurano i principi della democrazia, sacri per molti Paesi fondatori, altri Paesi membri dell’Unione ed quelli oltreoceano. Così facendo si trascura la restaurazione dei regimi totalitari e si chiudono gli occhi, le orecchie ed il cervello di fronte ai modi dittatoriali dei nuovi despoti balcanici. Così facendo si chiudono gli occhi, le orecchie ed il cervello di fronte alla pericolosa, crescente e attiva collaborazione tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti locali ed internazionali. Così facendo si permette il consolidamento ed il funzionamento del cosiddetto State capture, cioè la cattura dello Stato nei Paesi balcanici. Albania compresa, anzi in prima fila. Perciò sarebbe utile a tutti i massimi rappresentanti dell’Unione europea e dei singoli Stati membri, i quali usano due pesi e due misure, fare uso della saggezza di Buddha. Per loro è valido il suo consiglio. E cioè che “Prima di parlare domandati se ciò che dirai corrisponde a verità, se non provoca male a qualcuno, se è utile, ed infine se vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire.”.

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