International

Preoccupanti avvisaglie dai Balcani

Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate,

ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.

Martin Luther King

A volte una sola fotografia può svelare delle verità che tanti altri, con la demagogia e con i potenti mezzi di propaganda, cercano di deformare, di annebbiare e di nascondere. Un’inequivocabile e significativa testimonianza è stata evidenziata la scorsa settimana. Una fotografia scattata durante un vertice a Belgrado, svoltosi il 3-4 novembre scorso, ha svelato una verità che si stava cercando con tutti i modi di nasconderla. Una verità che da anni però era stata pronunciata, ma mancavano ancora delle convincenti e esaustive evidenze per togliere ogni dubbio e crederla.

La scorsa settimana a Belgrado si è tenuto un vertice di tre tra i sei Paesi dei Balcani occidentali. L’anfitrione, il presidente della Serbia, insieme con i suoi due ospiti, il primo ministro albanese ed il vice primo ministro della Macedonia del Nord, si sono incontrati ed hanno discusso tra di loro. Non era presente il primo ministro macedone, come al solito in tutti gli altri precedenti incontri, perché il 31 ottobre scorso aveva annunciato le sue dimissioni subito dopo la pesante sconfitta del suo partito nelle elezioni amministrative (17 e 31 ottobre 2021). Per due giorni a Belgrado si è parlato dell’iniziativa regionale riconosciuta adesso come i “Balcani Aperti” (Open Balcan). Gli obiettivi di base dell’iniziativa sono stati resi pubblici però circa due anni prima, il 10 ottobre 2019, a Novi Sad (Serbia), ma allora quella era stata battezzata come l’iniziativa del “Mini-Schengen balcanico”. Nome con il quale veniva identificata fino al 29 luglio 2021, per poi essere ribattezzata con il nome Open Balcan, durante il Forum di Skopje (Macedonia del Nord), per la cooperazione economica regionale. Bisogna sottolineare che a tutti i vertici che hanno trattato i contenuti e gli accordi del “Mini-Schengen balcanico”, prima e dopo l’iniziativa ribattezzata come Open Balcan, hanno partecipato soltanto i massimi rappresentanti di tre tra i sei Paesi dei Balcani occidentali. Si tratta del presidente serbo, del primo ministro albanese e del primo ministro macedone. Gli altri, quelli del Montenegro, della Bosnia ed Erzegovina e del Kosovo, hanno sempre rifiutato di partecipare, considerando l’iniziativa come non rappresentativa degli interessi dei propri Paesi. È necessario sottolineare che i “Balcani occidentali” sono semplicemente una denominazione “geopolitica”, più che una vera entità e realtà geografica. Nei Balcani occidentali vengono raggruppati la Serbia, la Macedonia del Nord, il Montenegro, la Bosnia ed Erzegovina, il Kosovo e l’Albania. Un raggruppamento quello di tutte le repubbliche dell’ex Jugoslavia, tranne la Slovenia, la Croazia ed il Kosovo, che allora era parte della repubblica serba. La denominazione “Balcani occidentali” è stata coniata, per la prima volta, da alcuni rappresentanti diplomatici francesi presso le istituzioni dell’Unione europea all’inizio degli anni 2000. Chissà perché?!

L’iniziativa Open Balcan, come quella sua simile del “Mini-Schengen balcanico” è stata presentata come un’iniziativa regionale che garantisce la libertà di circolazione delle merci, dei servizi, del capitale e delle persone. I suoi obiettivi mirano allo sviluppo ed al rafforzamento della collaborazione economica e commerciale tra i tre Stati aderenti, visto che gli altri tre hanno sempre rifiutato di partecipare. Durante l’ultimo vertice, quello di Belgrado della scorsa settimana, si è concordato, tra l’altro, di abbattere gli ostacoli e di abolire le barriere doganali tra i Paesi. In più, si prevede che i cittadini dei tre Paesi aderenti all’iniziativa possono circolare passando le frontiere con solo una carta d’identità. Da sottolineare però che tra la Serbia e l’Albania non c’è un confine comune. Ma la Serbia, non riconoscendo lo Stato del Kosovo e ribadendo che il Kosovo è parte integrante della Serbia, considera come suo confine con l’Albania proprio quello del Kosovo. Una situazione un po’ strana e contraddittoria questa, perché l’Albania è tra i primissimi degli altri 116 Paesi in tutto il mondo che, dal 2008 ad oggi, hanno riconosciuto lo Stato del Kosovo. In più suonano demagogiche tutte le dichiarazioni e diventano, perciò, strani tutti gli inviti dei massimi rappresentanti della Serbia per convincere il governo del Kosovo ad aderire all’iniziativa Open Balcan. Perché in quell’iniziativa aderiscono gli Stati sovrani ed indipendenti!

Subito dopo il sopracitato vertice di Novi Sad, il 10 ottobre 2019, quando è stata presentata per la prima volta l’iniziativa “Mini-Schengen balcanico”, ormai ribattezzata come Open Balcan, sono state tante e continue le critiche degli analisti politici e degli specialisti economici che si riferiscono a questa iniziativa. Analizzando le realtà economiche dei tre Paesi aderenti e le capacità produttive di ciascuno di loro, tutti sono concordi e  considerano l’iniziativa Open Balcan come una grande opportunità per la Serbia di approfittare economicamente, di garantire un’egemonia serba nella regione balcanica e altro ancora. In più, sono non pochi coloro che considerano l’iniziativa non necessaria, essendo ormai attive diverse altre iniziative ed accordi internazionali, firmati da tutti e sei i Paesi balcanici che permettono l’attuazione di quanto previsto dall’iniziativa Open Balcan. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò a tempo debito (Accordo ingannevole e pericoloso, 13 gennaio 2020; Bugie scandalose elevate a livello statale; 24 febbraio 2020 ecc…).

Una di quelle iniziative è nota come il “Processo di Berlino”. Si tratta di un’iniziativa tramite la quale si permette l’attuazione di una cooperazione intergovernativa sul tema delle infrastrutture e degli investimenti economici in Sud Est Europa. Un’iniziativa ufficializzata il 28 agosto 2014 a Berlino, proposta e fortemente sostenuta da allora in poi, non solo dalla Germania, ma anche da altri Paesi dell’Unione europea e dalle istituzioni dell’Unione. L’iniziativa “Processo di Berlino” prevede, come obiettivo fondamentale, la costituzione di un Mercato Comune Regionale sostenuto economicamente e finanziariamente dall’Unione europea. In più visto il promotore e quali appoggi istituzionali e governativi ha avuto e continua ad avere l’iniziativa “Processo di Berlino”, tutti gli analisti sono concordi che questa iniziativa rappresenta maggiori e durature garanzie anche per l’attuazione delle quattro cosiddette libertà europee. E cioè la libertà della circolazione delle merci, dei servizi, del capitale e delle persone. Ragion per cui l’iniziativa Open Balcan non è mai stata sostenuta ufficialmente né da molti governi degli Stati membri dell’Unione Europa e neanche dalle stesse istituzioni dell’Unione. E non a caso i rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea non sono stati presenti anche durante l’ultimo vertice della scorsa settimana a Belgrado.

A questo punto bisogna sottolineare che, in realtà, quanto si prevede dall’iniziativa Open Balcan non è una novità. I punti cardini e gli obiettivi di questa iniziativa sono stati ideati e resi noti già negli anni ’90 del secolo passato. Nel 1999, dopo il definitivo sgretolamento dell’ex Jugoslavia, è stato pubblicato un articolo che presentava quelli che, venti anni dopo, nel 2019, sono proposti come gli obiettivi dell’iniziativa prima denominata “Mini-Schengen balcanico” e attualmente nota come Open Balcan. L’autore di quell’articolo era George Soros, un multimiliardario speculatore di borsa statunitense e fondatore delle Fondazioni della Società Aperta (Open Society Foundations). In quell’articolo l’autore ribadiva che i Balcani “non si possono ricostruire sulle basi degli Stati nazionali”. Secondo lui “L’unico modo per [avere] la pace e la prosperità è la creazione di una società aperta in cui lo Stato esercita un ruolo meno dominante e dove diminuisce l’importanza delle frontiere”. Lui proponeva, altresì, riferendosi ai Balcani, che “La regione deve essere più vasta dell’ex Jugoslavia … e deve comprendere anche l’Albania”. L’autore dell’articolo prevedeva anche una serie di misure da intraprendere per attuare il suo progetto nei Balcani e confermava che tutte queste necessità “sono note e la mia rete delle Fondazioni della Società Aperta adesso è attiva in diversi campi [previsti] del programma”. Guarda caso, ventidue anni dopo, durante il vertice di Skopje del 29 luglio 2021, l’iniziativa “Mini-Schengen balcanico” veniva ribattezzata come l’iniziativa Open Balcans! Mentre i tre firmatari dell’iniziativa adesso, dopo venti e più anni, si presentano come ideatori di quell’iniziativa, presentandola come una novità (Sic!).

Le cattive lingue, da anni, stanno parlando dei legami di “amicizia personale” tra il fondatore delle Fondazioni della Società Aperta e i tre firmatari dell’iniziativa Open Balcan. Almeno il primo ministro albanese lo ha pubblicamente dichiarato il 23 settembre scorso, affermando che lui “è amico mio e sono fiero che l’ho come amico”! Dichiarazione d’amicizia fatta dopo che il primo ministro aveva pubblicato una fotografia fatta con il suo amico a New York, aggiungendo sotto anche la seguente dicitura: “A New York, con l’amico prezioso George Soros, una mente rara ed un incrollabile sostenitore della Società Aperta”. Ma, parlando di fotografie, durante il vertice della scorsa settimana a Belgrado è stata scattata e pubblicata una molto significativa. In quella fotografia si vedono, da un lato, il figlio di George Soros che “non si sa perché” era lì, mentre dall’altro lato i tre “amici” di suo padre, stando “sull’attenti” di fronte al figlioletto ereditario. Una fotografia quella che potrebbe dimostrare e testimoniare chi potrebbe essere, in realtà, il vero stratega delle iniziative in corso nei Balcani. Ed è proprio il caso di affermare che, a volte, soltanto una fotografia può svelare delle verità che tanti altri, con la demagogia e con i potenti mezzi di propaganda cercano di deformare, di annebbiare e di nascondere. Bisogna sottolineare che durante questi ultimi anni, alcune volte dietro le quinte, altre sul palco, il Soros junior è stato presente in tutti gli eventi che hanno a che fare con i progetti e le iniziative che riguardano i Balcani e che cambiano soltanto il nome.

Nel frattempo, nei Balcani si stanno evidenziando dei focolai di tensione e di conflitti armati. Prima in Montenegro, all’inizio di settembre. Poi, due settimane dopo, sul confine tra la Serbia ed il Kosovo. Mentre attualmente in Bosnia ed Erzegovina. Molti media internazionali ne hanno dato notizia. Per gli analisti si tratterebbe di conflitti basati su quella che viene chiamata come la strategia della “Grande Serbia”. Paragonandola con quella ben nota ormai come la strategia della “Grande Russia”. Il nostro lettore capisce anche chi potrebbe aver ispirato cosa. E capisce anche il grande pericolo che potrebbe rappresentare, non solo per i Balcani, una simile realtà!

Chi scrive queste righe ha spesso informato il nostro lettore sia sulla storia della regione balcanica, compresa quella degli ultimi anni, sia della drammaticità degli scontri etnici nella regione. Egli pensa che l’attuale situazione nei Balcani, da dove stanno arrivando delle preoccupanti avvisaglie, merita tutte le dovute e necessarie attenzioni, sia dalle istituzioni dell’Unione europea che da quelle oltreoceano. Attenzioni che, purtroppo, durante queste ultime settimane, almeno pubblicamente, sembrerebbero mancanti o, comunque, non quelle indispensabilmente dovute. A tutti coloro che hanno delle responsabilità istituzionali, ovunque siano, bisogna che venga ricordato, se non si ricordino, l’ammonimento [perifrasato] di Martin Luter King. Perché può darsi non siano ancora responsabili per la situazione nei Balcani, ma lo diventeranno se non fanno nulla per cambiarla.

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