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Proteste massicce che stanno mettendo in difficoltà un regime

I popoli ben governati e contenti non insorgono. Le insurrezioni, le rivoluzioni

sono la risorsa degli oppressi e degli schiavi e chi le fa nascere sono i tiranni

Giuseppe Garibaldi

‘La corruzione uccide’. Una breve frase che, dai primi giorni del novembre scorso, è diventata lo slogan delle proteste degli studenti in Serbia. Si tratta di quelle proteste iniziate subito dopo che, il 1° novembre, è crollata la tettoia all’ingresso della stazione ferroviaria di Novi Sad, una città che si trova nel nord della Serbia e dove passa anche la ferrovia che collega Budapest con Belgrado. Il crollo della tettoia causò 15 morti e circa 30 feriti.

Il 3 novembre, due giorni dopo la tragedia, in diverse città della Serbia sono cominciate le proteste. Nella capitale erano alcune centinaia, tra studenti e cittadini, che hanno protestato davanti alla sede del governo, per poi spostarsi al ministero delle Infrastrutture. I manifestanti, gridando che quello di Novi Sad era “un crimine, non una tragedia”, accusavano il governo di appalti truccati, di mancanza della trasparenza dovuta per legge e di corruzione. Gli studenti, che erano la maggior parte dei manifestanti del 3 novembre scorso a Belgrado, chiedevano proprio di desecretare tutti i documenti sull’appalto per la stazione ferroviaria di Novi Sad ed attivare subito un’indagine indipendente sul caso, nonché le dimissioni del primo ministro, del ministro delle Infrastrutture e del sindaco di Novi Sad. I manifestanti, con le loro mani impregnate di vernice rosso sangue, hanno lasciato le loro impronte sulle facciate delle istituzioni prima di disperdersi.

Da allora gli studenti, ma anche i cittadini, hanno continuato le loro proteste, sempre più massicce. Durante alcune di quelle proteste, che gli studenti chiamo “Blokade” (blocchi, n.d.a.), si mette in atto l’interruzione del traffico proprio alle 11.52, alla stessa ora in cui è crollata la tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad. Il 22 novembre scorso, a Belgrado, gli studenti della facoltà di Arte drammatica hanno protestato negli ambienti della facoltà. Una protesta pacifica quella degli studenti, i quali però sono stati aggrediti da agenti e civili, sostenitori del partito al potere. E nonostante i media non controllati dal regime del presidente serbo abbiano pubblicato i nomi di alcuni degli aggressori civili, nessuno di loro non è stato fermato dalla polizia. Come è successo anche in molti altri precedenti casi, prima della tragedia di Novi Sad, il 1° novembre scorso.

Bisogna sottolineare che la stazione ferroviaria di Novi Sad è stata ristrutturata, partendo dal 2021, con dei finanziamenti avuti dalla Cina, nell’ambito di quella che è nota come la Belt and Road Initiative (in italiano riconosciuta come la Nuova Via della Seta; n.d.a.). Un programma strategico del governo cinese, reso noto e ufficializzato nel 2013, che finanzia con più di 1000 miliardi di dollari statunitensi molti investimenti infrastrutturali in diversi parti del mondo. Compresa anche l’Europa. Bisogna altresì sottolineare che i lavori di ricostruzione della ferrovia e della stazione di Novi Sad erano stati affidati, dal governo serbo, ad un consorzio di ditte cinesi. Mentre il ministero delle Costruzioni, Infrastrutture e Trasporti, in palese violazione della legge in vigore sull’accesso all’informazione, ha respinto le richieste di avere informazioni sulla ricostruzione della stazione di Novi Sad. Invece, nonostante la ristrutturazione della stazione di Novi Sad non fosse ancora finita, nel 2022 la stazione è stata provvisoriamente aperta durante la campagna elettorale di quell’anno. Si trattava di un’attività elettorale del presidente serbo, accompagnato anche dal primo ministro ungherese (gli stessi di oggi), visto che la ferrovia collegava le due rispettive capitali. E subito dopo quell’attività la stazione è stata di nuovo chiusa per finire i lavori in corso. Finalmente la stazione ristrutturata è stata inaugurata e resa finalmente operativa nel luglio scorso.

Le proteste degli studenti e dei loro professori in Serbia sono continuate durante tutti questi mesi. A loro si sono aggiunti anche moltissimi cittadini, agricoltori con i loro trattori e tanti altri. Il 24 gennaio scorso in Serbia c’è stato un grande sciopero generale, con dei blocchi stradali sia a Belgrado che in altre città serbe. Ed in seguito alle continue proteste, il 28 gennaio scorso il primo ministro serbo ha presentato le sue dimissioni. Lo stesso ha fatto anche il sindaco di Novi Sad. Mentre altri due ministri, quello delle Costruzioni, Infrastrutture e Trasporti ed il suo collega del Commercio, si sono dimessi rispettivamente il 4 ed il 20 novembre scorso.

Il 27 gennaio 2025 gli studenti e tutti i loro sostenitori avevano bloccato per 24 ore una strada molto trafficata della capitale serba. In seguito a quella protesta e sotto la continua pressione delle precedenti proteste degli studenti, il presidente serbo, il 28 gennaio scorso, aveva dichiarato che era pronto “… a parlare con gli studenti; lo scontro non giova a nessuno”. Affermato, altresì, che stava preparando un “ampio e rapido progetto di rimpasto”. Ed era un progetto che prevedeva altri ritiri. Il 28 gennaio, annunciando le sue dimissioni, il primo ministro serbo, nato a Novi Sad e sindaco della città dal 2012 fino al 2022, ha dichiarato che “… come Governo è il momento di essere il più possibile responsabili”. Aggiungendo che “… per diminuire le tensioni fra noi e i manifestanti, ho preso la decisione di fare un passo indietro”. Dimissioni quelle sue che sono state solo una “formalità dovuta”, visto che tuttora non c’è un nuovo primo ministro della Serbia, mentre le dichiarazioni del presidente serbo sono rimaste solo tali, perché nessuna azione concreta è stata compiuta ad oggi.

Le proteste massicce in Serbia sono continuate anche durante le scorse settimane. L’ultima, in ordine di tempo, è stata quella di sabato scorso a Belgrado. Una protesta chiamata “15 per 15”. Sì, perché è stata  svolta per ricordare le 15 vittime della stazione di Novi Sad proprio il 15 marzo. E come sempre, in tutte le precedenti proteste, i partecipanti hanno osservato 15 minuti di silenzio per ricordare ed onorare le vittime della tragedia del 1° novembre scorso. Secondo le autorità i partecipanti erano poco più di 100.000 persone, mentre per gli organizzatori della protesta, sabato erano scesi in piazza non meno di 275.000 persone. Lo hanno confermato anche fonti mediatiche non controllate dal regime. Erano studenti, insegnanti e professori universitari, cittadini e agricoltori che hanno partecipato alla protesta. Molti di loro, non abitanti di Belgrado, sono arrivati la mattina del 15 marzo nella capitale, marciando a piedi, oppure usando le loro biciclette. Gli studenti che, ormai da più di quattro mesi, sono anche gli organizzatori delle proteste contro il regime del presidente serbo hanno ripresentato sabato scorso le loro quattro richieste. Loro chiedono alle autorità di rendere pubblici tutti i documenti riguardanti la ristrutturazione della stazione ferroviaria di Novi Sad. In più gli studenti chiedono alle strutture competenti di indagare su tutti coloro che sono stati coinvolti in ogni atto aggressivo contro i partecipanti alle proteste e di prendere le dovute misure previste dalle leggi in vigore. La sospensione dell’incriminazione degli studenti arrestati durante le proteste è un’altra richiesta degli studenti. Loro chiedono anche un aumento del 20% dei finanziamenti per l’istruzione superiore.

Il presidente serbo, dopo la massiccia protesta del 15 marzo scorso, ha dichiarato: “Ora, le autorità devono cogliere il messaggio portato dalle persone che sono arrivate oggi nella capitale”. Aggiungendo: “Dobbiamo cambiare e cambiare tutto ciò che ci circonda”. Compresa anche la possibilità di incontrare i manifestanti e di indire un referendum e nuove elezioni. Ma ha respinto le precedenti proposte per un governo di transizione, con il compito di preparare elezioni anticipate.

Chi scrive queste righe valuta che le proteste massicce stanno mettendo in difficoltà il regime. Aveva ragione Garibaldi. Sì, i popoli ben governati e contenti non insorgono. Le insurrezioni, le rivoluzioni sono la risorsa degli oppressi e degli schiavi. E chi le fa nascere sono i tiranni.

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