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Un misero e solitario perdente ed un crescente movimento in corso

Non aspetto mai di vedere un lavoro perfetto fatto da un uomo imperfetto.

Alexander Hamilton; Il Federalista

Era il dicembre del 1990. In quasi tutti i Paesi dell’Europa centrale ed orientale erano crollati i regimi totalitari comunisti. Tutto in seguito a quelle che, nel 1989, si chiamarono le Rivoluzioni delle Nazioni. I primi segnali erano stati dati però in Polonia, nel 1980, dalle manifestazioni degli operai nei cantieri navali di Danzica e dalla costituzione del sindacato indipendente Solidarność (Solidarietà). Ma era dopo la proclamazione nell’Unione Sovietica delle due dottrine politiche di Glasnost (Trasparenza) e di Perestrojka (Ristrutturazione) che nei Paesi dell’Est Europa sono stati fomentati e cominciati i primi movimenti contro i regimi totalitari. Nelle elezioni parlamentari del giugno 1989 in Polonia Solidarność, diventato partito politico, vinse tutti i seggi della Camera dei Deputati e 99 dei 100 seggi del Senato. Nell’ottobre 1989, durante una seduta del Parlamento ungherese si decise di avere elezioni parlamentari multipartitiche e l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Il 9 novembre 1989, una data che rimarrà nella memoria collettiva, crollò il muro di Berlino. Il 10 dicembre 1989, dopo delle massicce proteste pacifiche ad oltranza a Praga, crollò anche il regime comunista della Cecoslovacchia. Il 22 dicembre 1989 in Romania veniva giustiziato il segretario generale del partito comunista, catturato dopo il suo disperato tentativo di fuga ed in seguito alle massicce proteste a Bucarest ed in altre città. Cadeva così un altro regime. La stessa fine ebbe anche il regime comunista in Bulgaria, dopo le elezioni del giugno 1990. Simili sviluppi politici seguirono nei Paesi baltici, ai quali fu riconosciuta la loro indipendenza dall’Unione Sovietica nel settembre 1991. Il 1º dicembre l’Ucraina proclamò la sua indipendenza dall’Unione Sovietica dopo un referendum, per poi arrivare alla caduta definitiva del regime comunista nella stessa Unione Sovietica. Era il 25 dicembre 1991 quando, sul Cremlino, sventolò di nuovo dal 1917, la bandiera della Russia.

L’unico Paese dell’Est Europa nel quale ancora, nel 1991, governavano i comunisti era l’Albania. Ma anche in Albania le proteste contro la dittatura comunista cominciarono già nel 1990, in seguito alle influenze delle Rivoluzioni delle Nazioni in altri Paesi del blocco comunista. Era proprio l’8 dicembre 1990 quando gli studenti dell’Università di Tirana scesero numerosi in piazza per protestare contro il regime. Proteste, alle quali subito dopo si sono uniti i cittadini della capitale. Alcuni giorni dopo, l’11 dicembre 1990, in uno degli edifici del campus universitario si riunirono i rappresentanti degli studenti, insieme con alcuni loro professori. Alla fine di quella riunione si costituì il primo partito d’opposizione in Albania, il partito democratico. Era il 12 dicembre 1990. In seguito il partito democratico organizzò le proteste contro la dittatura, costringendo i massimi suoi dirigenti a indire le prime elezioni pluripartitiche nel marzo 1991. Elezioni che però sono state manipolate e vinte dal partito comunista. Ma l’onda delle proteste massicce continuò e costrinse l’allora primo ministro a dimettersi nel giugno 1991. Seguirono due altri governi, uno il cosiddetto governo della stabilità fino a dicembre 1991 e l’altro un governo tecnico che doveva portare il Paese verso le nuove ed anticipate elezioni fissate per il 22 marzo 1992. In quelle elezioni il partito democratico albanese vinse 92 dei 140 seggi del Parlamento. Cominciò così, ventinove anni fa, il lungo e tortuoso periodo, ancora in corso, della transizione democratica dell’Albania. Ma purtroppo, non solo quel processo non è ancora terminato, ma dati e fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, in Albania, in questi ultimi anni è stato restaurato e si sta consolidando un nuovo regime totalitario. L’autore di queste righe da anni e spesso ha informato il nostro lettore di questa sempre più grave e preoccupante realtà.

Dal settembre 2013 al potere in Albania vi è il partito socialista, che è il diretto discendente politico del famigerato partito comunista albanese. Non solo, ma sempre dati alla mano, alcuni dei massimi rappresentanti del governo, compreso il primo ministro, nonché altri alti dirigenti delle istituzioni governative e statali in Albania, sono dei diretti discendenti e/o parenti dei dirigenti del partito comunista degli anni ’80 del secolo passato. E dal 2013 in poi il partito socialista sta diventando, sempre più, un partito nel quale tutto viene deciso dal suo capo, che è il primo ministro. Proprio tutto. Mentre gli altri ubbidiscono, sottomessi, ma in cambio di benefici abusivi e corruttivi. Una situazione questa che ormai è nota a tutti.

Il partito democratico albanese, dopo aver perso alle elezioni del 23 giugno 2013 e dopo le dimissioni irrevocabili del suo capo storico da ogni incarico istituzionale, purtroppo ha archiviato solamente delle sconfitte elettorali e non solo. Il partito democratico, dal 2013 in poi, con le sue decisioni politiche, ha semplicemente facilitato il “compito” al primo ministro nella sua folle, irresponsabile e pericolosa corsa verso il continuo consolidamento della nuova dittatura in Albania. Anche di questi preoccupanti sviluppi il nostro lettore è stato continuamente informato. Così come è stato sempre informato, dal 2017 in poi, anche delle dirette responsabilità politiche ed istituzionali dell’attuale capo del partito democratico di una simile e grave situazione sociale e politica in Albania. In più, e sempre dati e fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, il capo del partito democratico e dell’opposizione risulta essere più che un dirigente un usurpatore del partito. Le cattive lingue da tempo dicono che lui è stato selezionato e poi sostenuto per avere quell’alto ed importante incarico politico ed istituzionale dallo stesso sostenitore oltreoceano dell’attuale primo ministro. Le cattive lingue da tempo stanno ripetendo che l’usurpatore del partito democratico albanese è stato scelto per fare sempre la “stampella” al primo ministro. E, come spesso è accaduto e accade in Albania, le cattive lingue hanno avuto sempre ragione. Quanto è accaduto e sta accadendo testimonia che all’usurpatore del partito democratico è stato assegnato un duplice compito, per quanto possa sembrare strano ed improprio. Quello di sgretolare e rendere non funzionali le strutture del partito, con tutte le derivate conseguenze. Ma anche quello di inculcare l’indifferenza e l’apatia e di annientare lo spirito di ribellione e delle proteste degli albanesi contro le ingiustizie, le continue violazioni dei sacrosanti diritti dei cittadini, contro gli scandalistici abusi e la galoppante corruzione governativa. E fino ad ora quel duplice compito l’usurpatore del partito democratico è riuscito a farlo.

Fino ad ora però. Perché da alcuni mesi, ma soprattutto dallo scorso settembre, la posizione politica ed istituzionale dell’usurpatore sembrerebbe essere stata messa in serie difficoltà. Tutto dopo l’espulsione, con una decisione personale dell’usurpatore, in piena e palese violazione dello Statuto, il 9 settembre scorso, del capo storico del partito democratico dal gruppo parlamentare. Risulterebbe che questa decisione sia stata presa dietro dei ricatti fatti all’usurpatore del partito democratico in lingua inglese. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore di questi recenti sviluppi (Il doppio gioco di due usurpatori di potere, 14 giugno 2021; Usurpatori che consolidano i propri poteri, 19 Luglio 2021; Meglio perderli che trovarli, 13 settembre 2021; Agli imbroglioni quello che si meritano, 1 novembre 2021). La situazione è diventata così allarmante politicamente, ma anche con delle dirette conseguenze sociali, che nel partito democratico, dallo scorso settembre, si è messo in moto un crescente Movimento interno. Un Movimento guidato dal capo storico del partito, con un vasto e sempre in crescita sostegno della base, dei dirigenti locali delle strutture del partito e di non pochi deputati, contro l’operato dell’usurpatore del partito democratico e di alcuni pochi, pochissimi altri dirigenti del partito, suoi “fedeli”. Un operato del tutto in palese violazione dello Statuto del partito, fino al punto che anche i “fedeli” dell’usurpatore non sono stati eletti come prevede lo Statuto, ma sono semplicemente nominati da lui per servire, ubbidienti, il “benefattore”. Così facendo lui, il “benefattore”, ha trasformato, purtroppo, il partito democratico, sempre dati e fatti accaduti alla mano, in un’impresa famigliare molto rimunerativa. Godendo però anche della “magnanimità” del primo ministro e dei suoi. Che poi sono anche coloro che ne traggono non pochi benefici. Come risulterebbe sia da fonti mediatiche, ma anche dalle accuse dirette, documentate e pubbliche che, durante queste ultime settimane, sta facendo e denunciando il capo storico del partito in molti suoi incontri con la base sul tutto il territorio. Durante questi quasi tre mesi sono state depositate anche le firme della maggior parte dei delegati del Congresso del partito, come prevede lo Statuto, per convocare proprio il Congresso. Il numero delle firme sta aumentando con il tempo. Comunque, siccome è stata ormai superata la soglia prevista dallo Statuto del partito, la convocazione del Congresso straordinario, richiesto almeno da un quarto dei delegati, è stata fissata per l’11 dicembre prossimo. Anche il simbolismo vuole e merita la sua parte! Sì perché era proprio l’11 dicembre del 1990 quando si radunarono i rappresentanti degli studenti, insieme con alcuni loro professori, e costituirono il partito democratico albanese. Adesso, dopo trentuno anni, il partito ha un indispensabile bisogno di ricostituirsi sugli stessi principi messi nelle sue fondamenta nel dicembre 1990, quando si costituì per la prima volta. E fino all’11 dicembre sono rimaste soltanto tre settimane. Nel frattempo l’usurpatore del partito, quel misero e solitario perdente, si sente sempre più solo ed isolato dalla base, circondato soltanto da quei suoi pochi “fedelissimi”. E che, guarda caso, sta avendo però tutto il sostegno della potente propaganda mediatica del primo ministro, nonché dei suoi tanti “opinionisti” a pagamento, i quali, fino a pochi mesi fa hanno fatto dell’usurpatore del partito democratico un ridicolo bersaglio. Chissà perché questo cambiamento di “strategia” adesso, in queste ultime settimane?!

Chi scrive queste righe continuerà a seguire ed informare il nostro lettore su tutti questi sviluppi, cercando, come sempre ha fatto, di essere più oggettivo possibile. Egli è però convinto che si tratta di sviluppi che oltrepassano il partito democratico albanese per la loro importanza. Sono sviluppi che interessano tutti gli albanesi onesti e patrioti, vista la drammatica, preoccupante, pericolosa e sofferta realtà albanese. E siccome la base ideologica per la ricostituzione del partito democratico è quella del conservatorismo occidentale, bisogna tenere presente anche il pensiero politico di Alexander Hamilton, un conservatore per eccellenza e uno dei tre autori della raccolta dei saggi The Federalist (Il Federalista, pubblicato a New Your nel 1788; n.d.a.). Compreso quanto egli affermava sugli “imperfetti” – e l’imperfezione sarebbe solo uno dei ben altri difetti dell’usurpatore del partito democratico albanese – e cioè che non bisogna aspettare mai di vedere un lavoro perfetto fatto da un uomo imperfetto.

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