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La deriva democratica

La semplice riduzione numerica, approvata nel  2019, dei rappresentanti eletti al Parlamento, lasciando tuttavia inalterato il già fragile equilibrio tra i diversi poteri dello Stato, implicava velatamente una inconfessabile volontà di una deriva democratica verso un sistema sempre più oligarchico con al centro proprio il controllo del Parlamento, e quindi di uno dei massimi poteri dello Stato come quello legislativo.(*)

Va sottolineato, infatti, come il medesimo potere, ora attribuito ad un minore numero di parlamentari, di fatto ne accresca l’entità e il peso specifico della delega politica dello stesso rappresentante che lo esercita.

A questo, poi, si aggiunga come nei successivi tre anni dalla approvazione nessuna proposta di riforma elettorale, che riportasse al centro la possibilità di esprimere la volontà degli elettori, abbia visto la luce.

La sintesi di questa strategia ha portato ad un Parlamento con un minore numero di eletti, ma  sempre e comunque selezionati dalle segreterie dei diversi partiti e gestiti con liste bloccate, le quali vedono accrescere ancora di più il proprio potere. Una centralità così destabilizzante per  l’intero sistema democratico da influenzare pesantemente anche le stesse priorità dello stesso organo parlamentare.

Le segreterie di partito diventano così uno “stato nello stato”, con logiche politiche e priorità che troppo spesso non  corrispondono a quelle della collettività e dello Stato stesso. Prova ne sia che gli stessi sostenitori di questa riforma parlamentare, tra le motivazioni della sua approvazione, adducevano  anche una presunta riduzione dei costi delle due Camere.

Ora dal bilancio della Camera emerge come i costi complessivi risultino invariati anche con la riduzione degli stessi deputati. La oligarchia politica, espressione nello specifico del  potere delle segreterie dei partiti privo di ogni limitazione o bilanciamento, ormai si è insinuata subdolamente addirittura nello stesso assetto costituzionale, avvalendosi  anche del  controllo diretto esercitato su di un ridotto numero dei parlamentari sempre selezionati e proposti al corpo elettorale dallo stesso organo dirigente dei partiti.

Nel nostro Paese, quindi, la democrazia liberale si riduce ad un modello sempre più retorico  mentre continua la pericolosa deriva  verso una sempre più invasiva oligarchia delle segreterie dei partiti e degli interessi a loro collegati.

(*) ottobre 2019 https://www.ilpattosociale.it/politica/la-nuova-oligarchia-parlamentare/

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