L’ipocrisia sovranista
Troppi ancora credono che il sovranismo nazionale, cioè la legittima volontà di porre lo sviluppo del proprio Paese come primo obiettivo della politica governativa, abbia come strumento fondamentale e venga esercitata attraverso la gestione della propria valuta (la lira).
Sempre sulla base di questo schema ideologico si creerebbero le condizioni che permetterebbero un continuo processo di “svalutazione competitiva” la quale, se fornisce un vantaggio valutario a favore dell’export, dall’altra depatrimonializza tutti gli asset espressi in quella valuta svalutata, stipendi compresi.
Mentre ci si avvia verso un nuovo turno elettorale all’interno del quale fa capolino nuovamente un concetto sovranista “di prima il Veneto -la centralità delle Marche”, e comunque il pensiero di una tutela dell’intera Nazione Italiana ritorna al centro di tutte le retoriche espresse dai partiti come dal governo, l’azienda petrolifera IP viene ceduta ad un gruppo azero. Questa non rappresenta una semplice operazione finanziaria, la quale, come diretta conseguenza, avrà la riduzione del margine operativo nella politica strategica del governo italiano, ma l’azienda petrolifera viene acquisita dallo Stato dell’Azerbaigian che vuole assicurarsi, all’interno della propria politica energetica, un asset importante in terra italica.
Uno stato, che non fa parte dell’Unione Europea e che ha un conflitto aperto con l’etnia armena, acquisisce quindi un’azienda privata italiana nel settore energetico che rappresenta assieme alle politiche infrastrutturali e a quelle della Difesa la vera legittima espressione di una tutela degli interessi nazionali che qualcuno potrebbe definire come espressione di un nuovo sovranismo nazionale. Un’operazione peraltro che ha richiesto una dotazione finanziaria minima (2,5/3 miliardi) ma il cui impatto nella limitazione del potere espresso dall’istituzione italiane potrà essere ben più importante. Inoltre non va dimenticato che anche in questo modo si creano le condizioni per una crescita delle bollette energetiche la quale mina la qualità della vita delle famiglie e contemporaneamente la competitività nel mercato globale delle imprese.
In altre parole mentre gli stati, anche da noi lontani, continuano ad esprimere delle politiche “sovraniste” finalizzate ad assicurare il conseguimento dell’interesse nazionale nel campo energetico infrastrutturale e delle comunicazioni (*), l’Italia continua a cedere asset fondamentali. Per cui il sovranismo italiano, che si è espresso nella semplice nostalgica riesumazione di una sovranità monetaria, dovrebbe ritrovare la propria identità nella gestione e soprattutto nella salvaguardia degli asset fondamentali i quali contribuiscono a determinare la sovranità (espressione della legittima manifestazione della volontà degli elettori) di un qualsiasi stato. E, di conseguenza, anche dell’Italia.
(*) Si pensi alla acquisizione di Vodafone e Fastweb esercitata da Swisscom al 50% partecipata dallo Stato svizzero.




