Politica

Sentenza della Corte di Cassazione

Dario Rivolta

Tutti sappiamo, o almeno ne abbiamo sentito parlare, della saggezza di re Salomone. Costui dovendo decidere, tra due donne che ne rivendicavano entrambe la maternità, a chi affidare un bambino, propose di tagliare l’infante a metà affinché tutti fossero soddisfatti. Naturalmente la vera madre dichiarò di preferire rinunciare al figlio piuttosto che causarne la morte. Così per Salomone fu evidente da che parte stesse la verità.

La logica che l’antico sovrano applicò fu quella che noi oggi definiamo “intelligenza parallela” e cioè, anziché ricercare una soluzione tra leggi, codici e codicilli usò il semplice buonsenso e la vera intelligenza.

La questione sembra porsi come esempio anche nella recente sentenza della Corte di Cassazione che ha deciso che lo stato paghi un indennizzo ai migranti trattenuti per otto giorni su di una nave soccorso prima che questa ottenesse il permesso di attraccare ad un porto italiano.  Non vorrei qui, né potrei discutere nel merito strettamente giuridico della cosa, anche perché non sono a conoscenza dei dettagli della sentenza. Ciò che mi permetto, invece, di affermare è che, giuridicamente giusta o sbagliata quella sentenza, è ben difficile farla collimare con il buon senso e, a mio giudizio, con il senso ultimo della giustizia.

Qualcuno ha recentemente ipotizzato che grazie ai progressi dell’intelligenza artificiale anche la funzione dei giudici potrebbe diventare superflua: poiché tutte le leggi sono già scritte sembrerebbe sufficiente affidare il compito di emettere sentenze ad un computer che sicuramente (?) non sbaglierebbe.

In realtà, un computer può pure essere dotato di una inarrivabile intelligenza logica ma mai, poiché non gli sarebbe possibile, potrebbe utilizzare anche il buon senso.

Nel caso del processo in questione credo che proprio il buon senso e una intelligenza non aritmetica ci consiglierebbe di considerare anche questi fattori:

1 – gli emigranti in questione non erano, a stretto rigore, dei naufraghi e le loro vite non erano più in pericolo. Infatti, la nave soccorritrice aveva già provveduto a salvarli e rifocillarli. Nel momento in cui si trovavano su quella nave essi erano solamente delle persone qualunque che cercavano di entrare, senza averne ottenuto preventivamente il permesso, in un Paese straniero che non li aveva richiesti né desiderava la loro presenza.

2 – Il vero e proprio naufragio avvenne nelle acque libiche e tutte le persone in pericolo furono salvate da un rimorchiatore, il Vos Thalassa. Ricevuto quest’ultimo l’ordine delle autorità libiche di sbarcare in un loro porto nacque una ribellione violenta a bordo, cosa che costrinse il comandante a richiedere l’aiuto della nave italiana Diciotti. Quest’ultima dovette attraversare la zona di mare di competenza maltese e chiese l’autorizzazione allo sbarco in un loro porto, sicuramente “sicuro”. Tuttavia, le autorità dell’isola rifiutarono di lasciare attraccare la nave che si indirizzò così verso l’Italia. Il ministro Salvini autorizzò lo sbarco solo a condizione che i violenti fossero sottoposti a un processo ma la sua richiesta fu rifiutata.  I minori, e altre cinque persone considerate a rischio per la loro salute furono allora autorizzate a sbarcare e il comandante della nave fu invitato dalle autorità italiane competenti ad indirizzarsi verso altra destinazione sicura. Durante i sei giorni che, disubbidendo all’invito, il comandante rimase fermo in porto, la nave avrebbe potuto raggiungere qualunque altro porto del Mediterraneo, magari più volenteroso di accoglierli.

3 – L’allora Ministro degli Interni venne subito iscritto nel registro degli indagati per il reato di sequestro aggravato di persona insieme a Matteo Piantedosi, all’epoca suo capo di Gabinetto. Il fascicolo venne poi trasferito al Tribunale dei ministri, che però ne chiese l’archiviazione. Il tribunale ordinario tuttavia non accolse la richiesta trasmettendo l’incartamento al Senato per chiedere l’autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro. A febbraio 2019, la giunta per le autorizzazioni – con i voti della maggioranza Lega-M5S – respinse la richiesta bloccando di fatto l’iter giudiziario. Oggi, invece, la decisione della Cassazione di accogliere il ricorso di 41 migranti e concedere il risarcimento danni (stimato da 42.000 a 72.000 euro a persona). Se è pur vero che la magistratura resta indipendente dagli altri poteri istituzionali, è altrettanto vero che scelte strettamente politiche non dovrebbero essere sindacate dai magistrati, salvo che dalla Corte Costituzionale.

3 – il fenomeno dei flussi migratori verso l’Europa è indubbiamente un fenomeno epocale ma è chiaro a tutti che immigrazioni incontrollate e abusive sono foriere di forti disagi, se non peggio, per le popolazioni autoctone. È quindi facilmente intuibile il perché la maggioranza dei popoli europei cerchi di scoraggiarle. La scelta del governo italiano di impedire o almeno ritardare l’attracco di una nave con migranti clandestini a bordo fu una scelta politica con finalità deterrente. Tra l’altro, una scelta condivisa dalla stragrande maggioranza dei cittadini che, a suo tempo, avevano scelto i politici autori di quelle scelte.

4 – Come ha correttamente detto la Presidente del Consiglio Meloni una sentenza come quella recentemente emessa dalla Cassazione costituisce un precedente che potrebbe portare migliaia di altri immigrati clandestini ad avanzare la stessa richiesta di indennizzo causando così un pesante potenziale grave vulnus ai bilanci dello Stato. Non va sottovalutato l’effetto di incoraggiamento che tale sentenza potrebbe costituire per altri milioni di persone che ambirebbero ad entrare in Italia, e quindi in Europa, senza averne alcun titolo o diritto.

Non sono un giurista e quindi, come già detto, non intendo entrare nel merito legale ma se l’avvenimento riguardante Salomone, mito o realtà che fosse, un insegnamento doveva darci, sembra proprio che i giudici della Corte di Cassazione non ne abbiano tenuto conto.

Purtroppo, mi nasce uno spiacevole sospetto: che la scelta fatta da quei magistrati rientri nel filone della guerra che il potere giudiziario ha intrapreso contro quello politico per la decisione di quest’ultimo (a mio avviso necessaria) di separare le carriere dei magistrati giudici da quelli inquirenti.

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