In attesa di Giustizia: accostamenti blasfemi
In questi giorni si deciderà il destino di Ilaria Salis e da qualcuno, di fronte al rischio che l’Europarlamento le tolga l’immunità, ha fatto un accostamento blasfemo con Enzo Tortora che, da indiziato (come si diceva allora) di gravi reati, si candidò all’Europarlamento nelle liste dei Radicali diventando il simbolo tutt’ora vivente della battaglia per la giustizia: era già detenuto da un anno ed il suo noto volto televisivo divenne quello del dolore. Esattamente dodici mesi dopo l’arresto, nel giugno 1984, quando venne scarcerato, per prima cosa tornò a salutare il personale del carcere: e basterebbe questo per segnare un distinguo, sebbene il trattamento ricevuto dalla Salis nelle carceri ungheresi possa essere stato ben diverso da quello riservato a Tortora dalla nostra Penitenziaria.
Enzo Tortora, tre giorni dopo, era già a Strasburgo a fare il suo dovere di eurodeputato, e l’anno seguente fu condannato a dieci anni di reclusione con un processo ed una sentenza che costituiscono una vergogna nazionale e – come scrive Raffaele della Valle – hanno fatto perdere la faccia all’Italia: il Pubblico Ministero, pomposamente ed ingiustificatamente definito “il Maradona del diritto” poichè era solo un meschino mestatore di prove false a caccia di notorietà lo definì cinico mercante di morte e deputato coi voti della camorra…E fu allora che Tortora reagì come oggi riesce difficile anche solo concepire: si dimise dall’Europarlamento, rinunciò all’immunità, tornò agli arresti e da lì continuò la sua battaglia che lo condusse all’assoluzione, ma gli costò la salute e la vita, lasciando un’eredità pesantissima che portò a dei referendum sulla Giustizia che dovevano, volevano, cambiare lo stato delle cose. Ma non ci riuscirono.
Ilaria Salis semplicemente non è Tortora. Detto senza offesa, era una bambocciona da centro sociale con precedenti minori, incarcerata in Ungheria con un’accusa di violenze, lesioni ed appartenenza a un’organizzazione terroristica: di queste imputazioni poco sappiamo così come delle prove a suo carico ma ancor meno ne sapeva chi poi l’avrebbe votata; sappiamo che ha trascorso oltre un anno tra carcere e domiciliari, veniva portata in aula in ceppi – come accadeva anche da noi fino a pochi decenni fa – e sbucava da un’ombra, non cadeva da uno share televisivo senza precedenti e da quell’ombra è stata candidata ed eletta al Parlamento europeo il che le ha spalancato le porte dell’immunità, subito libera, con un seggio che è un salvacondotto e non una trincea morale. Naturalmente, ora, non ha rinunciato all’immunità, anzi, l’ha rivendicata perché si è fatta eleggere per questo con voti che devono comunque essere rispettati, ma lei non è Tortora, che pagò subito e di persona, lei è Ilaria Salis, che ha scelto di trasformare i voti in uno scudo penale e ne ha ottenuto un’aura di persecuzione che oggi regge soltanto se il suo passato ed i suoi precedenti tornano nell’ombra in cui la vita li aveva dimenticati.
Sia ben chiaro che non deve essere insultata perchè il garantismo autentico non ha nulla a che vedere con l’immunità parlamentare: significa pretendere che ogni cittadino abbia un processo equo con la possibilità di difendersi pienamente ed una detenzione dignitosa e su questi aspetti, nel caso Salis, c’è stata una presa di posizioni giusta e doverosa. Altra cosa è l’immunità: un’elezione non deve divenire l’escamotage per sottrarsi al giudizio ed è difficile non interrogarsi sul percorso che ha portato al Parlamento Europeo una figura la cui narrazione pubblica è permeata di un linguaggio ideologico che non solo legittima la violenza ma la indica come strumento di lotta politica; siamo al vecchio concetto caro agli extraparlamentari di sinistra degli anni ’70 che “uccidere un fascista non è un reato” anteponendo così la propria ideologia alla forza cogente della legge. Glorificare Ilaria Salis, ideologa della violenza (anche sulle case altrui) è un errore sebbene si debba ribadire e riconoscere che è stata eletta democraticamente e questa scelta dei cittadini va rispettata anche se non la si condivide proprio perché – a differenza sua – i veri garantisti non giocano contro le regole quando non piacciono.
Ma nessuno dimentichi, facendo paragoni inaccettabili, che Enzo Tortora morì di giustizia, Ilaria Salis vive di privilegio.
Lui era innocente, lei è solo libera.




