
In attesa di Giustizia: attenti agli spifferi
Come riporta l’autorevole quotidiano “La Stampa” affrontando l’argomento del clima arroventato che caratterizza l’attuale confronto sulle riforme e del prestigio della Magistratura, il Presidente neo eletto dell’A.N.M., attribuendone ogni responsabilità ad altri è riuscito con tutta probabilità nel compito non agevole di farne precipitare ancor più l’indice di fiducia da parte dei cittadini che nel 2024 era già sceso al 31,2%: vedremo come in chiusura di questo commento.
I cittadini, lato loro, quando vengono intervistati dai sondaggisti di EURISPES non possono esprimersi altro che sulla base di ciò che sentono in qualche dibattito televisivo, al più di ciò che leggono sui quotidiani ma quello che meno conoscono è il sottobosco di interessi, guerre intestine, indulgenze o rigori disciplinari che caratterizzano le lotte per il potere combattute dalle correnti della Magistratura pur avendone appreso dai libri a firma Palamara-Sallusti che hanno venduto centinaia di migliaia di copie. Soprattutto non ne conoscono i dettagli come quello che questa settimana la rubrica offre al voltastomaco dei lettori, tratto da una nota del lontano marzo 2010 inviata da un Procuratore Aggiunto all’allora Capo dell’Ufficio che – però – da lì a poco sarebbe passato ad altro incarico. Quale Ufficio di Procura? Quello di Milano, che teme il “contesto eversivo” dell’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario degli Avvocati Penalisti e declina l’invito a parteciparvi, quale se no?
In tale nota veniva richiamata e confermata la conversazione intervenuta tra quel Procuratore Aggiunto con un Collega il quale, a fronte di un disaccordo sulla suddivisione dei compiti nei diversi dipartimenti, gli aveva ricordato che al Plenum (del C.S.M., N.d.R.) sei stato nominato Aggiunto per un solo voto di scarto e che questo è un voto di ***********. Avrei potuto dire ad uno dei miei Colleghi (di corrente…) al Consiglio che tu mi rompevi i coglioni e di andare a fare la pipì al momento del voto, così sarebbe stata nominata la ******* che poi avremmo sbattuto ad occuparsi di esecuzione…questo è il mondo e tutti sappiamo che va così.
E ancora vogliamo sostenere la tesi di un prestigio messo in crisi dalle riforme con il rischio di subalternità alla politica e di avvocatura e eversiva e di indipendenza dell’Ordine Giudiziario quando le sorti della amministrazione della giustizia dipendono dagli inciuci correntizi.
Quanto ci farebbero comodo in questo periodo due magistrati morti…il consenso arriva ai massimi livelli quando c’è la tangibile prova di questa testimonianza della magistratura! Così parlò Cesare Parodi, eccolo lì il Presidente dell’A.N.M. di cui in esordio sono state preannunziate le gesta, alla presentazione di un libro dedicato ai magistrati vittime del terrorismo e della mafia: una frase mai smentita che seppur espressa con intervento provocatorio è un eufemismo definire infelice, rivoltante per chi – come il sottoscritto – ricorda la ferma stretta di mano di Giovanni Falcone ad un Convegno, il saluto da lontano a Paolo Borsellino in Procura a Palermo ed ha ancora negli occhi la pozza di sangue raggrumato dalla segatura là dove era stato ucciso Emilio Alessandrini e dove, ancora studente di giurisprudenza, era andato a posare un fiore e rendere onore a un martire: oggi, con buona pace del prestigio destinato a precipitare nell’abisso dopo queste espressioni, i magistrati sembrano rischiare di più la salute per gli spifferi delle correnti.