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In attesa di Giustizia: Circo Medrano a tre piste

Habemus! Il Governo (per una volta) è frutto del voto dei cittadini e Carlo Nordio è Ministro della Giustizia come era negli auspici per tentare la via di riforme che diano slancio ad un sistema ormai più agonizzante che imballato…

…come dimostra l’argomento di questa settimana affrontando il tema di una fondamentale quanto stravolta regola del processo penale che si chiama “immediatezza della deliberazione” secondo la quale il giudice che pronuncia la sentenza deve essere il medesimo che ha partecipato all’intero dibattimento,  ascoltando ed interrogando imputati,  testimoni e periti, ed  acquisendo documenti. In due parole, quello che ha raccolto le prove: quindi, se cambia occorre ripetere l’istruttoria.

Si tratta di un elementare principio di civiltà e di buon senso prima ancora che di una regola sancita  dall’art. 525 del codice del processo penale che è stato letteralmente sovvertito da una interpretazione creativa della legge.  Di fatto, ora la situazione è l’opposto: se cambia il giudice, pazienza. Il giudice nuovo si legga i verbali (se ne ha voglia), si faccia un’idea – anche vaga – di quello che è successo, e pronunci la sentenza.  Inaccettabile è la logica che sorregge questa interpretazione: sono gli avvocati a pretendere che il giudizio non sia di un giudice diverso da quello che ha raccolto le prove, e così si attenta alla ragionevole durata del processo. Tutti zitti, invece, sulle ragioni per le quali il giudice cambia: una per l’altra considerate nobilissime ed insindacabili…sebbene nel 90% dei casi, siano legate a ragioni di carriera: cambio di sezione, funzioni, sede.  E coloro che attendono giustizia? Si arrangino.

Complici anche le croniche carenze di organico – di cui la rubrica si è interessata la settimana scorsa – si assiste, pertanto, a sarabande indecorose; si inizia il processo con un giudice (o tre, se il giudizio è collegiale) e da quel momento  può accadere di tutto.

Un esempio attuale, per quanto estremo, viene offerto dal Tribunale di Roma e riguarda un processo a carico di numerosi imputati per reati gravi aggravati dal metodo mafioso.

Ebbene, è accaduto che in nessuna udienza il collegio fosse il medesimo di quella precedente ed almeno un giudice, ma a volte anche due su tre, erano nuovi. Eccone la cronaca fedele e sgomentevole: il Collegio che inizia a raccogliere le prove è già diverso da quello che le ha ammesse (o negata l’ammissione), si prosegue con  l’interrogatorio delle persone offese: due udienze, ed alla seconda cambia un giudice; segue l’esame degli agenti della Polizia Giudiziaria che hanno svolto le indagini e degli altri testi dell’accusa divisi in cinque udienze. Dopo la prima udienza, a quella successiva ne cambiano due; alla terza altri due; alla quarta altri due, alla quinta uno. Udienze per esame testi della difesa: quattro, e ad ognuna è cambiato uno dei tre giudici.

In qualche modo si arriva alla discussione finale: il P.M. parla alla presenza di due giudici nuovi su tre (quindi, che non avevano mai partecipato nemmeno ad una delle udienze precedenti ed è inutile dire che da un’udienza all’altra passano settimane se non mesi, agevolando l’indiavolato turn over). Giunto il momento delle arringhe difensive, cambia nuovamente uno dei tre giudici, che però si rende conto di versare in una condizione di incompatibilità; quindi l’udienza viene sospesa, e si va alla ricerca di un qualsivoglia altro magistrato che possa comporre il collegio. Quando infine si è trovato un malcapitato (che non sa nulla di nulla del processo, ovviamente, e non ha nemmeno sentito la requisitoria del P.M.), i difensori hanno sollevato tutte le eccezioni possibili, peraltro superate ineffabilmente dal Tribunale: ad oggi il processo non è ancora finito e c’è spazio per altre sorprese.

Detto fuori dai denti: la sacralità del giudizio non può confondersi con questo che sembra lo spettacolo messo in scena dal circo Medrano a tre piste dove domatori, nani e ballerine si alternano ed intersecano tra di loro per il diletto del pubblico.

Facendo buon governo della onestà intellettuale, cosa provereste ad essere giudicati in queste  condizioni, ma anche a fronte di un cambio, seppur più contenuto, dell’organo giudicante durante il processo? Pensereste che l’attesa di Giustizia sia davvero una chimera, e non avreste torto.

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