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In attesa di Giustizia: diritti al futuro

Nelle prossime settimane, in tutta Italia, si terranno le elezioni per il rinnovo dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati: a Milano, dunque in uno dei Fori di maggiore dimensione con oltre ventunomila iscritti, si candidano, tra gli altri, sedici avvocati (equamente divisi tra donne e uomini) che condividono un programma di lavoro ed intervento fortemente orientato a valorizzare la categoria anche sostenendo in maniera significativa l’accesso ed il progresso nella professione dei giovani, che ne rappresentano il futuro, in un settore professionale sempre più competitivo.

Non a caso, questi candidati si sono riuniti in una “lista elettorale” cui hanno dato il nome di “Diritti al Futuro” ed il futuro dell’Avvocatura è anche quello della Giustizia per la irrinunciabile funzione di difesa dei diritti dei cittadini, di contributo alla interpretazione delle norme giuridiche e di stimolo per il legislatore.

Buona fortuna, perché questo futuro – non meno che per altre ragioni – si propone a tinte fosche nella misura in cui si registra la tendenza a sostituire la, sia pur fallace, giustizia degli uomini con quella delle macchine.

Proprio così: non bastasse la difficile applicazione pratica della già confusa (per usare garbati eufemismi) “Riforma Cartabia”, l’efficentamento del sistema viene proposto come affidabile – già a breve – a quelli che possiamo, simpaticamente, definire dei cretini meccanici.

Tanto perché si sappia, non stiamo parlando di vaghe idee ed iniziative suggerite da qualche fantasiosa fiction bensì, per fare un esempio, del programma Prodigit messo a punto dal Ministero dell’Economia e dall’Organo di autogoverno della Giustizia Tributaria che dovrebbe essere operativo entro quest’anno: si tratta di un software destinato ad avvocati e commercialisti il cui funzionamento è assegnato ad un algoritmo di intelligenza (??) artificiale capace di prevedere l’esito di un ricorso alle Commissioni Tributarie.

Ma che bello, penserete voi, così si potrà divinare il futuro di una lite giudiziaria  evitando di perdere tempo e denaro in quelle perse in partenza: tuttavia, mi fiderei maggiormente di una cartomante tzigana che dello strumento informatico messo a punto da una delle parti in causa (ci mette mano anche l’Agenzia delle Entrate) utilizzando oltre un milione di sentenze la cui modalità di selezione è non proprio trasparente e ricorda quella della raccolta, in altri settori, del Massimario della Cassazione con cui, sostanzialmente, si prefabbricano le decisioni future della Corte. Insomma, basterà scegliersi le sentenze a sé più favorevoli, così come verosimilmente avverrà nella imminente fase operativa cui partecipano novanta giudici tributari e dieci giovani studiosi (avvocati e commercialisti? Anche no, grazie), ed ecco che il miracolo della giustizia predittiva potrà facilmente risolversi in una partita truccata cui parteciperanno – appunto – dei cretini meccanici le cui risposte sono condizionate dal data entry.

Non so voi, ma io non mi siederei al tavolo con qualcuno fortemente sospettato di barare.

A questo punto, per essere assistiti tanto varrebbe dare l’incarico ad uno straordinario difensore: l’androide/avvocato messo a punto negli USA da tal Joshua Browder e cioè un simpatico robot esperto in scappatoie che – così viene pubblicizzato – permettono di farla franca con l’obiettivo di rendere la professione legale gratuita (ma il replicante bisognerà pur pagarlo o è in regalo?). Sembra che la prima arringa di questo ammasso di microprocessori, plastica e metallo sia prevista per il mese di febbraio, nel frattempo un ottima alternativa è Alexa con il progetto “La legge per tutti”: una sorta di Avvocato nel cassetto 2.0.

Chissà, gli avvocati di Diritto al Futuro ce la metteranno tutta per evitare che, per i giovani Colleghi non meno che per i cittadini, il futuro sia questo. La preoccupazione, peraltro, resta, compresa quella che alla realizzazione dei programmi di intelligenza artificiale partecipino Giuseppi Conte e Fofò Bonafede.

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