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In attesa di Giustizia: fregnacce alla moda di Palazzo Chigi

Chi si ricorda della raccolta dei punti VDB? Antesignani anni ‘60 dei programmi di fidelizzazione dei supermercati erano legati all’acquisto di prodotti come la margarina Gradina e i formaggini Milkana. Ricchi premi e cotillon per chi completava la raccolta.

Qualche genitore previdente deve averne fatto imponente incetta sino a garantirsi la possibilità di ottenere in cambio titoli accademici e diplomi di laurea per la propria prole…che oggi ci ritroviamo al comando del Paese.

Tra le ultime, più note e fantasiose creazioni della nostra classe politica si annoverano – festeggiandosi in questi giorni l’anniversario – i D.P.C.M. di cui nessuno aveva mai sentito neppure parlare prima del 2020. Per carità, atto in sé del tutto legittimo e corrispondente al più noto Decreto Ministeriale dal quale differisce per la qualifica del componente del Governo che lo emana; il problema sono i contenuti.

Su queste colonne se ne è trattato sin dai primi tempi, revocando in dubbio che con quello strumento si potessero disporre limitazioni della libertà personale che si sostanziano in obblighi di permanenza domiciliare: ora abbiamo una interessantissima sentenza di un Giudice di Reggio Emilia che tratta l’argomento e di cui vale la pena approfondire la motivazione.

La premessa è che il P.M. aveva chiesto la condanna per decreto penale (il che significa senza nemmeno celebrare un processo quando il fatto contestato appare incontrovertibile) di due persone imputate del reato di falso per avere autocertificato, contrariamente al vero, di essere uscite dal luogo di domicilio per sottoporsi ad esami clinici: ciò avveniva il 13 marzo 2020, quindi proprio nelle prime giornate di lock down.

Il Giudice però ha assolto entrambi, e lo ha fatto “in battuta” senza neppure la necessità di un confronto dialettico con accusa e difesa in dibattimento: scrive che, in via assorbente, va rilevata la indiscutibile illegittimità costituzionale dei D.P.C.M. nella parte in cui dispongono limitazioni della libertà personale.

Che si tratti di questo e non di semplice limitazione della libertà di circolazione, secondo il giudice reggiano, si ricava da una corposa serie di decisioni della Corte Costituzionale in materia di provvedimenti del tutto analoghi e ben noti, come il DASPO o il TSO, che pure sono restrizioni della libertà persino più lievi rispetto a quelle declinate con i D.P.C.M.. La stessa Corte Costituzionale, scrive sempre il Giudice, ha chiarito (già dal 1964…non una novità, questione solo di aver studiato…) che la libertà di circolazione riguarda il divieto di accesso a determinate zone, eventualmente perché ritenute a qualsiasi titolo pericolose, ma non quello di uscire dalla propria abitazione.

A queste considerazioni segue la possibilità di disapplicare, ritenendolo incostituzionale, il D.P.C.M. dell’8 marzo 2020: in forza di una legge del 1865 (avete letto bene: non è una novità assoluta e si studia al terzo anno di giurisprudenza) il Giudice può non tenere alcun conto, cioè disapplicare, provvedimenti amministrativi – come lo sono i D.P.C.M. – ritenuti illegittimi, ingiustificati o anche incostituzionali senza necessità di trasmettere gli atti alla Corte proprio perché non si tratta di leggi dello Stato ma di meri atti della pubblica amministrazione.

Il vizio “a monte” del D.P.C.M. che non poteva limitare la libertà dei cittadini ha determinato “a valle” la mancanza di antigiuridicità del fatto di chi ha autocertificato il falso. Forse per il lettori “atecnici” si tratta di concetti piuttosto complessi, sebbene si sia cercato di renderli più comprensibili possibile. Ad altri livelli avrebbero dovuto costituire ovvietà impedenti di scrivere fregnacce. Tranne che i titoli – di tutti i componenti  della “compagnia di giro” del capocomico – non siano stati conseguiti con la raccolta dei punti VDB, rigorosamente dopo la frequentazione delle scuole serali…ma al buio.

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