
In attesa di Giustizia: in nome del popolo italiano
C’era una volta un giudice civile del Tribunale di Salerno che – forse mosso ad umana pietà dalla crisi economica che affligge chi non ha la fortuna di un impiego pubblico lautamente pagato – nominava commercialisti suoi amici come consulenti tecnici in materie che non c’entravano nulla con il loro settore: ingegneria, chimica, architettura, smaltimento di rifiuti e scarichi, gestione e manutenzione di impianti…e liquidava loro compensi molto generosi, fino a 230.000 euro. Per questo e altri motivi Corrado D’Ambrosio è stato rimosso dall’ordine giudiziario dalla Sezione Disciplinare del C.S.M. che lo ha giudicato responsabile di una lunghissima serie di illeciti deontologici.
Giustizia, dunque è fatta? Insomma… non del tutto perché la decisione – arrivata a 15 anni dai fatti – non è definitiva e D’Ambrosio continua a restare al suo posto: il processo disciplinare, infatti, fu sospeso obbligatoriamente nel 2010 in attesa dell’esito di quello penale, in cui il giudice è stato assolto in Tribunale da accuse di corruzione ed ha evitato il carcere per altri reati che gli erano stati attribuiti poiché si erano prescritti nel tempo intercorrente tra Primo Grado di Giudizio ed Appello: del resto che motivo c’era di accelerare la celebrazione delle udienze proprio contro un collega? Così, almeno, con i ruoli della magistratura perennemente sotto organico, D’Ambrosio ha potuto continuare a fare il magistrato pronunciando sentenze in nome del Popolo Italiano e pontificando in pubblico su temi della giustizia rilasciando interviste senza nascondere, per esempio, il suo personale favore rivolto ai referendum della Lega e del Partito radicale sulla separazione delle carriere: “il ruolo della pubblica accusa è assolutamente sproporzionato rispetto alle esigenze del sistema. Il P.M. è diventato un potere irresponsabile, ed è pericoloso per la democrazia”, diceva.
Nei capi d’incolpazione redatti dalla Procura generale della Cassazione – che è l’organo d’accusa nel processo disciplinare – si legge che “con grave inosservanza dei doveri di correttezza e diligenza e agendo con negligenza grave e inescusabile, nominava, nelle cause da lui trattate, consulenti privi del profilo professionale e della competenza compatibili con i quesiti posti”, cioè, come si è detto, i commercialisti suoi amici. A causa della loro inadeguatezza, però, la consulenza “vera” era affidata ad ausiliari, nominati nello stesso momento o in un momento successivo: a loro veniva liquidato autonomamente l’onorario (facendolo rientrare nelle spese vive del consulente) ed in taluni casi senza neppure l’applicazione dei criteri di legge bensì a forfait. Ad esempio, nella causa nr. 1508/2010 D’Ambrosio nominava consulente tecnico d’ufficio il dottor Vittorio Marone, commercialista, per un incarico di natura ingegneristica-architettonica, liquidandogli un compenso finale pari a 130.000 euro non senza averlo autorizzato “ad avvalersi di un ausiliario con competenza specifica, l’ingegnere Luigi Iaquinta” al quale, pure, veniva liquidato un compenso nella misura di 65.569,56 euro.
Sempre Marone veniva nominato, nella causa nr. 34809/2010, “per un incarico relativo alla valutazione sul corretto adempimento di contratto in materia di gestione e manutenzione di impianti, autorizzandolo ad avvalersi dell’ausiliario ingegner Luigi Panico: a quest’ultimo venivano liquidati 73.663 euro ed al commercialista 230.589,74.
Il giudice radiato, a tacer del resto ha illegittimamente ed ingiustamente aggravato le spese del processo – che nel giudizio civile sono poste a carico delle parti – che avrebbero ledendone gravemente i diritti patrimoniali. Il tutto in nome del Popolo Italiano.