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In attesa di Giustizia: la dolce vita

Lo stupore non è mai troppo e non ha mai fine: con il passare del tempo ed il succedersi degli eventi che, all’atto pratico, ne svelano le caratteristiche, la Riforma della Giustizia “Cartabia” si propone come una delle più “bizzarre” (diciamo così) tra quelle cui una legislazione sistematicamente sciatta ed approssimativa ci ha abituato da decenni. Queste le ultime due perle.

Il Ministro brasiliano della Cultura, una distinta signora, si è recata in visita ufficiale alla biennale di architettura di Venezia: volendo visitare la città, apprezzandone da vicino tutte le caratteristiche, ha scelto di muoversi a piedi ed in vaporetto come una turista qualsiasi. E come una turista qualsiasi è stata borseggiata.

Recatasi in Questura per fare la denuncia si è sentita rispondere che non era possibile poiché è una cittadina straniera non residente in Italia: come tale, non in grado di assicurare la sua presenza all’eventuale processo a carico dei presunti colpevoli se mai verranno individuati. Dunque niente denuncia, niente indagini neppure di facciata tra le centinaia di borseggi che ogni giorno vengono commessi. Evviva! La Patria è salva, l’Unione ha plaudito alla riforma e versato i fondi del PNNR; gioiscono soprattutto i borseggiatori che – da sempre – si garantiscono la maggiore fonte di guadagno proprio nelle città più apprezzate dai turisti stranieri come Venezia, Firenze e Roma mentre tanto tempo viene risparmiato da Questure e Procure tra scartoffie ed indagini evitate e udienze non celebrate.

Dolce la vita per i taccheggiatori: impunità per tutti, per legge. Fare di peggio era molto difficile.

Il secondo “capitolo” riguarda la riforma che, nella parte dedicata all’Ordinamento Giudiziario, contrasta con autentico calvinismo il fenomeno delle “porte girevoli”: con ciò intendendosi la transumanza dei magistrati dall’Ordine Giudiziario alla politica e ritorno.

Il primo a sperimentare il rigore della “Cartabia” è stato, proprio in questi giorni, Cosimo Ferri: uno che negli ultimi diciassette anni ha fatto il magistrato solo per tre passando dalla poltrona al CSM a una di deputato e da qui a quella di sottosegretario alla Giustizia, poi ancora alla Camera (attraversando anche quasi tutto l’arco costituzionale: dal PdL a Forza Italia, da qui al PD e infine a Italia Viva) per poi dimettersi all’improvviso circa un anno fa e candidarsi come sindaco a Carrara (amoreggiando con la Lega). Nel frattempo era assurto agli onori della cronaca per il coinvolgimento nell’affaire Palamara che gli è già costato una (modesta) sanzione disciplinare.

La carica di primo cittadino è stata mancata ma un seggio come consigliere comunale è sufficiente per rientrare nel nuovo regime perché l’elezione è stata successiva alla entrata in vigore del nuovo Ordinamento Giudiziario: ora il Dott. Ferri si è dimesso anche dal Consiglio Comunale facendo richiesta di rientrare in ruolo ma – come se non lo sapesse – il Consiglio Superiore gli ha opposto il divieto previsto dalla “Cartabia”.

Perché mai, e ora cosa farà? In questi casi la riforma prevede che il magistrato ex politico venga messo fuori ruolo per il resto della sua vita (!) con assegnazione al Ministero di appartenenza, mantenendo il trattamento economico maturato in base al grado a cui si aggiunge un piccolo contributo di 5.000 euro netti al mese come argent de poche per la nuova e prestigiosa funzione assunta.

Già, ma quale funzione andrà a ricoprire un magistrato destinato a restare tutta la vita all’interno del Ministero? Non c’è che l’imbarazzo della scelta: da Capo di Gabinetto del Ministro a Direttore Generale degli Affari Penali (posto che fu di Giovanni Falcone), oppure Capo Dipartimento dell’Ufficio Legislativo…. ma ci sono anche posticini come Vice capo Dipartimento o semplice componente.

Il posto più ambito (e per un condannato all’ “ergastolo del Ministero” prima o poi può arrivare) è quello di Capo Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria il quale, in quanto Capo anche di una Forza di Polizia (la Penitenziaria, appunto), e pur non sapendo nulla della gestione di una struttura militarizzata, ha un trattamento aggiuntivo equiparato a quello degli altri Comandanti di Forze dell’Ordine: 320.000 euro all’anno che una generosa normativa gli fa conservare una volta cessata la funzione ed incidendo sul trattamento pensionistico finchè morte non li separi ma con garanzia di reversibilità.

Dolce la vita anche per i magistrati eternamente fuori ruolo.

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