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In attesa di Giustizia: la parola alla difesa ai tempi del grande freddo

Succede anche questo, e della deriva cui sembra avviato il processo penale di Appello se ne è trattato di recente proprio in questa rubrica.

Siamo a Milano, alla Seconda Sezione della Corte d’appello sez. 2 Milano, udienza in presenza – cioè con la richiesta dei difensori di andare in aula e discutere invece che affidarsi alla lettura degli atti senza contraddittorio da parte della Corte – e come dal ruolo d’udienza risultano solo tre cause “in presenza” fissate a distanza di quindici minuti una dall’altra, indipendentemente dalla delicatezza degli argomenti da trattare, a seguire una decina di processi “cartolarizzati”: si dice così di quelli in cui è stata rinunciata l’oralità…che dovrebbe essere il cuore del processo penale.

La prima udienza è fissata alle 9.15 ma la Corte si palesa con mezz’ora di ritardo: quella mezz’ora in cui si era già previsto di “sbrigare” un paio di pratiche. Inutile dirsi che nessuna giustificazione né – men che mai – scusa del ritardo viene offerta.

A Milano andiamo un po’ meglio che a Bari dove si facevano le udienze nelle tende da campeggio perché il Tribunale è risultato edificio abusivo (e fatiscente in maniera pericolosa) o a Genova il cui Palazzo di Giustizia risiede in una struttura destinata ad un ospedale ed ora non garantisce i livelli di aereazione necessari per la prevenzione del contagio: dunque le udienze si fanno dove capita, altrove.

Bene, dunque, ma non benissimo nel capoluogo lombardo ma nell’aula i microfoni non funzionano, le porte – chissà perché –  vengono lasciate aperte, entrano aria fredda e rumori esterni, il frastuono dell’androne del primo piano.

Il processo è per bancarotta, le pene sono elevate si capisce che in primo grado è durato anni e vi sono sette capi di imputazione e un’infinità di questioni processuali e l’avvocato inizia ad illustrare con la attenzione necessaria ma dopo una manciata di minuti – sì, qualcuno in più del quarto d’ora complessivo che si voleva dedicare a questa vicenda – il Sostituto Procuratore Generale di udienza interviene ed interrompe lamentandosi che fa freddo, c’è corrente d’aria e troppo rumore…già le porte aperte che, forse bastava chiudere. Quindi chiede alla corte di intervenire per togliere la parola al difensore: “Tanto avvocato, il suo dotto appello possiamo leggerlo tutti. E poi ci sono altri processi. E poi il diritto alla salute viene prima del diritto di difesa!”.

Già, fa freddo e allora ecco il presidente (donna) annuire vistosamente approvando le richieste del Sostituto Procuratore Generale e dice: “avvocato c’è il covid, possiamo leggerlo il suo appello, le manderemo la sentenza via pec entro stasera”. Già, magari farlo anche decidere da un algoritmo a computer.

Per chi non lo sapesse, oltre il 40% delle sentenze vengono riformate in secondo grado, sarà per questo che l’appello è così inviso? E per chi ci crede ancora, l’attesa di giustizia continua…

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