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In attesa di Giustizia: Nessun dorma

Nessun dorma! Nemmeno le motivazioni della sentenza della Cassazione costituiranno i titoli di coda del b-movie giudiziario noto come “trattativa Stato-mafia” costruito con un canovaccio scadente intorno ad un reato esistente solo nella fantasia dei suoi approssimativi sceneggiatori.

Uno tra questi – il celebre fallito Antonio Ingroia – ha subito alzato la voce lamentando il mancato lieto fine non pago che per oltre dieci anni sono finite nel tritacarne mediatico-legale la  dignità, onorabilità, salute psicofisica di protagonisti della lotta (quella vera) alla criminalità organizzata, additati come traditori e dati in pasto alle milizie dei professionisti di quell’antimafia che con la lotta alla mafia non ha nulla a che fare, ma vale a costruire carriere, fortune editoriali ed economiche, successi politici (sempre con l’eccezione di Ingroia passato all’avvocatura, dopo disastrosi tentativi in altri settori, e recentemente colpito dalla irreparabile perdita di Gina Lollobrigida, sua unica cliente).

I professionisti dell’antimafia, normalmente, danno il meglio di sé nel distruggere carriere, fortune politiche e patrimoni altrui… e la vecchia guardia muore ma non si arrende.

C’è tutto un mondo che prospera grazie alla narrazione di sponde, collusioni e complicità istituzionali delle quali si avvantaggia la mafia: una verità che viene poi sviluppata in termini iperbolici, quasi maniacali, nella convinzione che nessuna lotta alla mafia sarà degna di questo nome se non sarà rivolta agli intrecci istituzionali anche quando l’inchiesta giudiziaria non ne coglie traccia. E se non ne coglie è una inchiesta marginale oppure è essa stessa contaminata da correità oscure.

Questo genere di narrazione ha una straordinaria forza comunicativa ed affascina la pubblica opinione, avvantaggiandosene e criminalizzando chi osi metterla in dubbio. Ecco allora che nessuna indagine su fatti di criminalità mafiosa risulta immeritevole di considerazione senza il coinvolgimento di qualche insospettabile di alto rango ed il preteso disvelamento di combutte istituzionali: più forte, allora, sarà la ricaduta mediatica e la fortuna dell’inchiesta: quella sulla “Trattativa” ha rappresentato l’acme di questo fenomeno perché giunta di fatto ad “inventare” – attraverso una forzatura giuridica da subito evidentissima – l’inesistente reato di “trattativa”, per poter affermare che proprio coloro ai quali erano affidati ruoli di vertice nel contrasto al crimine organizzato erano in realtà corrivi con esso nel ricattare il potere statuale e con ciò alimentando il consenso della opinione pubblica.

Anche ora, dopo una decisione che dovrebbe solo comportare scuse nei confronti delle vite spezzate, infangate ed umiliate di innocenti servitori dello Stato, è dato leggere commentatori che scrivono di mafia che “tratta da sola”, ed altre imbecillità assortite del genere. Come al solito, ne abbiamo parlato di recente, a fare scandalo sono le assoluzioni ed è maturo il tempo per raccogliere interviste contrite, ma più probabilmente aggressive ed avvelenate, dei responsabili di questa bufala giudiziaria che invece di essere chiamati a rispondere del male che hanno seminato a piene mani, saranno gli eroi dolenti ma indomiti di quella vera e propria casta invincibile cui appartengono, tra gli altri, amministratori giudiziari degli immensi patrimoni di aziende sequestrate, spolpate e poi restituite come stracci bagnati, solo perché gli  incolpevoli proprietari, solo perché sono stati sospettati di inesistenti prossimità mafiose. Per non parlare di quelli che rubano persino l’origano alle mense scolastiche ma vengono insigniti del cavalierato per l’impegno nella difesa della legalità.

C’è pertanto, tristemente, da temere che nemmeno una sentenza della Cassazione (oltre una precedente della Corte d’Appello di Palermo), varrà a ristabilire la verità.

Nessun dorma! E c’è chi si è già messo alacremente all’opera: per la quinta volta la Procura di Firenze tenta di far decollare l’inchiesta sulle stragi con Berlusconi e Dell’Utri come mandanti sebbene il teorema su cui si regge confligga proprio con gli esiti del processo “Trattativa” oltre che difettare completamente di logica, ed è smentito pure dagli ascolti delle intercettazioni di Totò Riina che definì l’ex Premier “un inutile palazzinaro” e dalla subitanea caduta del Governo nel 1994.

Questa è un’altra storia di cui dovremo riparlare, un sequel evitabile per il finale scontato, messo in scena dalla narrativa dell’antimafia militante preconizzata da Sciascia che non intende cedere il suo potere, il più grande che si possa esercitare: dividere il mondo in buoni e cattivi a proprio piacimento ed impunemente traendone, infine, insperate ed imperdibili fortune.

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