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In attesa di Giustizia: pianto Greco

Mala tempora currunt nella Repubblica delle Procure: dopo un paio di magistrati di Trani, il Procuratore Capo di Taranto arrestato, quello di Agrigento (noto per avere incriminato Salvini) finito a sua volta sotto processo per abuso di ufficio, GIP di Verbania che non ha compiaciuto la sua amica P.M. suscitandone il risentimento, le oscure vicende legate al mancato avvio di una indagine sulla “Loggia Ungheria”, ci mancava la Corte d’Appello di Palermo che ha assolto tutti gli imputati nel processo cosiddetto Stato-Mafia.

Il Direttore de Il Fatto Quotidiano ha subito tuonato contro questa sentenza di cui non c’è ancora la motivazione e – quindi – “al buio”, pronunciando la sua inevitabile ed inappellabile “condanna di una assoluzione”.

Ecco il problema con cui si cerca di oscurare quelli reali richiamandosi alla teoria secondo cui non ci sono innocenti ma solo colpevoli che l’hanno fatta franca: ci sono troppe assoluzioni, soprattutto nei processi che fanno audience; non dimentichiamo quella di Calogero Mannino e del generale Mori tanto per citarne un altro paio; ma le statistiche dicono che sono oltre il 50% del complessivo carico del sistema penale, comprese quelle che riguardano migliaia di “signori nessuno” che – però –  non valgono certo meno.

Senza dimenticare le continue ricadute dello scandalo legato al “Sistema Palamara”, ci mancava quell’anima bella della Ministra Cartabia che pretende di limitare le comparsate dei P.M. in conferenza stampa tutte le volte che viene eseguito un arresto, per non parlare del divieto imposto di dare alle indagini nomi evocativi di colpevolezza (tipo “Mafia Capitale”): tutto perché qualcuno si è ricordato di avviare l’iter per recepire la direttiva europea sulla presunzione di innocenza il cui assunto di base è che nessuna autorità dello Stato può indicare come colpevole un soggetto prima che nei suoi confronti sia emessa una sentenza di condanna.

Rosicando e ringhiando, Piercamillo Davigo, non molte settimane fa, insieme a Gratteri e Scarpinato ha provato a rialzare la testa ravvivando la Festa del Fatto Quotidiano (e quale, se no?) con un siparietto autoreferenzialmente denominato “La Giustizia al Tempo dei Migliori”.

Che sarebbero poi proprio questi tre esegeti dei ceppi i quali, dinanzi ad una platea adorante, hanno illustrato soluzioni intelligenti ed originalissime per contrastare il malaffare tipo l’eliminazione totale del contante o pronunciato verdetti oracolari contro la proposta referendaria di riforma della carcerazione preventiva.

Il clima, tuttavia, sta cambiando; e dire che fu proprio Piercamillo Davigo, nei ruggenti anni ‘90, a proclamare l’assunto secondo cui i Magistrati sono il meglio della società civile e i Pubblici Ministeri il meglio del meglio del meglio, promettendo che avrebbero rivoltato l’Italia come un calzino: ma tutto sommato è ormai acqua passata.

Tanto è vero che anche il Procuratore Capo di Milano, alla vigilia della pensione ed indagato a Brescia per qualche marachella processuale in buona compagnia di alcuni suoi sostituti, ha singhiozzato in un’intervista al Corsera la fine di un’era iniziata con l’arresto di Mario Chiesa: sono ca…voli Amara anche nel tempio di Mani Pulite.

Il pianto Greco segna il tramonto di una corporazione il cui agire non è più visto come salvifico nemmeno dall’opinione pubblica, con la doverosa eccezione di qualche irriducibile valvassore stile Floris o il solito Travaglio.

Sono stati pessimi gli applausi ai magistrati, tanto più scroscianti quanto più numerosi ed “eccellenti” gli arresti, applausi che li compiacevano, che ricercavano, e sui quali hanno costruito carriere. Senza nulla togliere a quelle toghe che pur ci sono, lavorano bene e con onestà intellettuale persino Luciano Violante è arrivato a dire che i giudici devono soltanto fare giustizia e non provare a riscrivere la storia, quasi evocando Montesquieu secondo cui non c’è tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra della legge e sotto il calore della giustizia.

Adesso arrivano le pernacchie, che fanno comunque meno male delle manette ma non è bello neanche questo, solo un’altra forma della giustizia sociale che impropriamente la magistratura pretendeva di modellare.

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