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In attesa di Giustizia: taci, il nemico ti ascolta

Mentre vi è – lo abbiamo registrato anche di recente – chi non dispone del buon gusto di tenere la bocca chiusa (specie se l’utilità non va oltre la ossigenazione di una coppia isolata di neuroni), su talune vicende, senza che la cosa stupisca più di tanto, il silenzio è d’oro. Nel senso che vi sono fatti per trovare notizia dei quali bisogna mettersi d’impegno per recuperare qualcosa saccheggiando la rete, oppure avendo l’occasione di vivere personalmente quegli accadimenti.

Per esempio: chi tra i lettori conosce il nome di Michele Nardi, inteso come l’ex giudice per le indagini preliminari a Trani e poi P.M. a Roma? Probabilmente nessuno e pochi sanno che poco più di una decina di giorni fa costui è stato condannato a sedici anni e nove mesi di carcere: l’accusa ne aveva chiesti venti.

Avrà ammazzato qualcuno? No, ma – forse – una imputazione per omicidio sarebbe stata meno infamante di quelle poste alla base di una condanna così severa: associazione a delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari. Michele Nardi è stato ritenuto al vertice di quello che è stato ribattezzato “il sistema Trani” un gruppo di magistrati, funzionari di polizia ed avvocati che manipolavano i processi: del gruppetto, secondo altra sentenza, faceva parte pure Antonio Savasta (altro Pubblico Ministero a Trani) che si è visto infliggere dieci anni di reclusione e sequestrare beni per un paio di milioni abbondanti di euro e, per ora, mancano all’appello l’ex Procuratore Capo di Trani, Capristo che è stato arrestato successivamente per concussione ed il suo successore al vertice di quella Procura Antonino Di Maio: il processo a costoro è da poco iniziato.

Dunque, si sta accertando giudizialmente l’esistenza del “sistema Trani” con buona pace di chi in passato ha subito un processo in quel Tribunale: e viene da domandarsi se di vicende come questa non dovrebbe esservi una maggiore informazione tenendo da conto che la nostra Costituzione prevede che la Giustizia sia amministrata in nome del popolo italiano e ciò significa che i cittadini hanno (se viene concessa…) la possibilità di controllare come la giustizia sia amministrata. Anche a Trani, per utilizzare l’ultimo esempio, in ogni caso essendo informati circa l’esistenza e lo sviluppo dei processi a carico di magistrati sia pure nel rispetto della presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva.

Ma in ordine a talune vicende tutto tace o, quantomeno, è fortemente silenziato.

Se l’è cavata meglio Antonio Ingroia, ex P.M. antimafia divenuto in seguito avvocato e politico (non sembra con grande fortuna in entrambi i casi): solo un anno e dieci mesi di galera per peculato, inflitti a metà novembre. A quanto pare, l’uomo si concedeva pranzi da gourmet e soggiorni in alberghi di lusso a spese della società regionale “Sicilia e – Servizi”, oggi “Sicilia Digitale” di cui era stato posto al vertice dal Governatore Crocetta.

Ricorrerà in appello, e nell’attesa, però, arriva per lui una buona notizia. “Giustizia è fatta!” proclama Antonio Ingroia: il 26 novembre scorso il TAR del Lazio gli ha “restituito” la scorta che gli era stata tolta riconoscendogli una perdurante esposizione al rischio per il ruolo svolto come inquirente e seppur cessato da almeno dieci anni. Di questo trionfo apprendiamo in quanto la comunicazione è stata seguita proprio dall’ufficio stampa di Ingroia. Ma questo sarà davvero un trionfo della giustizia? Se non altro, l’”ex” di turno potrà spostarsi senza il fastidio di comperarsi un’auto, pagare assicurazione, carburante, tagliandi e cambio pneumatici: viene tutto fornito graziosamente dal Ministero dell’Interno insieme all’autista.

Certamente, bisognerebbe saperne di più per farsi un’idea più ragionata su vicende come queste ma – come sembra – il silenzio è d’oro allorché gli argomenti ridondano a disdoro di quella che resta una casta non adusa ad essere criticata, con la presunzione di essere intoccabile ma la cui popolarità è in caduta verticale. Taci, dunque, giornalista: il nemico ti ascolta.

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