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In attesa di Giustizia: tesoretti sospetti

Ci sono battaglie che la sinistra combatte da sempre senza esclusione di colpi, come quella contro l’uso del contante prevedendo sempre maggiori limitazioni, divieti, reati e sanzioni pecuniarie. Forse l’ispirazione non deriva dal pensiero di Seneca che sosteneva essere il denaro il peggiore di tutti i demoni: sembra eccessivo per il livello culturale che – al momento – esprimono i suoi rappresentanti.

In un periodo dell’anno in cui la cronaca nero-gossippara, è languente, la legge del contrappasso ha imprevedibilmente colpito con la notizia che, a casa di una parlamentare del Partito Democratico, è stata trovata proprio una consistente somma di denaro contante.

E’ vero che nessuno ha gridato eccessivamente allo scandalo nei confronti della senatrice in questione e del marito, che è sindaco di Fiumicino e del PD anch’egli ma – probabilmente – se fossero stati di centrodestra, Travaglio avrebbe già tuonato a palle incatenate la sua indignazione, sostenuto da qualche saggio ed equilibrato suggerimento di Davigo affinché l’Autorità Giudiziaria provvedesse con solerzia agli arresti.

Per la verità, i metodi di custodia – questa volta nella cuccia del cane – possono gettare l’ombra del sospetto sull’origine ed il possesso di denaro “liquido”.  Peggio ancora se si ricopre una carica pubblica: detenere contante, ormai, è un sinonimo di illecito quasi un marchio di infamia che compromette pregiudizialmente ogni valutazione sulla legittimità della sua provenienza.

Non poteva, quindi, passare sotto silenzio questa vicenda (sia pure con i limiti censori dettati dall’area politica di provenienza dei protagonisti) anche se il ritrovamento di quei soldi è stato casuale e sono stati immediatamente avvisati i Carabinieri che hanno provveduto al sequestro.

La pruderie del popolo manettaro è stata in qualche maniera suscitata con una notizia che fa aleggiare implicitamente lo spettro della corruzione. Siamo alle solite: va per la maggiore la gogna piuttosto che la giustizia e l’esigenza di vendere e fare audience giustifica lo scoop che ha riguardato la senatrice Monica Cirinnà e il marito, Esterino Montino, politico locale meno noto.

Sospetti, indagini, paginate in argomento sui giornali per una settimana intera: eppure sembra giusto che ciascuno possa fare delle proprie risorse cose quello che più gli aggrada. Se vuole tenere 24.000 euro nella cuccia del cane, nella zuccheriera o nel materasso, deve poterlo fare salvo essere in grado di giustificare la provenienza. L’insieme delle circostanze, obiettivamente, sembra deporre per una riferibilità diversa rispetto ai coniugi Cirinnà-Montino di quei 24.000 euro e su queste colonne non facciamo scoop non sono colonne infami di manzoniana memoria, anzi, in una certa misura difendiamo i due malcapitati protagonisti.

A prescindere da ciò, se anche fossero loro, èingiusto coltivare e sollecitare retropensieri e sospetti di illeciti in danno una persona: anche se uno si chiama  Montino e l’altra Cirinnà, anche se si è difesa con un impeto degno di Tafazzi (la “creatura” della Gialappa’s Band che si martellava i gabbasisi con una bottiglia), esponendosi al ridicolo con un’intervista in cui ha voluto dare di sé l’immagine della casalinga disperata che non c’entra nulla con la scoperta del malloppo. Anche se sono di sinistra.

I compagni sono loro, anche quelli chiccosi di Capalbio e dintorni. Noi siamo liberali. Noi.

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