
In attesa di Giustizia: tic toc…tic toc…
Saranno senz’altro tutte coincidenze, ma se qualcuno, in piena bagarre per il corso che ha preso la riforma sulla separazione delle carriere, pensa a giustizia ad orologeria magari farà peccato ma può essere che non si sbagli.
Ecco servita l’informazione di garanzia collettiva alla Premier, al sottosegretario alla Presidenza Mantovano ed ai ministri Nordio e Piantedosi e la domanda delle domande è: atto dovuto o voluto? Cerchiamo di fare chiarezza con i lettori evitando di commentare le parole dei diretti interessati ma andando a spiegare ricordando che una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 2009 ha individuato l’obbligo del Pubblico Ministero di iscrivere una notizia di reato e il nome dell’indagato nel relativo registro solo a fronte di una notizia “qualificata” e non in presenza di qualunque esposto, denuncia o querela. Il che vuol dire dopo avere svolto un minimo di accertamento sui presupposti: tanto più accorto quanto più delicata sia la materia.
Questo principio è stato recepito dal legislatore che nel 2022 ha modificato l’articolo 335 del codice di procedura penale, prevedendo che si debba trattare “di un fatto, determinato e non inverosimile riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice e per il quale risultino indizi a carico della persona alla quale il reato è attribuito”. Per, appunto, indagarla formalmente previa iscrizione.
Tra la decisione della Cassazione e la modifica normativa, proprio a Roma, vi era stata anche una circolare del Procuratore Capo di allora del 2 ottobre 2017 che escludeva “iscrizioni automatiche basate su una lettura meccanica della normativa che poterebbero ad attribuire impropriamente alla polizia giudiziaria – o addirittura al privato denunciante – il potere di disporre in ordine alle iscrizioni”.
Dunque il pubblico ministero è onerato di verificare se le condotte descritte nell’eventuale esposto possano essere ritenute, anche solo astrattamente, penalmente rilevanti, e ove questo giudizio dia esito negativo, non deve procedere ad alcuna iscrizione.
La legge costituzionale numero 1 del 1989 prevede poi, per i reati che si ipotizza siano stati commessi dal Presidente del Consiglio o dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni, l’obbligo di avviso alle persone interessate e la trasmissione al Tribunale dei Ministri ma deve essere letta alla luce della regola generale.
Ne discende che non esistono automatismi.
A nessuno può sfuggire che, ogni interpretazione contraria ad una disciplina molto chiara darebbe luogo ad esiti paradossali e la più insensata, infondata e fantasiosa denuncia verrebbe destinata al Tribunale dei Ministri determinando l’avvio delle indagini.
Sorprende (ma non troppo…), dunque, la lettura data dall’ANM secondo la quale la scelta del Procuratore Lo Voi di iscrivere nel registro delle notizie di reato la Presidente del Consiglio, il Ministro della Giustizia, il Ministro dell’Interno e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, sarebbe un “atto dovuto” perché non è affatto dovuta l’iscrizione di una notizia che non abbia un minimo di fondamento e tale valutazione spetta, appunto, al Pubblico Ministero che non può recepire acriticamente una denuncia.
L’8 agosto dell’anno scorso, per fare un altro esempio, l’On. Roberto Giachetti ha presentato un esposto-denuncia contro il Ministro Nordio e i sottosegretari Andrea Delmastro e Andrea Ostellari, ritenuti responsabili di condotte omissive in relazione ai 65 suicidi di detenuti all’interno degli istituti di pena.
Si ha notizia che il Procuratore di Roma li abbia iscritti nel registro degli indagati e abbia trasmesso gli atti al Tribunale dei Ministri previo avviso agli interessati? Trovate le differenze e sarebbe istruttivo conoscere il pensiero dell’ANM a riguardo.
Insegnava Platone: “Il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusta senza esserlo”.
Almeno per questa volta il capolavoro però, per quanto ci si sforzi, non pare sia riuscito.