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In attesa di Giustizia: un popolo di farabutti, evasori, di mercanti infedeli e riciclatori

Giustizia, economia e politica si intrecciano nel commento di questa settimana ed il titolo potrebbe suggerire il testo di un nuovo bassorilievo, “modello EUR”, da scolpire, magari, sul portone di ingresso di Palazzo Chigi a perenne memento del Governo delle più retrive caratteristiche degli italiani e di cui tenere conto nell’amministrarli.

Lo spunto è offerto dalla polemica sull’impiego del contante, che si è rinfocolata dopo la proposta di elevare nientemeno che a 60 euro la soglia fino alla quale quei malvissuti di baristi, tabaccai, norcini e fruttaroli possono evitare il pagamento cashless (che detto così fa anche molto fine) accettando – pensate che vergogna – banconote e spicci che non sono quelli del Monopoli bensì vili denari emessi dalla Banca d’Italia. E sempre sia lodato Romano Prodi per il tasso di cambio della lira negoziato a suo tempo.

E’ questo un dettaglio che sembra sfuggire agli ayatollah del bancomat dimentichi del fatto che sulle banconote della compianta liretta campeggiava la scritta “pagabili al portatore” seguita dalla firma del Governatore ad imperituro ricordo del valore e della validità per gli scambi commerciali della moneta circolante che, molto semplicemente, non può essere rifiutata a pareggio di una transazione, perlomeno nei limiti della ragionevolezza.

Ora sembra che la panacea di tutti i mali che affliggono il sistema economico di questo Paese risieda nell’impedire di spendere più di mille euro in contanti e di costringere all’acquisto di cappuccino e cornetto con l’American Express così debellando criminali piaghe bibliche quali il riciclaggio, l’evasione e – mai sia che ci si dimentichi – la corruzione.

Gli epigoni di questa soluzione sembrano – tra le tante cose – dimenticare che una delle principali risorse dell’economia nazionale è il turismo e che il turismo alto spendente è in massima parte quello straniero: e francamente,  per fare un esempio, non è un problema nostro se il russo (di tempi andati) a casa sua paga le imposte o se si guadagna da vivere vendendo casse di Kalashnikov sottobanco, quello che conta è che vengano correttamente scontrinate le bottiglie di Cristal che prosciuga al Quisisana a Capri non tanto la corresponsione del prezzo estraendone il controvalore da un fascio di banconote. Basta avere un minimo di conoscenza dei principi contabili per sapere che quelle bottiglie non possono essere state acquistate altrimenti che contro fattura e bolla di accompagnamento, caricate a magazzino e, per avere una quadra di bilancio deve esserci corrispondenza tra acquisto e successiva vendita ricavabile proprio dall’incrocio tra prezzo di carico, listino prezzi ufficiale dell’esercizio e scontrinatura. Questo, almeno, nelle grandi strutture commerciali, nei negozi delle grandi firme, nei ristoranti stellati e nelle catene alberghiere dove circolano cifre sostanziose: forse, nei chiringuiti di Capalbio le cose vanno diversamente.

Il rischio di evasione, quella che fa la differenza anche per il singolo contribuente, pertanto, rimane sostanzialmente invariato ed il contrasto al fenomeno passa attraverso ben altri strumenti che non mortificano il libero commercio; altrettanto deve dirsi del riciclaggio che – a regola – riguarda ben altri e milionari importi il cui “lavaggio” viene operato tramite complesse triangolazioni bancarie (sovente estero su estero) a monte e reimpiego in attività produttive lecite a valle.

Molto altro potrebbe considerarsi in argomento, lo spazio è tiranno ma consente un’ultima riflessione. Manca solo l’esortazione implicita al ricorso al diritto penale, magari con la creazione di nuove figure di reato, o ad elevare le pene per quelli già previsti e fors’anche – ciliegina sulla torta – affiancare alla Guardia di Finanza una nuova Forza dell’Ordine: la Polizia Morale.

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