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In attesa di Giustizia: presunti innocenti

Se ne è già accennato in questa rubrica: è in fase (finalmente) di recepimento la Direttiva Europea sulla presunzione di innocenza, volta a meglio assicurare un giusto processo ad ogni accusato di un crimine: qualcosa che appare superfluo, poiché è un principio già recepito dalla nostra Costituzione, ma che sembra ugualmente necessitare di rinforzo in considerazione della deriva giustizialista che affligge il nostro Paese.

Si tratta di un canone di civiltà giuridico noto e riconosciuto da tutte le democrazie occidentali, recepito nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: l’attuale intervento ha come finalità quella di descrivere ancor meglio il perimetro ed i contenuti di questa garanzia ponendo – tra l’altro – delle limitazioni alle modalità di informazione circa le indagini in corso, l’attività delle Procure, gli arresti.

Per esempio, viene fatto divieto di presentare un soggetto solamente sospettato – ed ancorché arrestato – in termini che ne suggeriscano  già la colpevolezza; ciò vale per le testate giornalistiche non meno che per i Pubblici Ministeri che tanto sono affezionati alle conferenze stampa, possibilmente a reti unificate, ogniqualvolta arriva al culmine (cioè a dire al fatidico momento in cui scattano le manette): solo i capi degli uffici potranno farle e solo laddove l’inchiesta abbia caratteristiche e contenuti tali da risultare meritevole di particolare attenzione dell’opinione pubblica.

Altrettanto vietate le gogne mediatiche, cui ci siamo assuefatti, che oggi si valgono anche dei filmati che le Forze dell’Ordine realizzano in occasione delle catture: e li devono fare! ma per documentare che le modalità della cattura sono state realizzate senza impiego di violenza o forza fisica superflua e non certo per arricchire i palinsesti dei telegiornali e delle trasmissioni dedicate al culto dell’indagine parallela e del processo “in studio”.

Insomma, sembrerebbe che siamo di fronte ad un approdo di civiltà e invece c’è chi se ne lamenta.

Si lamentano i Pubblici Ministeri, così privati della loro migliore ribalta, sostenendo che già adesso le conferenze stampa sono riservate ai casi più eclatanti, che si tratterebbe di una limitazione della libertà di informazione e persino che la regola così scritta li discriminerebbe rispetto ai giudici perché per questi ultimi non vale.

Ovviamente, non vale: anche perché i giudici parlano attraverso le sentenze ed è – anzi – loro vietato anticipare giudizi, fare valutazioni e meno che mai commenti postumi alle decisioni assunte. Tutte cose che i magistrati inquirenti dovrebbero sapere.

La buona notizia è che la “banda Travagliotti” potrebbe essere costretta a trovarsi un lavoro, magari aspettando il primo bando di reclutamento per agenti della Polizia Penitenziaria.

Fu proprio l’ineffabile Direttore de Il Fatto Quotidiano che, in un recente passato, ebbe a formulare alcuni suggerimenti che giustificano il rafforzamento della presunzione di innocenza e che, solo a ricordarli, fanno venire la pelle d’oca illustrando chiaramente la linea editoriale: per esempio imporre l’obbligo a chi partecipi ad un appalto di autorizzare previamente di essere intercettato oppure l’infiltrazione di agenti provocatori nella Pubblica Amministrazione per stanare i possibili corrotti mediante l’istigazione a delinquere. A corollario di queste illuminate riflessioni ebbe anche a dire che l’articolo 27 della Costituzione è una barzelletta quando ci si trova di fronte a talune intercettazioni che rendono superfluo persino la celebrazione del processo. Una bella ordalia sarebbe più che adeguata alla bisogna.

Il dibattito, invece, langue su temi estremamente sensibili: come periodicamente accade si rinnova l’allarme per gli infortuni e le morti sul lavoro: una piaga cui non sembra che si riesca a trovare una soluzione sia pure considerando che il rischio – ogni rischio – può solo essere marginalizzato e non escluso del tutto, anche seguendo il suggerimento di Landini a proposito di una intensificazione dei controlli implementando con nuove assunzioni i ruoli degli ispettori del lavoro e, quindi, facendo leva sulla prevenzione.

Si torna, invece, a parlare di aumento delle pene dimenticando che il diritto penale svolge una funzione solo sussidiaria di controllo sociale e che – tanto per fare un esempio sulla inutilità dell’inasprimento delle sanzioni – negli Stati Uniti, anche in quelli in cui è ancora prevista la pena capitale, il tasso di crimini violenti non si è ridotto.

Ma tant’è, duole rimarcarlo per l’ennesima volta ma nel nostro Paese, nella Repubblica delle Procura, la parola Giustizia fa rima solo con carcere e persino un articolo della Costituzione abbisogna di essere meglio spiegato e sostenuto.

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