abuso

  • Un dittatore corrotto e disposto a tutto

    …Chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o

    prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto.

    Sandro Pertini

    Sì, proprio così dichiarava Sandro Pertini, noto e stimato uomo politico italiano, ex presidente della Camera dei Deputati (1968-1976) ed ex presidente della Repubblica (1978-1985). Lo dichiarava durante una lunga intervista rilasciata ad Oriana Fallaci e pubblicata dal settimanale L’Europeo il 27 dicembre 1973. La stessa intervistatrice presentava così l’intervistato: “L’uomo non ha bisogno di presentazioni. Si sa tutto su Sandro Pertini, presidente della Camera. Si conosce il suo bel passato di antifascista condannato all’ergastolo e a morte, il suo bel presente di socialista privo di fanatismi e di dogmi, il suo coraggio, la sua onestà, la sua dignità, la sua lingua lunga. Nessun segreto da svelare su questo gran signore che della libertà ha fatto la sua religione, della disubbidienza il suo sistema di vita, del buon gusto la sua legge”. E poi aggiungeva: “È noto che ama la moglie, i quadri d’autore, le poesie, la musica, il teatro, la cultura, che è un uomo di cultura e uno dei pochissimi politici di cui possiamo andar fieri in Italia”. Oriana Fallaci sottolineava, sempre riferendosi a Sandro Pertini, che: “…È anche un uomo che ha tanto da dire, senza esser sollecitato. Infatti non si intervista Sandro Pertini. Si ascolta Sandro Pertini. Nelle sei ore che trascorsi con lui, sarò riuscita sì e no a piazzare quattro o cinque domande e due o tre osservazioni. Eppure furono sei ore di incanto”. E durante quelle sei ore trascorse insieme, l’ex presidente della Repubblica raccontò anche parte di un colloquio che egli aveva avuto con un altro uomo politico italiano, dicendogli: “Senta, la politica se non è morale, non m’interessa. Io, se non è morale, non la considero nemmeno politica. La considero una parolaccia che non voglio pronunciare”. La risposta del suo interlocutore era: “Ma caro Pertini! In politica, fare i morali è un’ingenuità!”. Al che Sandro Pertini rispose: “Senta, mi dia pure del sentimentale o dell’ingenuo. Tanto non me ne offendo, per me anzi è un onore. Ma non esiste una moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco, e vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”. E poi rivolgendosi ad Oriana Fallaci, le disse: “Gli ho detto proprio così, cara Oriana, e aggiungo: se li esamina bene, questi che affermano in politica essere onesti è un’ingenuità, scopre che sono disonesti anche nella vita privata. Ladri di portafogli. Oh, la politica io l’ho sempre vista come una missione da assolvere nell’interesse del popolo, al servizio di una fede”. E siccome Sandro Pertini non era un credente, ha ritenuto necessario aggiungere e specificare che egli aveva scelto la politica “…come una fede, come un lavoro, nello stesso spirito dei preti che dicono sacerdos sum in aeternum (siamo sacerdoti per sempre; n.d.a.). Lo capiva anche mia madre. Mia madre non condivideva le mie idee: era una cattolica, lei, una credente. Però era fiera di me e ripeteva: “Ah, se il mio Sandro fosse stato un soldato di Cristo, che bel soldato di Cristo sarebbe!”. E aveva ragione. Perché io non avrei fatto il parroco o il cardinale. Avrei fatto il missionario, il…”. E poi Sandro Pertini, durante la lunga conversazione con Oriana Fallaci, durata per circa sei ore, aveva trattato e parlato di molti altri argomenti e fatti accaduti e vissuti da lui in prima persona.

    Tutto quanto è stato detto durante quella conversazione è stato ed è un buon insegnamento per tutti coloro che scelgono la politica come la loro attività. Ma purtroppo non tutti hanno avuto e hanno lo stesso intendimento che Sandro Pertini aveva della politica e delle responsabilità che comporta essere attivo/attiva in politica e rappresentare anche molte altre persone che, con il loro voto, hanno permesso a loro una simile attività. Sono stati e sono purtroppo tanti i casi che lo testimoniano. Casi che sono stati verificati e che tutt’ora si verificano in diverse parti del mondo. Italia compresa. Ma anche quanto sta accadendo da anni in Albania ne è un’ulteriore conferma dove, invece di rispettare la Costituzione e servire le istituzioni, lo Stato, nonché proteggere e gestire nel migliore dei modi il bene pubblico, abusa consapevolmente del potere conferitogli. L’operato dell’attuale primo ministro albanese rappresenta proprio una testimonianza molto significativa e inconfutabile. Lui è un individuo al quale calza a pennello quanto diceva Sando Pertini durante il colloquio con Oriana Fallaci. E cioè che: “…chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”.

    Anche durante queste ultime settimane sono stati denunciati altri casi clamorosi e sono stati resi pubblici diversi documenti ufficiali, riguardanti quello che da anni è ormai noto come lo scandalo dei tre inceneritori. Si tratta di documenti che coinvolgono direttamente sia il primo ministro albanese e/o il sindaco della capitale, sia altri loro stretti collaboratori. Il nostro lettore è stato informato di questo scandalo ormai da qualche anno e a tempo debito. L’autore di queste righe, riferendosi allo scandalo degli inceneritori, informava il nostro lettore tre settimane fa che “Ormai le notizie sui continui e clamorosi abusi del bene pubblico in Albania sono diventate una “normalità” quotidiana. […]. Ma quando i casi di abuso, resi pubblici, sono veramente tanti, inevitabilmente tali abusi si sovrappongono e non lasciano tempo neanche per riflettere. Si tratta di abusi che, da anni, stanno svuotando in un modo allarmante e pericoloso le casse dello Stato. E tutto ciò in uno dei Paesi più poveri dell’Europa” (Misere bugie per nascondere clamorosi abusi quotidiani ed altro, 27 novembre 2023 ecc…).

    Quello degli inceneritori è veramente un clamoroso scandalo milionario, tutt’ora in corso. Uno scandalo che testimonia non solo il diretto coinvolgimento del primo ministro, del sindaco della capitale, del segretario generale del Consiglio dei ministri, nonché altri alti funzionari del governo, ma anche il diretto controllo delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia da parte del primo ministro albanese. Un allarmante e preoccupante fatto, visto che lui controlla altresì il potere esecutivo e quello legislativo. Un fatto che purtroppo testimonia l’annientamento del ben noto principio della separazione dei poteri in uno Stato democratico, definito da Montesquieu già nel 1748. Il che dimostra e testimonia che in Albania ormai lo Stato non può essere più considerato uno Stato democratico, bensì un regime autocratico, una dittatura. E la realtà vissuta e sofferta in Albania in questi ultimi anni lo dimostra, fatti accaduti e che stanno accadendo anche in questi ultimissimi giorni alla mano. L’autore di queste righe spesso deve ripetere che in Albania ormai è stato restaurato e si sta consolidando, ogni giorno che passa, un nuovo regime autocratico, una nuova dittatura sui generis, come espressione di una pericolosa alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata locale ed internazionale e certi raggruppamenti occulti, ben potenti finanziariamente; soprattutto uno di oltreoceano.

    Sempre da molti fatti pubblicamente denunciati, anche in questi ultimissimi giorni ,alla mano, molti dei quali depositati ufficialmente, da parte dell’opposizione politica, presso una delle strutture del nuovo sistema “riformato” della giustizia, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, il vanto sia del primo ministro albanese che di certi “rappresentanti internazionali”, risulterebbe che quello degli inceneritori sia veramente uno scandalo clamoroso. Uno scandalo, di fronte al quale il primo ministro, per salvare se stesso ed alcuni suoi fedelissimi collaboratori, da alcuni mesi è stato costretto a “scaricare” man mano i suoi collaboratori coinvolti nello scandalo, consegnandoli a quella Struttura Speciale. Non è difficile capire che lo fa per dimostrare che i veri colpevoli sono alcuni suoi collaboratori, coloro che “hanno abusato della sua fiducia alle sue spalle”. Lo fa anche per ingannare l’opinione pubblica, cercando di dimostrare che le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia e soprattutto la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata fanno il proprio dovere istituzionale, senza essere condizionate da niente e da nessuno, primo ministro compreso. Un suo lapsus freudiano, che dimostrerebbe proprio il contrario. Gli “eroi dei [vostri] bambini ed il terrore dei criminali” li definiva nel 2021, con  gioia ed entusiasmo, l’ex ambasciatrice statunitense, in presenza anche del rappresentante della Delegazione dell’Unione europea in Albania, i procuratori di quella Struttura Speciale. E tutti e due loro non hanno mai nascosto il palese sostegno al primo ministro albanese. Quegli “eroi dei bambini” però, i procuratori della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, diventano il terrore degli alti rappresentanti politici ed istituzionali, nonché dei noti criminali, solo dopo il nullaosta arrivato dall’alto, da molto alto.

    Ma non è solo lo scandalo degli inceneritori ed, in generale, l’abuso del potere che genera simili scandali in Albania. Quello che veramente dovrebbe allarmare e preoccupare tutti, comprese anche le istituzioni dell’Unione europea e le cancellerie di alcuni singoli Paesi membri dell’Unione, Italia compresa, è la confermata irresponsabilità istituzionale e personale del primo ministro albanese. Di colui che ogni giorno che passa fa di tutto, e purtroppo ci riesce, per annientare l’opposizione, per poi non avere nessuno che possa denunciare il suo clamoroso e testimoniato abuso del potere conferitogli e soprattutto usurpato. Come da anni anche il nuovo zar russo, un altro dittatore al potere, sta facendo con l’opposizione in Russia. Il primo ministro albanese lo ha fatto anche lunedì scorso, 18 dicembre. La commissione dei mandati del parlamento, ubbidiente a tutti i suoi ordini, ha approvato il permesso per l’arresto del dirigente del maggior partito dell’opposizione, ex presidente della Repubblica (1992-1997) ed ex primo ministro (2005-2013). Tutto ciò partito da una richiesta anticostituzionale di un procuratore della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, il quale, guarda caso è stato procuratore anche nel periodo del regime comunista. E solo per questa ragione lui non doveva essere in quella Struttura per legge. Una richiesta con la quale si chiedeva l’obbligo d’apparizione e si confiscava il passaporto proprio del dirigente del maggior partito dell’opposizione. Il nostro lettore è stato informato di questo fatto (Inconfutabili testimonianze di una dittatura in azione, 23 ottobre 2023; Preoccupante ubbidienza delle istituzioni al regime dittatoriale, 7 novembre 2023). Mentre ieri, martedì 19 dicembre, un’altra commissione del parlamento ha approvato un disegno di legge che prevede il controllo delle attività parlamentari da parte della maggioranza governativa, e cioè del primo ministro. Molto presto quel disegno di legge sarà approvato definitivamente dal parlamento. Lo ha fatto alcuni anni fa anche un altro autocrate, il “fratello ed amico” del primo ministro albanese, il presidente turco che nell’aprile 2017 cambiò la Costituzione per aumentare i propri poteri. Bisogna sottolineare che solo durante questi ultimi mesi il parlamento in Albania, tra l’altro, non ha permesso la costituzione di otto commissioni parlamentari che dovevano indagare proprio sugli abusi del bene pubblico da parte del primo ministro, lo scandalo degli inceneritori ed altri scandali. Si è trattato di decisioni prese in piena violazione della Costituzione, E se questa non è un’ulteriore, preoccupante ed inconfutabile testimonianza di una dittatura in azione, allora cos’è?!

    Chi scrive queste righe è convinto, dati e fatti accaduti e che tutt’ora stanno accadendo alla mano, che il primo ministro ha usurpato ormai tutti i poteri ben definiti da Montesquieu già nel 1748. Anche il primo ministro albanese fa parte di quella combriccola di individui, per i quali Sandro Pertini diceva “..Chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”. Ed uno che conosce l’attuale realtà vissuta e sofferta in Albania avrebbe aggiunto che lui, il primo ministro, è un dittatore corrotto e disposto a tutto. Proprio a tutto.

  • Fiabe del passato e realtà drammatiche

    Quel che la favola ha inventato, la storia qualche volta lo riproduce

    Victor Hugo

    E’ stato un anno molto difficile quello che abbiamo appena trascorso. Un anno durante il quale un minuscolo virus ha travolto tutto e tutti. E ha generato, dovunque nel mondo, delle sofferenze e perdite immense, sia umane che economiche. Sofferenze e perdite che si faranno sentire anche in seguito. Ma che possano servire da lezione, soprattutto per quelli che hanno delle responsabilità decisionali, partendo dai dirigenti dei singoli Stati e quelli delle istituzioni internazionali. Perché tutti loro devono fare le dovute e necessarie riflessioni socialmente responsabili e devono agire di conseguenza. Con l’auspicio di non ripetere più gli stessi errori, come è accaduto nel passato. Anche in quello recente. Diventa imperativo imparare da tutte le esperienze del passato, qualsiasi esse siano. Perché chi è veramente ben intenzionato può imparare da ogni esperienza. E come tali, per quanto possa sembrare strano, potrebbero servire anche le fiabe, con la loro saggezza millenaria. Perché le fiabe non sono soltanto per i bambini. Dalle fiabe possono imparare tutti, sia i piccini che gli adulti. Anzi questi ultimi ne hanno, spesso, più bisogno. Gianni Rodari era convinto che le fiabe “…possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove”. Si potrebbe imparare molto anche dai racconti orientali che sono stati raggruppati e messi insieme, dal X secolo in poi, in quella ben nota raccolta, riconosciuta in tutto il mondo come Le Mille e una Notte. Una raccolta che, molto probabilmente, ha le sue radici in Persia ed in India, ma che rappresenta, comunque, anche le esperienze e l’utile sapere di altre culture orientali. Sono storie, racconti e fiabe dove si intrecciano principi e precetti morali dei personaggi umani, i quali, oltre ad interagire tra di loro, si trovano ad affrontare delle realtà nelle quali le fate, i geni, i draghi e delle creature invisibili sono personaggi altrettanto importanti. Le storie de Le Mille e una Notte sono state raccontate da Shahrazàd al Shahriyàr, sultano delle Indie. Tradito da sua moglie, egli aveva preso una irremovibile decisione; quella “…di sposare una ragazza per notte e di farla poi strangolare il giorno seguente”, come si legge nelle prime pagine della raccolta. Quella sua decisione, messa in atto anche con il diretto coinvolgimento del gran visir, ha generato paura e terrore tra i suoi sudditi. Ragion per cui, Shahrazàd, figlia primogenita del gran visir, decise di diventare anche lei moglie del sultano e chiese al suo padre di rispettare quella sua decisione. Nulla servirono le suppliche e l’insistenza del gran visir a far dissuadere sua figlia. Shahrazàd, consapevole del grande pericolo che doveva affrontare, sapeva bene quello che stava facendo. Lei era stata ben educata ed aveva delle capacità particolari. Secondo quanto si viene a sapere, Shahrazàd “….aveva studiato molto la filosofia, la medicina, le belle arti e componeva meglio dei più celebri poeti del suo tempo”. Non solo, perché Shahrazàd era anche “…di perfetta bellezza e una grande virtù coronava le sue belle qualità”. Lei aveva pensato tutto e nei minimi dettagli, convinta che sarebbe stata riuscita a placare finalmente l’ira vendicativa del sultano. Shahrazàd, aveva anche la complicità della sua sorella minore Dunyazàd, che la doveva svegliare un’ora prima dell’alba, chiedendole di raccontare una fiaba prima che spuntasse il sole. Tempo in cui doveva morire. Con il permesso del sultano, suo marito per quella notte, Shahrazàd cominciò ad attuare il suo piano. E alla fine ci riuscì, facendo sempre molta attenzione ad interrompere il racconto prima dell’alba. Dopo mille e una notti di racconti a sua sorella e al sultano, quest’ultimo desistette dalla sua terribile vendetta e decise di sposare Shahrazàd.

    Una delle storie che Shahrazad raccontò era quella del quinto viaggio di Sindibàd, un noto e facoltoso mercante di Bagdàd, che aveva ereditato beni considerevoli dalla sua famiglia e che li aveva fatti aumentare con le sue capacità, nonostante le sue avventure. Tutti lo chiamavano Sindibàd il marinaio, per via dei suoi lunghi viaggi e delle sue avventure legate al mare, avendo percorrso, secondo le cronache “…tutti i mari illuminati dal sole”. Erano sette i viaggi che Shahrazad raccontò al sultano e alla sua sorella, facendo attenzione che finisse sempre prima delle luci del sole, per proseguire poi la notte seguente. Nel quinto viaggio Sindibàd il marinaio, insieme con altri mercanti, dovette affrontarsi con altre sofferte avventure. Dopo il naufragio della nave, Sindibàd riusci comunque a salvarsi, arrivando sulla riva di un’isola. In seguito, dopo essere tornado sano e salvo di nuovo a Bagdàd, Sindibàd il marinaio raccontava ai suoi cosa le era accaduto. ”…Quando fui un po’ inoltrato nell’isola, vidi un vecchio, che mi parve molto mal in essere, seduto sulla sponda d’un ruscello. M’immaginai dapprima fosse qualche naufrago al par di me; accostatomi, lo salutai; ed ei mi fece un semplice inchino di testa. Gli domandai cosa là facesse; ma invece di rispondere, mi fe’ segno di prenderlo sulle spalle e portarlo al di là del ruscello, facendomi comprendere che voleva andare a coglier frutti. Credetti in fatto avesse bisogno ch’io gli prestassi quel servigio; laonde, postomelo in collo, passai il ruscello. Scendete gli dissi allora, abbassandomi per agevolargli la discesa. Ma invece di lasciarsi andare al suolo (ne rido ancora ogni qual volta ci penso), quel vecchio, che m’era sembrato decrepito, mi passò leggermente intorno al collo le gambe, la cui pelle somigliava a quella d’una vacca, e mi si pose cavalcioni sulle spalle, stringendomi sì forte la gola, che poco mancò mi strangolasse. Colto da spavento caddi svenuto”. Poi Sindibàd, raccontò tutte le sue peripezie che dovette affrontare con il terribile vecchio, finchè si liberò da lui. E ci riuscì soltanto dopo averlo ubriacato con del vino che lui stesso aveva fatto. Il vecchio, come raccontò in seguito Sindibàd il marinaio ai suoi, dopo aver goduto, bevendo del vino “…cominciò a cantare alla sua guisa e dimenarsi sulle mie spalle. Quell’agitamento gli fe’ recere quanto avea nello stomaco, e le sue gambe a poco a poco si allentarono, talchè sentendo che non mi stringeva più, lo gettai per terra, ove rimase senza moto. Presi allora un grosso sasso, e gli schiacciai la testa. Provai estrema gioia d’essermi liberato per sempre da quel maledetto vecchio, e camminando verso il mare, incontrai gente di una nave colà ancorata per far acqua e raccoglier viveri”. Proprio i marinai di quella nave dissero a Sindibàd che era stato il vecchio del mare e che era il primo “…ch’egli non abbia strangolato, non avendo esso mai abbandonato coloro de’ quali riuscì ad impadronirsi, se non dopo averli soffocati.”.

    Chi scrive queste righe è convinto che dalle fiabe c’è e ci sarà sempre qualcosa da imparare. Sia dai piccini, che dagli adulti, in qualsiasi tempo ed in qualsiasi parte del mondo. Come si può imparare anche dalle storie e le fiabe che raccontò Shahrazàd. L’autore di queste righe è convinto che in ogni parte del mondo si trovano delle persone simili al “vecchio del mare” della storia del quinto viaggio di Sindibàd il marinaio. Persone che, avendo purtroppo del potere e abusando di esso, con i loro atteggiamenti ed il loro irresponsabile operato non “strangolano” soltanto singole persone, che di per se è un atto grave, ma “strangolano” popolazioni intere. Chi scrive queste righe è altrettanto convinto che di fronte a tutti i simili del “vecchio del mare”, che governano e gestiscono la cosa pubblica e le sorti dei cittadini, quest’ultimi si devono ribellare, tutti uniti e determinati, per combattere le tirannie, “schiacciando” le teste dei tiranni, ovunque e chiunque essi siano. Come fecce Sindibàd il marinaio. Perché le fiabe del passato insegnano anche come affrontare le realtà drammatiche. Chi scrive queste righe pensa che la saggezza di Shahrazàd che, consapevole di poter sacrificare se stessa, riuscì a salvare gli altri, possa e debba servire sempre da lezione. Soprattutto a coloro che hanno delle responsabilità governative e decisionali. Perché, quel che la favola ha inventato, la storia qualche volta lo riproduce.

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