Accordo commerciale

  • Accordo Ue-Messico per eliminare i dazi sulle transazioni commerciali

    Dove c’è un dazio, la Coldiretti c’è. Dopo essersi opposta all’accordo Usa-Ue, poi abortito, e a quello Canada-Ue, che ha consentito a 41 marchi protetti (Doc, Docg) di essere riconosciuti e tutelati oltreoceano, la Coldiretti contesta l’accordo raggiunto, dopo quasi due anni di trattative, tra la Commissione europea e il governo messicano, un accordo politico che prevede la rimozione del 99% dei dazi, delle tariffe e in generale delle barriere commerciali applicate ai prodotti europei (tra cui la pasta e formaggi come il gorgonzola), nonché il riconoscimento di 340 Igp (Indicazione geografica protetta) che vengono così messe al riparo da imitazioni e contraffazioni.

    Definendo “scelta autolesionista” l’intesa, l’associazione ha annunciato di voler promuovere una “mobilitazione popolare per fermare il cibo falso”, lamentando che il Messico potrà “produrre e vendere oltre il 90% degli 817 prodotti a denominazione di origine nazionali riconosciuti in Italia e nell’Ue come il Parmesano, i salamini e il vino Dolcetto ‘Made in Messico’.

    Per il ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda invece l’accordo rappresenta una “importante novità” ed è un “passo importante verso l’affermazione di un principio di relazioni commerciali internazionali basate su di una equa ripartizione dei benefici del commercio e sul rispetto di alti standard sociali ed ambientali”, ancor più ora che “nuove spinte protezionistiche si affacciano all’orizzonte” ed è “forte il bisogno di governare la globalizzazione”.

    L’interscambio di beni e servizi tra Ue e Messico vale circa 77 miliardi di euro e le esportazioni dell’Unione verso il partner americano hanno raggiunto i 48 miliardi di euro (l’Italia esporta per 4 miliardi e registra un attivo commerciale di 3,3 miliardi). Dal 2000, cioè dall’entra in vigore della prima intesa commerciale bilaterale, l’interscambio tra Ue e Messico è cresciuto del 148%.

  • Troppi scrupoli legatari in materia di affari tra Ue e Marocco

    All’inizio di gennaio, la Commissione europea ha proposto di avviare negoziati con il Regno del Marocco su un nuovo protocollo di pesca con l’Ue.

    L’attuale accordo, che scade il 14 luglio 2018, autorizza le navi europee a pescare al largo della costa del Marocco in cambio di una compensazione finanziaria. Il generale difensore dell’Unione europea Melchior Wathelet ha però consigliato alla Corte di giustizia dell’UE (CJEU) di invalidare il protocollo in vigore, sostenendo che esso si applica alle rive del Sahara occidentale, un’area “occupata illegalmente». Un’eventuale adozione da parte del tribunale del punto di vista di Wathelet avrebbe implicazioni di ampia portata non solo per le future relazioni Ue-Marocco, ma per l’intera politica esterna dell’Ue.

    Il caso riguarda una domanda presentata da un tribunale britannico alla Corte di giustizia europea a seguito di una denuncia da parte della Western Sahara Campaign UK, un gruppo di pressione sostenuto da Polisario. Qualunque sia la legittimità che possiamo attribuire all’amministrazione marocchina nel Sahara occidentale (noto anche come province meridionali), le Nazioni Unite considerano la regione un “territorio non autonomo» e nel 2002, un consulente legale dell’ONU ha persino riconosciuto la possibilità per il Marocco di sfruttare le risorse naturali del Sahara occidentale come “potere amministrativo” a determinate condizioni. Appare dunque più che dubbio che la Corte di giustizia dell’Unione europea possa sostituire il Consiglio di sicurezza dell’ONU ridefinendo una situazione molto complessa, specialmente quando anche le posizioni delle capitali europee su questo decennio il conflitto rimane inafferrabile. L’avvocato generale Wathelet sembra porre soprattutto i diritti umani, in particolare il diritto dei popoli all’autodeterminazione, tuttavia, se il rispetto dei diritti umani fosse una condizione sine qua non affinché l’UE potesse concludere un accordo internazionale, la leva politica dell’Unione per diffondere i diritti fondamentali nei paesi terzi sarebbe paradossalmente indebolita. Ciò non solo ostacolerebbe i futuri negoziati su un nuovo accordo di pesca con il Marocco, ma anche qualsiasi accordo di cooperazione o di partenariato con paesi come la Turchia e l’Armenia. Seguendo la logica del difensore generale, si potrebbe quindi privare l’UE di qualsiasi potere di manovra nelle sue relazioni estere compromettendo al contempo le sue priorità di politica esterna, come la politica europea di vicinato o l’accordo di Cotonou, il cui principio fondamentale è quello di rafforzare la democrazia e garantire il rispetto delle diritti nei paesi partner dell’Ue.

    Inoltre, dal 1960, l’UE e il Marocco hanno sviluppato un partenariato strategico in una vasta gamma di settori, come la lotta contro il terrorismo e le migrazioni. La condivisione dell’intelligence tra le due parti ha permesso all’Ue di fermare molti attacchi terroristici, contribuendo notevolmente alla sicurezza dell’Unione. Le due parti stanno anche lavorando a stretto contatto per contrastare l’immigrazione illegale dall’Africa, che è stata etichettata come “la più grande sfida dell’Europa”.

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